Libertà che arrivò il 27 gennaio dell’anno successivo. Prima però Elda dovette affrontare il cosiddetto “viaggio della morte”, stipata su un carro ferroviario aperto, per due notti e un giorno a -20 e sballottata in altri due campi di sterminio. La libertà fu inattesa per lei e per tutti gli altri prigionieri. Da un giorno all’altro non c’erano più guardie, poi arrivarono i militari sovietici che rifocillarono lentamente tutti i prigionieri, lasciando liberi man-mano che recuperavano le forze. Con un treno (normale) Elda raggiunse Praga e poi, dopo molti giorni Lubiana. Da qui arrivò a Caporetto e, a piedi, fino a Ponteacco. Il primo che la vide e la riconobbe è stato Remič che è corso da Beniamino a dare la bella notizia. «Benjamin je paršlà Elda, se j uarnìla» (Beniamino è tornata Elda!) gli urlò mentre stava mungendo e come reazione si ritrovò in faccia il secchio e una parte di latte appena munto. