15.04.2021, Occhi sullo smartphone = pericolo pubblico

  Chi usa troppo il telefonino rischia di non passarsela bene di notte, né di giorno: dorme male e quando va in giro per le vie affollate di Udine o di qualsiasi altra città, diventa un ostacolo per le passeggiate altrui. Questo è quanto riporta una nuova mole di studi ed è un argomento che abbiamo già affrontato. Sembra che 3 studenti universitari su 10 siano letteralmente dipendenti dalle notifiche. Si svegliano di notte per controllare il telefonino, mantengono un sonno superficiale per non rischiare di perdere l’avviso di notifica, si alzano stanchi. La dipendenza da smartphone è un problema anche di giorno e non soltanto per i numerosi incidenti d’auto che causano nel traffico. Bastano tre persone che si spostino messaggiando su WhatsApp, a piedi, in una via affollata, per modificare la traiettoria di una cinquantina di persone e se due lo fanno da direzioni opposte, rischiano di fare “gong”, senza parlare di gente rovinata a terra per essersi inciampata o per aver battuto la fronte contro un palo. I “tecno-distratti” sono imprevedibili perché sono persi nel loro mondo digitale. Chi proprio non può fare a meno, si incolonni almeno dietro un’altra persona. Ma solo se priva di telefonino.

14.04.2021, Un abile maniscalco (2/2)

   In un angolo della kovacia c’era sempre del carbone ardente e al bisogno il fuoco era attizzato per permettere l’incandescenza del ferro e la sua lavorazione. Come dice il proverbio, Guido batteva il ferro fino a che era caldo. Sagomato a seconda dell’impronta di ogni singolo cavallo e zampa, il ferro ancora caldo era immerso nell’acqua per l’abbattimento non completo della temperatura, quindi apposto allo zoccolo dell’animale. Ogni tanto i clienti giungevano da lontano e, a pagamento avvenuto della prestazione, Guido andava in osteria e ordinava tre quarti di vino con 5 o 6 bicchieri. E aspetta che ti aspetta (i clienti se n’era già andati da tempo), diceva alla Diana: «Kùai tua de ne prideju gor -come mai che (i clienti) non vengono su-?» e la Diana: «Ah, na stùajse bat, Guido, na pride nobedan -ah, non avere paura, Guido, non viene nessuno». Sono aneddoti che fanno parte della storia del paese.

13.04.2021, Un abile maniscalco (1/2)

   Ci siamo occupati altre volte dell’officina fabbrile, la kovacìa di Ponteacco (vedi foto), gestita da Guido Manig, il nonno materno di Piera, Luciana, Vilma e Bianca. Nell’arte della mascalcia, specialità nel ferrare i cavalli, Guido era molto abile e richiesto. Amava i cavalli al punto di “parlare” con loro. La sua voce suadente tranquillizzava l’equino che si sottoponeva alla ferratura degli zoccoli, vera e propria arte in quanto solo l’abilità dell’operatore portava al successo dell’intervento. Era necessario creare il ferro di cavallo, forgiarlo su misura poiché ogni animale ha la sua impronta, la le sue escrescenze che vanno livellate, che non costituiscano una potenziale infezione per la zampa. La sua tecnica consisteva nel fissarlo allo zoccolo ancora caldo, ma non troppo, affinché la parte cornea si adattasse al metallo. Ci sono ancora i due anelli di ferro ai quali si legavano i cavalli durante la ferratura …

12.04.2021, Ieri in paese

   Abbiamo trascorso una tra le domeniche più anonime dell’anno, forse a causa del moderato maltempo, dell’elevata umidità che hanno indotto i paesani e i valligiani a starsene ben chiusi a casa, con il fuoco della stufa acceso, nonostante la metà del mese sia a pochi passi. Giornata dedicata al riposo e ai passatempo preferiti. Finalmente da oggi la nostra regione è in fascia arancione: non è che cambi molto, ma almeno è un passo in più verso la normalità. Come abbiamo detto anche ieri, sul fronte epidemiologico le cose vanno un po’ meglio e si può ben sperare in un ritorno graduale verso la vita normale. Auguriamo a lettrici e lettori una buona settimana di lavoro, impegni e salute.

