10.09.2020, Ceser (1/2)

   Cesare Coren era lo zio materno di Graziana, deceduto nel giugno 1989, quasi ottantenne. È ancora ricordato per la sua professione di sarto, stesso mestiere di Nilo e della Maria Tònsova. Il suo laboratorio era costituito da un’ampia stanza contigua alla grande cucina dei Càrlini. A destra c’era un lungo tavolo con la superficie e i bordi consumati dal suo utilizzo. Sul tavolo spesso c’erano delle sagome in carta, che riprendevano i tagli da eseguire sulle stoffe. C’erano lunghe forbici con un grande occhiello per il pollice, che a noi bambini destavano stupore per le dimensioni. Sul tavolo c’erano sempre dei gessi curiosi, poi l’abbiamo scoperto, quelli da sarto, simili alla particola del sacerdote, con i bordi molto sottili, utilizzati per delineare il taglio del tessuto e facevano una linea molto sottile. La stanza aveva due ampie finestre: la prima dava sul kakošnjak, il pollaio della casa, mentre la seconda volgeva a ovest, verso la statale. Cèser aveva, quindi, un’ottima visuale. Dalla sua stanza vedeva l’andirivieni di tutto il traffico del paese. Se si intravvedeva qualche movimento interessante, lo si poteva guardare da una finestra e continuare a seguirlo dall’altra.

09.09.2020, Il dolore delle donne (2/2)

   Da qui, il modo in cui la società considera fenomeni come le molestie sessuali e lo “stalking” sono un esempio. A quante donne si imputa l’assurda accusa di aver incitato o provocato il violentatore! In tutti questi campi è azzardato chiedersi se le donne soffrano di un deficit di credibilità? Un pregiudizio ancora profondamente radicato. E pensare che qualche corrente di pensiero medica ancora oggi si chiede se davvero le donne provino del dolore durante il parto oppure si tratta di una reazione isterica a una situazione stressante e di necessità?. L’opinione medica si divide in due parti: ci sono donne che provano un grandissimo dolore, al limite della sopportazione, mentre altre dimostrano un alto livello di serenità durante tutto il travaglio. Ecco perché gli ostetrici mettono in discussione la reale presenza del dolore in alcune pazienti. Calibrando l’esperienza del parto sugli uomini, gli autori di questa ricerca hanno concluso che il parto è effettivamente doloroso. E le femministe rincarano: “il mio compagno non so se sarebbe in grado di sopportare degnamente e in silenzio anche i 3-4 giorni di dolori del ciclo mensile, ogni mese e per la vita intera”. Secondo i medici, la società sembra preoccuparsi molto di più del ruolo delle emozioni delle donne quando si parla di dolore. La disparità di genere nelle diagnosi pare sia documentata. Insomma, nel dolore c’è sempre una componente psicologica, distinta da una componente fisiologica, un doppio vincolo che può diventare insidioso. Sono impietosi i dati di una ricerca scientifica: a parità di sintomi tra due pazienti ipotetici di (lui) 48enne e (lei) 58enne con forti dolori al petto: l’uomo nell’81% dei casi era immediatamente avviato alla visita cardiologica, mentre a lei nel 17% dei casi era consigliata una visita dal cardiologo. I pregiodizi sulle donne hanno un retaggio religioso e la signora Pia, che ci scrive ogni tanto nella sezione “sms”, deve prenderne atto.   

08.09.2020, Il dolorre delle donne (1/2)

