Notizie storiche sulla chiesa di Ponteacco nei secoli (a cura di Francesco Coren)
XVI, XVII, XVIII e XIX secolo
Il nostro paese è nominato per la prima volta nel 1257: Villa Ponteglaco.
La costruzione della prima pianta della chiesa risale al XV secolo.
Domenica 9 settembre 1601 fu visitata dal canonico Missio che redisse il seguente verbale: Adì 9 setembrio 1601, visitata la veneranda di Santa Dorotea annessa alla parochiale di San Pietro in “Villa di Ponteà” in qual è un altare consacrato con mensa decente. Ancona di pitura vechia, mantili netti et antipendio corato. Inventario: un calice d’argento dorato con patena; un altro calice col vaso d’argento et patena in rame dorato e con corporale lordo e sbregato; un Mesale romano; una pianetta d’amasco pavonazo con stola; n° 5 camisi; n° 20 mantili; una croce in rame; due pennelli; due candelieri; lampada d’otone. Interrogato Petri, cameraro di chiesa, rispose: la nostra chiesa ha due campeti et di più stara tre d’affito et con questa entrada si governano la presente chiesa, quella di San Luca e contribuiamo la mità della spesa che si fa in quella di San Canziano, per essere unite insieme. La chiesa gà due vache in socida. Li debitori ne erano ma sono morti et non si sa chi habbino lasciata la heredità. E’ ben vero che tuti noi siamo debitori, chi poco chi tropo. Udito li fu dito: datemi in notta il numero e quanto devono li debitori et chi sono. Ritrovandosi presente molti huomini disero: noi daremo li libri in mano dal nostro R.do curato. Quanto prima esso caverà li debitori et a noi potrà mandarein scritto. Ordinationi: che li camerari siano quanto prima obligati portar li libri de’ debitori in mano del R.do curato acciò possi far copia et questo in penna d’interdetto delle tre nominate chiese. Che sij fatto saldar il piede del calice d’argento, che sijino comprati uno corporale e quatro purificatorij, che la lampada sia posta fuori dalla capela, che sijino comperati una lampada et duji candelieri d’ottone (A.C.A.U.[Archivio Curia Arcivescovile Udine], Cividale capitolo, vol. XII, Libro visite Missio, f. 8).
Venerdì 22 agosto 1692 la chiesa fu visitata dal canonico inviato da Cividale e dal verbale ricaviamo quanto qui di seguito: Si conferì poscia il visitatore (ovvero il canonico) alla chiesa di Santa Dorotea di Ponteaco, filiale di San Pietro. Altare ben tenuto. Il canonico visitò anche la cassa de’ apparamenti et supeletili sacre et ordinò che sia rinovato il calice sbregato, che sia proveduto d’una pianeta, stolla, manipolo et velo da calice tutto di color bianco et d’uno altro velo pur da calice di color violaceo. Ordinò che sia posto un crocefisso sull’architrave (A.C.A.U., Visite pastorali, Cronistorie, vol. G, fasc. 40, 271-272).
Martedì 18 maggio 1700 fu presentato un rendiconto economico: la chiesa di Santa Dorotea associata a quella di San Luca di Ladeltejo ha entrada che consiste in formento staji 22 pesenali, contadi 15 Ducati, vino circa 6 conzi e metà secchie… Sia imbiancata la chiesa e rinovati i segni della consagrazione. Ha obbligo il Vicario Pievano di messe quattordici (A.C.A.U., Visite pastorali, Cronistoria cit., 420).
Nella visita di mercoledì 25 maggio 1735 si annota che l’entrata della chiesa è di 80 ducati, che ha due campane e un “campanello”, il che ci induce a ritenerla delle stesse dimensioni e della medesima forma di quella di San Luca.
1735: una grave epidemia fa strage di bovini e rende vuote le stalle. C’è una flessione delle entrate a causa della grave crisi di un’economia di pura sussistenza.