11.04.2021, Malediazione alòle mosche

   Sono già in circolazione, forse ancora un po’ intorpidite, ma sono oramai presenti nella nostra realtà quotidiana. Quante volte le cacciamo quando si posano sul pane o sulla carne che abbiamo nel piatto. Tutto ciò che è materia organica attira le mosche, che si spostano indifferentemente dalle feci alla tovaglia della tavola. Depositano mille uova nei loro 8/10 giorni di vita. Questo volo continuo tra i cibi dei piatti, la cucina e qualuque sostanza in decomposizione è causa di malattie. Eppure le mosche si tengono pulite. Passano molto tempo a strofinarsi le zampe poiché i peli che ricoprono gli arti sono il loro organo sensitivo maggiore; attraverso i peletti, individuano le numerose sostanze con cui vengono a contatto e per riconoscerle hanno bisogno che siano perfettamente puliti. Per fuggire dal pericolo, ruotano sul proprio asse, generano 200 battiti di ali al secondo e possono modificare l’assetto di volo in un centesimo di secondo. Non c’è da stupirci se poi non siamo in gradi di catturarle, tranne che con lo scacciamosche la cui forma distoglie l’attenzione della sua vista, quanto basta per annientarla. Hanno solo un aspetto positivo, questi fastidiosi insetti: sono impollinatori, secondi solo alle api. Un tempo in paese tra stalle, letamai vicino a casa, porcili e pollai, le mosche erano un autentico flagello.

10.04.2021, Due abili (quasi) veterinari (3/3)

   Pio e Mario si consultavano a vicenda. Si scambiavano informazioni ed esperienze al punto di essere esperti quanto un professionista. È successo che nei pascoli, oppure nel fieno, si celasse un pezzo di filestrìn (fil di ferro) e questo era un guaio per la mucca o il toro. Lo stomaco dell’animale si gonfiava enormemente, l’infezione procurava febbre altissima e grandi dolori. Davanti a questi casi era necessario intervenire in breve tempo, finchè il bovino stava sulle proprie zampe. Entrava in azione Pio con una specie di punteruolo che infilava con un colpo secco in un preciso punto del ventre della mucca, senza ledere organi vitali. In più casi è è sentito un autentico fischio causato dalla fuoriuscita del gas, come un palloncino gonfiato e lasciato libero. Era la salvezza della mucca e l’aria era irrespirabile a causa dei miasmi dell’infezione. Un giorno Gino Bazavòn, alla cui mucca successe la stessa cosa, disse: «Nardìn sam! -Faccio da solo». Purtroppo si confuse e colpì con il punteruorolo il lato opposto del ventre della mucca, la quale tra dolori indescrivibili, fu caricata sul carro e portata a San Pietro, di fronte al Belvedere, ora casa Menichini, dove c’era un macello.

09.04.2021, Due abili (quasi) veterinari (2/3)

   A volte non c’era tempo per chiamare il medico-veterinario, spesso non c’erano i mezzi per far fronte alla spesa del suo onorario. Sta di fatto che si chiamavano al capezzale della bovina i nostri due paesani, alti di statura (caratteristica fontamentale), persuasivi nel comportamento con l’animale, capaci di mettere le mani nel punto giusto. Molto spesso era necessario letteralmente entrare con le mani all’interno del parto, legare il vitellino con una corda “al collo” e aiutare la fuoriuscita del neonato. Erano le ultime fatiche della mucca, prima di crollare a terra esausta dagli stenti, ma una volta nato il piccolo, tutto passava in pochi minuti. L’operazione richiedeva grande abilità, una tempistica molto veloce, condizioni di igiene che garantivano la salute di mamma mucca. Non era certamente uno spettacolo per bambini, anche perché gli operatori sempre si ritrovavano inondati di liquami, dalla testa ai piedi. O così, oppure miseria. Grande era la gratitudine dei proprietari degli animali nei confronti di queste persone, le cui mogli molto spesso dovevano provvedere al lavaggio degli abiti …

08.04.2021, Due abili (quasi) veterinari (1/3)