  È paradossale, ma la medicina occidentale tratta in modo diverso anche oggi il dolore fisico degli uomini e quello delle donne, considerate …irrazionali… pertanto meno credibili. Situazione impressionante che, sotto certi aspetti, ci riporta nel Medioevo. La Chiesa cattolica, soprattutto per le donne, vedeva nel dolore fisico la purificazione dell’anima! e questo fino a pochi decenni fa. I parroci del nostro circondario davano al dolore il potere di riscattare l’anima dai peccati e questo non valeva solo per le Valli, ma per tutt’Italia che ci ha visti per ultimi in Europa a conquistare il diritto di gestire il dolore con apposita terapia. Su quest’incredibile argomento, abbiamo pensato di fare una piccola ricerca e capire i contorni di quest’aspetto umano. Come sappiamo, il dolore è il sistema d’allarme del nostro coorpo, una sensazione che serve a farci capire che qualcosa non va. Ciò che rende il dolore una forma di difesa efficate è in parte anche quello che lo rende soggettivo: un’esperienza sensoriale ed emotiva gradevole. Il dolore ci protegge perché non ci piace e lo troviamo emotivamente stressante. Purtroppo la medicina occidentale moderna ancor oggi tratta il dolore degli uomini e quello delle donne in modo differente. Dicono, poi, che il dolore delle donne non bianche è sistematicamente minimizzato rispetto alle bianche e rispetto agli uomini. Per le sfortunate di colore si tratta di un dolore di III classe. Si dice che la medicina moderna occidentale approfondisca meno il dolore al petto di una donna rispetto a quella di un uomo, anche quando si tratta dei classici sintomi dell’infarto, infatti, stando alle statistiche, la prinipale causa di morte delle nostre signore è da addebitare a difunzioni cardiache gravi. Non è detto che alcuni medici libertini nelle loro diagnosi considerino i dolori femminili una forma di fissazione psichiatrica, spesso ricondotta alla depressione. Le donne ancor oggi (specifichiamo, non dappertutto) non sono ascoltate con attenzione. È un vergognoso retaggio della religione cattolica. La grande fede significava, e forse significa ancora, convivere con la sofferenza, che avvicinava la paziente alle sofferenze di Cristo sulla croce.

07.09.2020, Ieri al Centro

   La corsa ciclistica che ieri mattina ha semi-paralizzato il traffico sulla statale dalle 10:00 alle 13:30, ha influito sull’affollamento domenicale al Centro: numerosi i soci, ma non tantissimi a causa delle restrizioni al traffico. Marzia e Tonino hanno preparato un assaggio di pastasciutta all’aglio, olio e peperoncino. Non poteva mancare naturalmente l’appuntamento con il consueto aperitivo, che è ormai diventata una piacevole consuetudine del nostro paese. Ringraziamo Marzia e Tonino per il loro impegno nel gestire la giornata di ieri. Sabato scorso, l’altro ieri, la nostra Pro Loco ha partecipato all’elezione del Presidente e del nuovo Consiglio direttivo dell’Associazione delle Pro Loco del FVG. 120 presenti, 40 deleghe, quindi 160 rappresentati su 216 Pro Loco del FVG. Per il nostro territorio eravamo presenti solo noi, considerati piuttosto attivi nel contesto delle Pro Loco della regione. Assenti la Pro Loco Stregna, Matajur e Nediške doline. Per acclamazione è stato riconfermato il Presidente uscente, Walter Pezzarini, mentre è ancora consigliere Elisabetta Basso di Cividale. I lavori assembleari sono iniziati alle 09:00 al teatro Pasolini di Casarsa della Delizia e sono terminati alle 14:30. Nella foto della settimana si vede il gruppo di ciclisti mentre passano lungo la statale nel 3° dei 9 passaggi previsti. Auguriamo una buona e speciale settimana.

06.09.2020, Sempre accompagnate (2/2)

  Finite tutte le incombenze precedenti alla partenza, come il lavaggio dei piatti, delle stanjàde, dopo il riordino della cucina, l’allegro gruppetto partiva verso la destinazione sognando un incontro, l’avvicinamento di un bel ballerino cortese. Tanto per fare un nome degli accompagnatori, la Nadalia, lei si piazzava con le braccia appoggiate alla balaustra del brejàr e, carica di golfini, golfetti e scialli dati in consegna dalla comitiva, controllava lo svolgersi della serata. La parola d’ordine era: trovare un ballerino alto! Faceva una figura ridicola la ragazza che sceglieva un “tappo” che magari le arrivava al seno. In poche parole, i tappi stavano con le tappe e gli alti avevano ottime chances per scegliere, per fare nuove conoscenze. Noè, Zeje, Severot erano bravi ballerini ai quali nessuna ragazza poteva dire di no. Solo i ragazzi pagavano il biglietto e un addetto passava una cordicella attraverso la pista, chi era di qua doveva uscire, chi era di là, invece, poteva fare ancora il prossimo ballo. Alle 22:30 la Nadalia già sollecitava il rientro delle ragazze, poi, ancora uno, ancora un altro e un altro ancora, sta di fatto che alle 23:00 tutte erano sulla via del rientro a casa. Giusto sul più bello, proprio quando c’erano tanti ragazzi. In preda alla rabbia, sulla strada di Sorzento, le giovani “ghundulàvaju” (brontolavano) prendevano a calci i sassi dalla rabbia. Ma c’era la ragione: la Nadalia, o chi per lei, si sarebbe alzata il giorno dopo alle 04:30: c’era la komadare la stalla, da fare il fieno …

05.09.2020, Sempre accompagnate (1/2)

   Le occasioni di svago, come ad esempio una serata con orchestra e brejàr (pista da ballo), erano piuttosto rare e non esistevano certamente i manifesti che pubblicizzavano la sagra o l’appuntamento. C’era il passaparola che si diffondeva in breve tempo. Visto che i luoghi di ritrovo erano raggiungibili solo a piedi, il ventaglio di offerte per i ponteacchesi di per sé era limitato: la sagra di San Pietro spalmata su 3 serate, la sagra di Tarcetta, quella di Sorzento, la sala di Cras e il salone di Ponteacco. Che incubo per le ragazze: sempre accompagnate da un adulto che con occhi più o meno severi controllava il comportamento delle giovani e del loro ballerini. Solo la Veglia, figlia di Silverio, persona molto seria e amante del divertimento, poteva andare libera e tornare a casa anche un po’ più tardi: «Kùaj sečna Velja», dicevano sconsolate le accompagnate. Ma comunque meglio poco che niente, meglio un’oretta che grattare i cjandìari (secchi di rame) nella cusina sporcja. I preparativi iniziavano già il pomeriggio con un bel bagno nella mastella e con l’asciugatura dei capelli al sole (chi mai possedeva il phon!) …

04.09.2020, La Clorinda (2/2)

   Per queste sue competenze nel campo “medico”, Clorinda era molto rispettata e conosciuta fuori paese. Ogni suo intervento si svolgeva praticamente quasi in piazza, sotto gli occhi di molti curiosi che commentavano le condizioni di salute del malcapitato o della sfortunata. Aveva una bella voce, dote che donò alla figlia Irma e sicuramente anche anche alla nipote Graziana. Gli anni passavano e un giorno Clorinda si ammalò: il verdetto medico non dava speranza perché il suo sangue non reagiva più alle cure. Dopo un periodo di degenza in ospedale, Clorinda fu accompagnata a casa poiché la sua fine ormai era prossima. «Pùi dòl ki Clorinda pride damù!», così dissero a Nora, la nuora, intenta con il marito a fare la meda sul Varhàk. Il tempo di arrivare a casa che l’ambulanza era già a pochi metri dall’ingresso dell’abitazione. Era una delle prime in circolazione nelle Valli. Si formò un capannello di persone curiose che assistettero alle operazioni di consegna domiciliare della malata, mentre i bambini osservavano incuriositi l’interno di tale mezzo. La vettura si apriva solo dall’esterno, con una maniglia simile a quella dei frigoriferi di un tempo. Sulla barella giaceva la nostra paesana, dimagrita e pallidissima in volto. Gli infermieri la portarono in camera, su per le scale esterne. Dopo sette giorni, il 15 agosto millenovecento… si sentì suonare la campana piccola …

03.09.2020, La Clorinda (1/2)

La Clorinda (1/2)