Il 24 aprile 1741 a causa di una scossa di terremoto, il tetto della chiesa è danneggiato.
Il 16 settembre 1743 la chiesa fu nuovamente visitata ed i canonico trovò in essa …Altare ligneum decens, ac satis ornatum, quatro candelieri et un gonfalone di seta. Nelle ordinazioni, fu impartito di rimontare due vetri della finestra longa (A.C.A.U., Cividale Capitolo, vol. XII, libro visite a. 1743. Il canonico lo possiamo definire un vero Speedy Gonzales in quanto quel giorno visito anche le chiese di Antro, Spignon, Sant’Andrea (Erbezzo), Pegliano, Lasiz, Brischis e Pontegliacco.
15 aprile 1747: anche le campane di Pontegliacco tosto sonarono per l’elezione a cardinale del patriarca Daniele Delfino.
Qualche danno al manto di copertura per le scosse di terremoto del 28 novembre, 5, 17 e 18 dicembre 1750. Anche il 13 aprile 1757 la terra sussulta più volte con qualche danno in Villa.
1764: anno di grave carestia dovuta alla longa sicità dopo un inverno freddo fuori modo. Periodi di carestia si susseguono anche negli anni successivi. Il popolo allora usciva per la campagna in procisione ad invocare la clemenza di Dio. Molte volte accade che la pioggia venne la sera stessa…La contabilità della chiesa registra una flessione delle entrate ed un preoccupante aumento dei suoi debitori.
27 o 28 luglio 1767: alle quatro del mattin s’alzò un vento fortissimo, chiamato Bissaboba, accompagnato da un dilluvio di pioggia che rovinò grandemente molte zone della Val Natisone, schiantando alberi grossisimi. Danneggiati i tetti delle case…
1774: grave carestia. Rogazioni.
9-12 luglio 1776: forti scosse di terremoto con danni alla chiesa di San Luca.
20 ottobre 1788: la terra trema e fa uscir tutti dalle case. Qualche spacco nel muro della chiesa di santa Dorotea.
6-30 giugno e settembre 1794: forti scosse telluriche con danni.
17 ottobre 1797, Pace di Campofomio, Napoleone cede all’Austria tutte le terre friulane con l’abolizione dei privilegi di autonomia delle Valli del Natisone.
Il controverso plebiscito del 21 e 22 ottobre 1866 (Beggiato, Ettore, 1866, la grande Truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia, Editoria Universitaria, Venezia, 1999) accolse tra “universali manifestazioni di gioia” il passaggio del Veneto all’Italia.
La ricerca storica riguardante la chiesa di Ponteacco nel Novecento non è stata molto semplice ed è costituita da appunti e note la cui catalogazione è iniziata negli anni ’70, alla quale daremo un necessario ordine diacronico.
Già nel corso degli anni ’70 siamo riusciti a fissare testimonianze che altrimenti oggi sarebbero irrimediabilmente perdute. Le fonti di quel tempo sono costituite dai ricordi di molti particolari, sia scritti che orali, tramandati dai loro genitori.
