Abbiamo ricevuto dalla signora V.G., che chiede l’anonimato, questo contributo che ben volentieri pubblichiamo: “Un mese fa mi sono sottoposta al test per il Coronavirus nel nuovo spazio allestito del Gervasutta di Udine. Tutto mi sembrava ben organizzato ed efficiente: ho passato 15 secondi di disagio durante il prelievo: sembrava che il tampone finisse nel cervello. Poi sono stata rispedita a casa con una pagina di istruzioni su cosa fare in caso di esito positivo, con tutti i numeri telefonici da chiamare in caso di bisogno. Si spiegava in modo approfondito come prevenire la trasmissione attraverso le superfici e c’erano vari dettagli sui disinfettanti per igienizzare l’ambiente in cui si vive. Non ho trovato neppure la minima traccia sulla buona ventilazione degli ambienti, forse il rimedio principale per tenere lontano il virus. Arrivata a casa, quasi per caso, ho letto alcune mail di grosse aziende che cercavano di rassicurare i propri clienti sulle loro precauzioni sanitarie. Una nota compagnia aerea informava che sanificava diligentemente più volte al giorno le superfici interne dei loro aeromobili e dei terminal, ma non aggiungeva particolari sull’efficacia della circolazione dell’aria, quella artificiale, corresponsabile della diffusione di massa del virus”.
12.09.2020, Oggi è il giorno di Matteo
Per il nostro paesano, Matteo Cencig, oggi si concretizza il sogno: alle 17:00 si inaugurerà a Udine la sua nuova palestra-centro di allenamento fisco “MC sport performance”. La nuova struttura è collocata in viale Palmanova 327, quasi di fronte all’antenna della RAI. Un sogno perché rappresenta la concretizzazione delle sue aspirazioni professionali: preparatore atletico, e da oggi gestore del suo nuovo centro di allenamento specializzato per potenziare il fisico degli atleti e delle persone che amano mantenere la propria muscolatura allenata e tonificata. È stata un’estate di sacrifici per il grosso impegno profuso nel preparare l’ampia sala e i servizi di cui è dotata questa palestra, aperta ad allenamenti personalizzati e di gruppo. Un’estate passata a imbiancare, dipingere, posare tappeti e pavimenti, posizionare macchine, “lottare” con le marche da bollo. La soddisfazione di Matteo è tanta perché con lui si è mosso un team di persone che lo hanno aiutato, appoggiato e incoraggiato in questo periodo di post-lockdown, dove solo i coraggiosi si mettono in gioco. Dopo mesi di lavoro e con l’aiuto di parenti e amici, Matteo presenterà oggi un’ampia sala, molto accogliente nella scelta degli arredi, dotata di macchinari specifici di allenamento, di uno spazio centrale riservato agli esercizi personali o di gruppo, di tre bagni. È lunga la carriera professionale di Matteo, laureato con il massimo dei voti in Scienze motore e la sua nuova palestra “MC sport performance” sarà da oggi il suo biglietto da visita per le sue specializzazioni. Bravo, in bocca al lupo e l’augurio tante soddisfazioni dal paese, dalla Pro Loco, dalle Valli.
11.09.2020, Ceser (2/2)
C’era anche un divano di colore scuro dove si poteva eventualmente attendere il proprio turno. Probabilmente c’era anche un secondo tavolo e certamente una grande macchina da cucire. Cèser era sempre presente nel suo laboratorio, tutti i giorni della settimana, comprese le domeniche, dalla mattina alla sera. Di lavoro ne aveva sempre tanto e continuamente andava gente a ritirare i vestiti o a lasciare le proprie misure. C’era l’abitudine tipica di paese di fare un salto da Ceser, così come anche da Maria e Nilo, per scambiare quattro chiacchiere dove, è doveroso dirlo, il pettegolezzo non è mai stato di casa. Più volte si incontravano da Cesare anche le ragazze del paese e chissà quante confidenze avrà mai sentito dalle giovani. Graziana, Bruna, Ornella, Silvana -tanto per citarne alcune- spesso andavano in sartoria e portavano con sé un paio di cucchiai di zucchero. Lo scioglievano in un pentolino con manico e si gustavano lo “zucchero di guardia”, ovvero lo zucchero sciolto fino a farlo diventare una specie di medaglione color marrone. Un bel giorno il gruppo di ragazze si arricchì di qualche altra presenza e in un momento di euforia Cèser esclamò alle giovani: «Ma che “coas” fate!», una parola nuova per lui, forse sentita alla radio, per descrivere il “caos” che le giovani stavano facendo.
