17.09.2021, Il guaritore di Mersino (2/2)

   La sua passione per le piante e i loro effetti terapeutici avevano trasformato questa persona in una specie di mito, al punto che un dotto cividalese pensò bene di denunciare all’autorità giudiziaria la sua attività fitoterapica. Il verdetto del giudice non tardò ad arrivare: divieto di svolgere la professione medica abusiva. La reazione del signore fu quella di totale indifferenza, poiché nessuno gli poteva vietare di raccogliere essenze vegetali e di dispensare i suoi consigli. Chiedeva ai suoi pazienti di presentarsi con vasetti puliti, contenenti la propria urina, che osservava, agitava, annusava, ne prelevava in modica quantità per poi depositarla su una carta assorbente speciale. Dopo vari minuti pronunciava il suo verdetto e suggeriva la sua terapia. Il proseguimento della sua attività non passò inosservato. Un giorno arrivò a Mersino un “làh”, un friulano con in mano due ampolle cariche di pipì. Chiese al signore di osservarle e di riferire il suo parere. Dopo alcuni minuti di attenta e approfondita analisi, il guaritore di Mersino disse: «Quest’ampolla contiene urina di cavalla in salute e per questo trucco meriterebbe di essere buttato fuori casa a calci nel fondoschiena, mentre quest’altra contiene l’urina di un uomo che morirà tra pochi giorni». Dopo una decina di giorni giunse a Mersino la notizia della morte di questo cividalese assai conosciuto, che aveva tentato di beffarsi delle conoscenze di un esperto.

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