26.09.2020, Dalla storia della nostra cucina (2/3)

   La cucina locale, quella che possiamo assaporare durante la manifestazione gastronomica “Invito a pranzo nelle Valli”, si consolidò solo nell’Ottocento, quando a disposizione delle famiglie vi furono maggiori varietà di ingredienti, pur con il sussistere di ampie sacche di denutrizione e malattie legate alla cattiva alimentazione. La pastasciutta è arrivata solo negli anni ’60 se non con le “tajadeje”, striscioline di pasta fatta in casa cotta nelle minestre. Prima trionfavano a pranzo e a cena proprio le minestre e i minestroni, che oggi trovano sempre più seguaci considerando i limiti del piatto di pasta. Le minestre erano sempre saporite, specie con l’arrivo di patate, piselli, verze e fagioli, mentre sulle tavole arrivò anche il riso prodotto dalle parti di Pocenia, dove le risorgive potevano allagare i campi. Il brodo fu dapprima una rarità, poi si trasformò nel primo piatto tipico delle nostre domeniche, accompagnato a un pezzo di muscolo. Il maiale costituiva il maggior apporto di proteine e grassi dell'”homus valligianus”, con carni fresche nel giorno della macellazione e con insaccati nel periodo lungo di conservazione. La sempre maggiore disponibilità di sale e di spezie portò un notevole sviluppo della produzione di norcineria. Erano destinate al consumo immediato le carni bianche da cortile.

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