10.09.2020, Ceser (1/2)
Cesare Coren era lo zio materno di Graziana, deceduto nel giugno 1989, quasi ottantenne. È ancora ricordato per la sua professione di sarto, stesso mestiere di Nilo e della Maria Tònsova. Il suo laboratorio era costituito da un’ampia stanza contigua alla grande cucina dei Càrlini. A destra c’era un lungo tavolo con la superficie e i bordi consumati dal suo utilizzo. Sul tavolo spesso c’erano delle sagome in carta, che riprendevano i tagli da eseguire sulle stoffe. C’erano lunghe forbici con un grande occhiello per il pollice, che a noi bambini destavano stupore per le dimensioni. Sul tavolo c’erano sempre dei gessi curiosi, poi l’abbiamo scoperto, quelli da sarto, simili alla particola del sacerdote, con i bordi molto sottili, utilizzati per delineare il taglio del tessuto e facevano una linea molto sottile. La stanza aveva due ampie finestre: la prima dava sul kakošnjak, il pollaio della casa, mentre la seconda volgeva a ovest, verso la statale. Cèser aveva, quindi, un’ottima visuale. Dalla sua stanza vedeva l’andirivieni di tutto il traffico del paese. Se si intravvedeva qualche movimento interessante, lo si poteva guardare da una finestra e continuare a seguirlo dall’altra.
09.09.2020, Il dolore delle donne (2/2)
Da qui, il modo in cui la società considera fenomeni come le molestie sessuali e lo “stalking” sono un esempio. A quante donne si imputa l’assurda accusa di aver incitato o provocato il violentatore! In tutti questi campi è azzardato chiedersi se le donne soffrano di un deficit di credibilità? Un pregiudizio ancora profondamente radicato. E pensare che qualche corrente di pensiero medica ancora oggi si chiede se davvero le donne provino del dolore durante il parto oppure si tratta di una reazione isterica a una situazione stressante e di necessità?. L’opinione medica si divide in due parti: ci sono donne che provano un grandissimo dolore, al limite della sopportazione, mentre altre dimostrano un alto livello di serenità durante tutto il travaglio. Ecco perché gli ostetrici mettono in discussione la reale presenza del dolore in alcune pazienti. Calibrando l’esperienza del parto sugli uomini, gli autori di questa ricerca hanno concluso che il parto è effettivamente doloroso. E le femministe rincarano: “il mio compagno non so se sarebbe in grado di sopportare degnamente e in silenzio anche i 3-4 giorni di dolori del ciclo mensile, ogni mese e per la vita intera”. Secondo i medici, la società sembra preoccuparsi molto di più del ruolo delle emozioni delle donne quando si parla di dolore. La disparità di genere nelle diagnosi pare sia documentata. Insomma, nel dolore c’è sempre una componente psicologica, distinta da una componente fisiologica, un doppio vincolo che può diventare insidioso. Sono impietosi i dati di una ricerca scientifica: a parità di sintomi tra due pazienti ipotetici di (lui) 48enne e (lei) 58enne con forti dolori al petto: l’uomo nell’81% dei casi era immediatamente avviato alla visita cardiologica, mentre a lei nel 17% dei casi era consigliata una visita dal cardiologo. I pregiodizi sulle donne hanno un retaggio religioso e la signora Pia, che ci scrive ogni tanto nella sezione “sms”, deve prenderne atto.
