La carne bovina, nei cosiddetti tagli nobili, era generalmente destinata alla vendita, mentre i tagli di seconda qualità e le parti meno nobili, quali le trippe, erano destinate al consumo popolare. Sono infiniti i modi di cottura della carne bovina e probabilmente molte ricette scritte sono andate perdute. Sulle nostre tavole non mancavano le uova, celebrate in un’infinità di modi tra frittate, sode, strapazzate, con il frico, in “funghet”, con pancetta o salame. La produzione orticola e da campo forniva buone quantità di cavoli, verze, zucche, cipolle, aglio, sedano, porro e rape per la brovada. Fino ad alcuni decenni fa ogni famigia preparava il proprio formaggio, il burro e la ricotta, a seconda della disponibilità di latte, principalmente di origine bovina. L’unico pesce disponibile oltre ai prodotti ittici di fiume, era il baccalà un tempo considerato il pesce dei poveri. Amilcare lo vendeva sia umido, già preparato per la cottura, che secco. Oggi è una costosa specialità che si consuma con la polenta, come un tempo.