Mamma di Milio, Beput e Irma era la nonna di Silvana, Savina, Graziana e Berto. È vissuta molti e molti anni fa, a riprova che il nostro sito permette di ricordare ancora i nostri antenati. Si traccia una breve memoria di fatti legati a queste persone che in qualche modo vivono ancora tra noi, tra i nostri ricordi. Clorinda era una conoscitrice della cosiddetta “medicina alternativa”, quella non riconosciuta dalla scienza ufficiale, ma efficace per le persone che si sottoponevano a questo metodo non certamente invasivo, ma di sicura soluzione del disturbo che affliggeva il paziente. Se andiamo a vedere, la scienza non accetta l’operato di chi ancor oggi si rivolge alle signore “aggiusta-ossa”, quelle che con le loro mani (e dita) provvidenziali riescono a mettere a posto slogature, torsioni, fasci di nervi accavallati eccetera. Quante persone si sono rivolte alla signora di Stupizza, conosciuta in tutto il Friuli? Clorinda aveva la capacità di far passare i gonfiori causati da punture o infezioni. Prendeva il koràz (mestolo in rame), lo riempiva d’acqua, posizionava la persona sul patòk (fosso) che scorreva lungo il paese, pronunciava alcune parole incomprensibili, simili a una preghiera, versava il liquido sulla parte dolorante (braccio, gamba, piede, coscia) e dopo pochi istanti il gonfiore passava. Si trattava di un rimedio molto efficace, piuttosto comune in quei tempi, al quale mai nessuno è riuscito a dare una spiegazione …

02.09.2020, Correre fa bene (2/2)

La corsa migliorerebbe anche la salute del nostro cervello: gli individui più sportivi hanno un ippocampo più grande e migliore memoria. La chiave di questa sensazionale opportunità salutistica è data da un fattore ormonale, prodotto dai muscoli per bruciare i grassi, che nel cervello stimola la crescita di nuovi neuroni. Se i muscoli rimangono inattivi, scende il livello dell’ormone “Bdnf” e il cervello ne risente. I muscoli sotto sforzo producono anche la serotonina e dopamina che sono noti neurotrasmettitori responsabili del benessere mentale. «Sostanzialmente il modo con cui il nostro corpo ci premia quando facciamo attività utili alla sopravvivenza, come il mangiare o, appunto, il correre», sostiene Matteo al quale chiediamo: «Può la corsa diventare una dipendenza?», «Basta non esagerare, basta non danneggiare i muscoli, i legamenti e le ossa. Secondo le mie ricerche, condivise da tutti gli esperti in scienze motorie, è necessario apprendere un tipo di movimenti e di allenamento graduali, adatti a noi e imparare a distinguere il dolore dalla fatica. Il dolore ci invita a stare attenti, a non farci del male per non subire danni. Acquisire queste conoscenze è molto più importante che spendere cifre esagerate per scarpe hi-tech», conclude Matteo che, nel periodo del lockdown e post-lockdown non ha mai perso l’appuntamento quotidiano con la corsa, senza esagerare, tonificando corpo e anima. Lo ringraziamo per le “dritte”.

01.09.2020, Correre fa bene (1/2)

Correre sembra semplice, ma è frutto di una complicata interazione tra una decina di muscoli che devono contrarsi a tempo, con il sistema nervoso che ne orchestra l’azione e ci mantiene in equilibrio assieme a cuore, polmoni apparato digerente, fornitori di energia per alimentare tutta la catena. Ce lo dice il paesano Matteo Cencig, dottore in scienze motorie e grande esperto di attività fisica, sportiva e di allenamento. «C’è l’aspirante sportivo della corsetta della domenica -ci racconta- fino alle maratone agonistiche. Correre rende più forti e resistenti alle malattie. Assicuro che, anche a piccole dosi, riduce il rischio di ipertensione, diabete, artrosi, malattie respiratorie, tumori, depressione, ansia e demenza senile». Ma come fa la corsa ad essere una sorta di medicinale? «Per milioni di anni nostri antenati si sono mossi molto, per trovare cibo e per sfuggire ai predatori o nemici: percorrevano molti chilometri al giorno, così il nostro DNA si è adattato, incorporando la corsa in ciò che ci serve per restare sani. E visto che da pochi decenni siamo diventati sedentari, l’aver smesso di muoverci danneggia la nostra salute», afferma ancora Matteo…