08.09.2020, Il dolorre delle donne (1/2)
È paradossale, ma la medicina occidentale tratta in modo diverso anche oggi il dolore fisico degli uomini e quello delle donne, considerate …irrazionali… pertanto meno credibili. Situazione impressionante che, sotto certi aspetti, ci riporta nel Medioevo. La Chiesa cattolica, soprattutto per le donne, vedeva nel dolore fisico la purificazione dell’anima! e questo fino a pochi decenni fa. I parroci del nostro circondario davano al dolore il potere di riscattare l’anima dai peccati e questo non valeva solo per le Valli, ma per tutt’Italia che ci ha visti per ultimi in Europa a conquistare il diritto di gestire il dolore con apposita terapia. Su quest’incredibile argomento, abbiamo pensato di fare una piccola ricerca e capire i contorni di quest’aspetto umano. Come sappiamo, il dolore è il sistema d’allarme del nostro coorpo, una sensazione che serve a farci capire che qualcosa non va. Ciò che rende il dolore una forma di difesa efficate è in parte anche quello che lo rende soggettivo: un’esperienza sensoriale ed emotiva gradevole. Il dolore ci protegge perché non ci piace e lo troviamo emotivamente stressante. Purtroppo la medicina occidentale moderna ancor oggi tratta il dolore degli uomini e quello delle donne in modo differente. Dicono, poi, che il dolore delle donne non bianche è sistematicamente minimizzato rispetto alle bianche e rispetto agli uomini. Per le sfortunate di colore si tratta di un dolore di III classe. Si dice che la medicina moderna occidentale approfondisca meno il dolore al petto di una donna rispetto a quella di un uomo, anche quando si tratta dei classici sintomi dell’infarto, infatti, stando alle statistiche, la prinipale causa di morte delle nostre signore è da addebitare a difunzioni cardiache gravi. Non è detto che alcuni medici libertini nelle loro diagnosi considerino i dolori femminili una forma di fissazione psichiatrica, spesso ricondotta alla depressione. Le donne ancor oggi (specifichiamo, non dappertutto) non sono ascoltate con attenzione. È un vergognoso retaggio della religione cattolica. La grande fede significava, e forse significa ancora, convivere con la sofferenza, che avvicinava la paziente alle sofferenze di Cristo sulla croce.
07.09.2020, Ieri al Centro
La corsa ciclistica che ieri mattina ha semi-paralizzato il traffico sulla statale dalle 10:00 alle 13:30, ha influito sull’affollamento domenicale al Centro: numerosi i soci, ma non tantissimi a causa delle restrizioni al traffico. Marzia e Tonino hanno preparato un assaggio di pastasciutta all’aglio, olio e peperoncino. Non poteva mancare naturalmente l’appuntamento con il consueto aperitivo, che è ormai diventata una piacevole consuetudine del nostro paese. Ringraziamo Marzia e Tonino per il loro impegno nel gestire la giornata di ieri. Sabato scorso, l’altro ieri, la nostra Pro Loco ha partecipato all’elezione del Presidente e del nuovo Consiglio direttivo dell’Associazione delle Pro Loco del FVG. 120 presenti, 40 deleghe, quindi 160 rappresentati su 216 Pro Loco del FVG. Per il nostro territorio eravamo presenti solo noi, considerati piuttosto attivi nel contesto delle Pro Loco della regione. Assenti la Pro Loco Stregna, Matajur e Nediške doline. Per acclamazione è stato riconfermato il Presidente uscente, Walter Pezzarini, mentre è ancora consigliere Elisabetta Basso di Cividale. I lavori assembleari sono iniziati alle 09:00 al teatro Pasolini di Casarsa della Delizia e sono terminati alle 14:30. Nella foto della settimana si vede il gruppo di ciclisti mentre passano lungo la statale nel 3° dei 9 passaggi previsti. Auguriamo una buona e speciale settimana.
