Tra 19 giorni il solstizio d’inverno inaugurerà la nuova stagione e sarà il giorno più corto dell’anno. Per la nostra società di un tempo, dal Natale all’Epifania si estendeva il periodo magico dell’anno, pieno di portenti e meraviglie, quasi idoneo agli scambi tra il livello umano e quello sovrumano, fra terra e cielo, tra fuoco ed acqua, elementi cosmogonici che erano celebrati nelle congiunture solstiziali dai cerimoniali liturgici, dai rituali magici e dalle pratiche popolari quasi certamente di origine celtica, collegate al giro del Sole nel firmamento. Pochissimo è stato tramandato ai giorni nostri, in questa nostra società massimalista più affascinata da ciò che avviene dall’altra sponda dell’Atlantico, che da quanto abbia fatto parte della cultura dei nostri avi. Ed è dal solstizio invernale, momento in cui il sole tocca la sua morte simbolica, per poi cominciare a risalire gradatamente l’arco del cielo, accompagnato da tutte le filastrocche e i proverbi che si trovano nei “lunari” anche oggi in edicola. Non è un caso che la nascita di Gesù sia fissata al 25 dicembre e quella di Giovanni Battista, suo precursore, il 24 giugno: il “Sole vecchio” del solstizio di giugno annuncia e precede il “Sole nuovo” del solstizio di dicembre.