E’ certo che la cupola ed il campanile furono costruiti nel 1902, in seguito ad un accordo sottoscritto l’anno precedente dagli abitanti di Ponteacco, Tiglio e Mezzana. Si tratta di un documento molto importante, custodito nei fascicoli della parrocchia di San Pietro al Natisone. Datato 16 giugno 1901, dichiara la ferma volontà dei paesi di Ponteacco, Tiglio eMezzana di completare la costruzione del campanile della veneranda Chiesa di Santa Dorotea, nonché di rifondere una campana per la chiesa principale e le due attuali della chiesa di Tiglio. Si istituì una commissione, che agì senza la mediazione della chiesa parrocchiale, evidentemente già in quei tempi assai distante dalle istanze e richieste delle frazioni e formata da Stefano Cedarmas fu Giuseppe (Ponteacco), Antonio Iussa fu Valentino (Ponteacco), Pietro Cernoia (Mezzana), Luigi Venuti (Tiglio), Antonio Fulla, Giuseppe Fulla, Alessandro Iussa, Antonio Bait fu Antonio (Ponteacco), Marco Coren di Giuseppe (Ponteacco), Pietro Iussa di Antonio, Antonio Petrina di Giuseppe, Mattia Coren fu Valentino, Valentino Iussa fu Antonio (Tiglio), Antonio Birtig fu Mattia (Mezzana), Umberto Iussa fu Valentino e Antonio Pocovaz fu Giacomo. La Commissione si incaricò di accettare e dividere le spese di costruzione tra le singole famiglie dei tre paesi. Furono 54 i capifamiglia di Ponteacco che contribuirono alle spese, con versamenti per un totale di 1.494,10 Lire sulle promesse 1.535,00. Tiglio contribuì con 105,00 Lire versate da 7 capifamiglia, mentre Mezzana versò l’importo di 233,10 Lire (12 capifamiglia) La base del campanile fu eretta già alla fine dell’Ottocento, ma il lavori si conclusero all’altezza del primo piano della futura torre. L’opera che oggi possiamo ammirare, fu terminata nel 1903 con una costruzione di sassi ad incastro e a secco. Il progetto del campanile e della cupola fu elaborato da un ingegnoso artista di Ponteacco, Giovanni Coren (nonno di Amilcare Mattelig), che era un esperto scalpellino e la cui preparazione lo portò spesso a lavorare per periodi più o meno lunghi sia in Austria, che in Ungheria. Giovanni Coren diede anima a quello stile in voga nella Pianura pannonica e lungo l’asta del Danubio, probabilmente ispirato anche ai monasteri e ai campanili della Bassa Austria (Niederösterreich). Possiamo affermare, dunque, che la cupola di Ponteacco rappresenta uno stile unico nelle nostre zone.
Giovanni Coren, “artigiano mobile”, lavorava con il figlio e con Girolamo Iussa (zio di Ciciaz) e dal loro laboratorio prese forma anche il primo leone alato posto sulla fontana del paese.
La croce che sovrasta la cupola fu battuta nell’officina fabbrile ponteacchese di Manig. Parteciparono ai lavori di costruzione del campanile molti lavoratori a cottimo, ambulanti e tra questi due bravissimi, padre e figlio, dei quali nessuno siu ricorda il nome.
Durante le fasi di costruzione della torre, fu necessaria una gran quantità d’acqua che fu prelevata nel Tulìn, oggi di Carlut. Tutti i ragazzi e molte donne del paese furono coinvolti nel trasporto mano-a-mano di decine, centinaia, migliaia di secchi d’acqua fino al piazzale della chiesa, dove fu sistemato un enorme tino per la raccolta del prezioso liquido. Nel 1903 la chiesa ebbe finalmente il suo campanile e la relativa cupola. Per l’occasione una signora di Tiglio, appartenente alla famiglia Venuti, donò oggetti preziosi in oro, dedicati alla “Madonna della Sapienza”, così com’era chiamata una volta Santa Dorotea.
I verbali della Fabbriceria della Chiesa di Santa Dorotea, Luca e Canziano non riportano annotazioni di fatti ed eventi riconducibili al periodo della Prima guerra mondiale. Certo è che il Primo conflitto causò danni alla struttura ponteacchesee si dovette attendere molto tempo per le riparazioni, che risultarono lente, incomplete ed approssimative.
Nel 1929 Davide Mattelig sostituì le cinghie delle campane ricevendo la compensa di 6,00 lire.
Nel 1930 fu riparata la cupola e l’intervento costò 215,00 lire tra materiale e manodopera, compresa la vernice ad olio utilizzata per ricoprire il manto esterno. Nello stesso anno Saule Onesti ricevette 111 lire per la riparazione del tetto della chiesa. La nota indica un’ulteriore spesa di 8 lire per l’imposta di bolli e ben due litri di vino buono consumato per la soffittatura interna.