   La vita di sussistenza di numerose famiglie del paese, e questo fino a una cinquantina-sessantina d’anni fa, era garantita da tre fattori principali: dall’assenza di gelate in questa stagione a fioritura in atto, dall’assenza di grandinate e nubifragi estivi e (soprattutto) dalla salute degli animali della stalla. Quando la mucca restava incinta, c’era festa in casa: si progettava la vendita del vitello o vitellone e il denaro ricavato andava suddiviso in piccoli ma importanti rivoli, quali il pagamento delle imposte presso l’esattoria di San Pietro al Natisone, saldo di qualche debito in negozio, saldo di qualche prestito ricevuto. In alcuni casi il parto andava male, appariva complicato, si rischiava di perdere non solo il vitello, ma a anche la mucca, straziata dalla fatica e dal dolore. Non solo in paese, ma anche nel circondario, quando le cose si mettevano male, non restava altro che sentire la seguente frase: «Poklič Pìjaš al pa Mario» – chiama Pio (papà di Ada) o Mario (nonno paterno di Patrizia e Laura). Erano considerate persone esperte …

07.04.2021, Il sesso debole (maschile)

   Era definito “il sesso debole”. Invece sembra che le donne siano più resistenti degli uomini in quasi tutti gli ambiti della salute. Nel mondo le donne vivono in media dai quattro ai sette anni più degli uomini e il divario cresce con l’aumentare dell’età. In Friuli, su cento centenari, 80 sono donne. Reagiscono meglio agli agenti patogeni, che si tratti di virus o batteri, si ammalano meno di cancro, mentre gli uomini hanno un rischio di contrarlo del venti per cento in più. Le donne sono meno esposte ai disturbi dello sviluppo, come autismo, deficit dell’apprendimento, balbuzie, che nei maschi. Anche i numeri della pandemia in corso parlano chiaro: meno donne ammalate e tasso di mortalità inferiore rispetto ai maschi. Sopportano meglio il dolore: picchi la moglie e non le fa niente -scherziamo, è una battuta!. Secondo gli studiosi, si tratta dei cromosomi: X e Y. Il maschio ha X e Y, come tutti i mammiferi e la femmina due X, uno ereditato dal padre e uno dalla madre. Quindi non più un solo cromosoma (X) come si riteneva fino a pochi anni fa, bensì due che offrono maggiori possibilità di sopravvivenza. Uno “scherzo” della natura per garantire la prosecuzione della nostra specie. A proposito di cromosomi, storica è la risposta di una madre del Friuli, quando la maestra ha spiegato che l’handicap del figlio è causato da due cromosomi identici, anziché da uno: «Miôr un in plui che un in mancul», “meglio uno in più che uno in meno”.

06.04.2021, Pasqua e Pasquetta 2021

   Potrebbe sembrare un gioco della “Settimana Enigmistica” o del “Grossdruck Rätsel” – per chi ci segue da Germania e Austria: trova (se ci sono) le differenze tra Pasqua-Pasquetta 2020 e Pasqua-Pasquetta 2021. Nessuna! Due edizioni identiche, anche se per certi versi, quella del 2020 era peggiore: la Protezione civile lanciava continui lugubri messaggi di invito a starsene chiusi in casa. Questa forse è l’unica differenza e non da poco. Del resto le vacanze di Pasqua 2021 sono state caratterizzate da giorni trascorsi in casa, con la possibilità di effettuare qualche passeggiata, magari con la scusa di andare a cercare un po’ di aglio orsino lungo le rive boscose del Natisone. Tutto qui. Ma il prossimo anno, da vaccinati, passeremo alla riscossa soprattutto sull’onda del famoso detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Serenità e buona salute, queste sono state le note più evidenti di quest’edizione pasquale in paese e anche nelle Valli. Un anno in cui sono finite anzitempo tutte le uova di pasqua dai negozi, comprese quelle tre, a 350 euro di una pasticceria di Cividale, dove in una di queste era contenuto un Rolex, mentre nelle altre due un oggetto senza valore di pari peso e ingombro. Ieri pomeriggio il cielo coperto e un’arietta fin troppo fresca hanno suggerito senza ombra di dubbio il relax domestico, il riposo in vista della ripresa delle incombenze feriali. Riprendiamo gli aggiornamenti, buona settimana corta, anche in nostra compagnia.