La seconda parte della sala dell’osteria era forse la più bella, la privilegiata perché le due finestre si aprivano sulla piazza e si poteva osservare tutto il movimento che avveniva in paese. I due tavolini vicino alle finestre erano strategici. L’osteria aveva un odore tipico, che mai più si è ripetuto, un misto di varechina e un mix di fumo di tabacchi. Durante i mesi estivi dal soffitto pendevano due strisce cattura-mosche ricoperte di un adesivo appiccicoso che tratteneva gli insetti. Diana era coadiuvata da Bepo Onesti, persona corretta e rispettata, che la difendeva a spada tratta da ubriachi o provocatori. Il WC dell’osteria era nel caseggiato di fronte all’ingresso, a sinistra. Appariva come un lungo corridoio con in fondo un buco centrale, due mattoni pieni cementati dove appoggiare i piedi e alla parete a sinistra un chiodo con i fogli di giornale, antesignani di ciò che oggi sono i 10 piani di morbidezza. Verso la fine gli anni ’60 l’osteria di trasferì nella grande casa di Emaz e della Gemma, acquistata da Mon di Montefosca …