Nel 1931 è stata sostituita la serratura, con la chiave che tutt’oggi possediamo.
Nel 1935, a lavori conclusi, fu organizzata per la Quarta d’agosto una grande festa con cena per tutti.
Nel 1937 fu nuovamente riparato il campanile e sostituite le cinghie delle campane. Nello stesso anno fu riparato il tetto della sacrestia con la sostituzione di buona parte delle tegole. Ai lavori parteciparono Ernesto Buttera, tale Tosolini e Giuseppe Tuzzi (Bepič).
Nel 1939 alcuni ladri forarono una finestra, che fu sostituita.
Nel corso del 1944 si registra un intervento di riparazione della chiesa di Tiglio, con annessa fattura complessiva di 385,00 lire.
Il tremendo ciclone del 17 luglio 1953 causò la totale scoperchiatura del tetto che fu nuovamente ricostruito dall’impresa Mirco Birtig. L’importo dell’intervento ammontò a 63.290 lire.
Nel 1958 fu imbiancata la sacrestia e si sostituirono le ormai sfilacciate corde delle campane di Tiglio.
Il sisma del 06 maggio 1976 causò danni lievi all’intera struttura. Il paese si mobilitò per la sistemazione del manto di copertura.
I collaboratori di sacrestia, dal 1900 ad oggi furono: Giuseppe Petrina, Antonio Petrina (figlio di Giuseppe), Angelo Rossi, Andrea Coren (fu Marco), Angelo Rossi (rientrato dalla Svizzera), Dario Iussa, Giuseppe Bellida e Silvana Iussa.
Personaggi
Cirillo Iussa
Cirillo Iussa è il nostro illustre compaesano, nato nel 1923 e scomparso nel xxxx. Pittore, scultore, poeta, un artista che crea una sorta di architettura ideale in cui si inserisce la “storia”, l’antropologia culturale dell’uomo. Iussa sviluppa cicli umani, come l’ “Uomo e i suoi stracci”, curioso contrasto paradigmatico tra due condizioni antitetiche: l’ordine e il caos; “Velo opaco” ciclo in cui l’artista ponteacchese intravvede la necessità e la possibilità di lacerare l’oppressione delle forze brute della violenza, dalla tortura alle repressioni della libertà; “Gli spazi dell’anima”, interessante rassegna di tutto quanto avvenne nel ‘900, essendo il nostro paesano testimone dello “scontro di civiltà” che ci porta oggi all’uomo robot, a Internet. Una vita di costanti bilanci e valutazioni quella di Cirillo, che ha prodotto antologie sulla vita dell’uomo, sugli spazi dell’anima, sull’esperienza dell’umanità che immancabilmente portano ad una riflessione profonda sulla vita e sul mondo. La pittura di Cirillo riproduce la tentazione di un artista estremamente attento che esprime messaggi d’amore in poesia e in pittura, quest’ultima vibrante eraccoglitrice di contraddizioni, slanci, appelli incentrati sui tre presupposti ad ogni divenire, tre modi di essere, definiamoli “vitali” e riconducibili ai nodi energia-intelligenza-ostacoli, dove l’energia è la vita, il movimento, l’essere umano dalla singola vitalità; l’intelligenza ne è la razionalità che si trasforma in un cammino di crescita, dalla scoperta della ruota o della zappa fino alle conquiste della tecnologia moderna; gli ostacoli nella ricerca della libertà, la necessità di abbattere i fili spinati della mente e del corpo alla ricerca della libertà in un rinnovato e curioso omaggio al rinascimento perenne.
Cirillo Iussa ha partecipato a numerose collettive: Udine (1974, 1975), Trieste (1976, 1977), Buenos Aires(1980), Los Angeles (1984). Ha ricoperto la carica di sindaco del comune di San Pietro al Natisone nelle legislature1963 e 1972, quest’ultima interrotta anticipatamente per motivi di salute.