06.09.2020, Sempre accompagnate (2/2)
Finite tutte le incombenze precedenti alla partenza, come il lavaggio dei piatti, delle stanjàde, dopo il riordino della cucina, l’allegro gruppetto partiva verso la destinazione sognando un incontro, l’avvicinamento di un bel ballerino cortese. Tanto per fare un nome degli accompagnatori, la Nadalia, lei si piazzava con le braccia appoggiate alla balaustra del brejàr e, carica di golfini, golfetti e scialli dati in consegna dalla comitiva, controllava lo svolgersi della serata. La parola d’ordine era: trovare un ballerino alto! Faceva una figura ridicola la ragazza che sceglieva un “tappo” che magari le arrivava al seno. In poche parole, i tappi stavano con le tappe e gli alti avevano ottime chances per scegliere, per fare nuove conoscenze. Noè, Zeje, Severot erano bravi ballerini ai quali nessuna ragazza poteva dire di no. Solo i ragazzi pagavano il biglietto e un addetto passava una cordicella attraverso la pista, chi era di qua doveva uscire, chi era di là, invece, poteva fare ancora il prossimo ballo. Alle 22:30 la Nadalia già sollecitava il rientro delle ragazze, poi, ancora uno, ancora un altro e un altro ancora, sta di fatto che alle 23:00 tutte erano sulla via del rientro a casa. Giusto sul più bello, proprio quando c’erano tanti ragazzi. In preda alla rabbia, sulla strada di Sorzento, le giovani “ghundulàvaju” (brontolavano) prendevano a calci i sassi dalla rabbia. Ma c’era la ragione: la Nadalia, o chi per lei, si sarebbe alzata il giorno dopo alle 04:30: c’era la komadare la stalla, da fare il fieno …
05.09.2020, Sempre accompagnate (1/2)
Le occasioni di svago, come ad esempio una serata con orchestra e brejàr (pista da ballo), erano piuttosto rare e non esistevano certamente i manifesti che pubblicizzavano la sagra o l’appuntamento. C’era il passaparola che si diffondeva in breve tempo. Visto che i luoghi di ritrovo erano raggiungibili solo a piedi, il ventaglio di offerte per i ponteacchesi di per sé era limitato: la sagra di San Pietro spalmata su 3 serate, la sagra di Tarcetta, quella di Sorzento, la sala di Cras e il salone di Ponteacco. Che incubo per le ragazze: sempre accompagnate da un adulto che con occhi più o meno severi controllava il comportamento delle giovani e del loro ballerini. Solo la Veglia, figlia di Silverio, persona molto seria e amante del divertimento, poteva andare libera e tornare a casa anche un po’ più tardi: «Kùaj sečna Velja», dicevano sconsolate le accompagnate. Ma comunque meglio poco che niente, meglio un’oretta che grattare i cjandìari (secchi di rame) nella cusina sporcja. I preparativi iniziavano già il pomeriggio con un bel bagno nella mastella e con l’asciugatura dei capelli al sole (chi mai possedeva il phon!) …
04.09.2020, La Clorinda (2/2)
Per queste sue competenze nel campo “medico”, Clorinda era molto rispettata e conosciuta fuori paese. Ogni suo intervento si svolgeva praticamente quasi in piazza, sotto gli occhi di molti curiosi che commentavano le condizioni di salute del malcapitato o della sfortunata. Aveva una bella voce, dote che donò alla figlia Irma e sicuramente anche anche alla nipote Graziana. Gli anni passavano e un giorno Clorinda si ammalò: il verdetto medico non dava speranza perché il suo sangue non reagiva più alle cure. Dopo un periodo di degenza in ospedale, Clorinda fu accompagnata a casa poiché la sua fine ormai era prossima. «Pùi dòl ki Clorinda pride damù!», così dissero a Nora, la nuora, intenta con il marito a fare la meda sul Varhàk. Il tempo di arrivare a casa che l’ambulanza era già a pochi metri dall’ingresso dell’abitazione. Era una delle prime in circolazione nelle Valli. Si formò un capannello di persone curiose che assistettero alle operazioni di consegna domiciliare della malata, mentre i bambini osservavano incuriositi l’interno di tale mezzo. La vettura si apriva solo dall’esterno, con una maniglia simile a quella dei frigoriferi di un tempo. Sulla barella giaceva la nostra paesana, dimagrita e pallidissima in volto. Gli infermieri la portarono in camera, su per le scale esterne. Dopo sette giorni, il 15 agosto millenovecento… si sentì suonare la campana piccola …