Le Bečke
Non c’è stata sagra nei paesi della Val Natisone senza la presenza dello storico e tanto atteso tavolino delle Bečke, cui i bambini della generazione degli anni ’50 e inizio ’60 facevano rifornimento di kolači, bottigliette di acqua dolce coloratissima, orologi di plastica, tira-molla qualche volta impolverati, chewing-gum, bottigliette con caramelle a forma di palline piccole e colorate, braccialetti, orecchini, anelli e liquirizie. Il giorno della sagra, generalmente poco prima della messa, il tavolino di Pia e Maria era già allestito all’ombra, imbandito di dolcezze e con i cesti a lato, conteneti chissà cosa. Pia e Maria raggiungevano la località di festa con la bicicletta e il povìarak al quale erano appesi i cesti. Noi bambini di Ponteacco ci consideravamo fortunati perché bastava andare a casa di Pia e Maria per poter acquistare caramelle anche „fuori orario“.
Giš
Orpo di Baco, ti meto nel saco, questa era la terribile frase che molti bambini di Ponteacco, Tiglio e Mezzana hanno sentito pronunciare da Giš (Guido Manig, 1892-1966), proprietario della kovačia di Ponteacco, il laboratorio artigianale dove quest’uomo (buonissimo ovviamente) ferrava i cavalli, legandoli agli anelli di ferro ancora conficcati nella parete dell’officina. La kovačia ci sembrava un locale immenso, dove in fondo alla stanza c’era il mantice e i tizzoni di carbone roventi. Le pareti erano nerissime, come i vestiti che Giš soleva indossare. La sua storica frase la pronunciava con un curioso suono guttural-labio-velare e muovendo velocemente il pollice, indice e medio. Alla fine, molti erano i bambini ex-terrorizzati che ogni tanto frequentavano la kovačia di Giš.
Pierino
Petar Morielaz rimane una tra le persone più benvolute del paese per il suo carattere mite e per le conseguenze derivanti da un grave incidente accadutogli il 28 giugno 1973, quando crollò la passerella di Biarzo sul Natisone, incidente che causò la morte di 4 persone ed il ferimento gravissimo di altre 7, Pierino compreso. Pierino era un apprezzato elettricista e la sua professione si interruppe il giorno della sciagura. Per molti anni il nostro paesano ha vissuto intensamente la realtà del nostro paese, essendo considerato persona di casa da quasi tutti i ponteacchesi. Oggi Pierino e’ ospite di una struttura assistenziale a Gemona e spesso riceve la visita di paesani che mai lo hanno dimenticato.
Zef
Zef (Zef Margjinaj, 1921-1992) voleva molto bene ai bambini e, durante la sua attività di fruttivendolo ambulante, spesso dava ai piccoli i primi assaggi fragole o ciliegie. Zef e’ ricordato come testimone della causa di libertà dell’Albania oppressa dalla dittatura di Enver Hohxa. Residente a Tiglio, era nato a Bozhiq-Selita. La sua giovinezza e’ stata alquanto avventurosa, essendo stato un punto di riferimento per la causa anticomunista albanese. Ha scritto due libri: Marcia di un albanese verso la libertà (1988) e Piccolo compendio della grande storia dell’Albania (1990).
Tončič
Uno tra i personaggi più conosciuti di Mezzana è stato il professor Anton Birtič (nato Antonio Birtig, 1921-2008), fondatore del gruppo musicale Beneški Fantje, che ha raggiunto un certo successo in tutta l’allora Jugoslavia. Ha prodotto vari LP di musica popolare ed è tutt’oggi considerato uno tra i più affermati fisarmonicisti delle Valli del Natisone. I decenni del dopoguerra, fino all’implosione della Federativa, hanno visto Anton Birtič impegnato nella cosiddetta e controversa causa jugoslava.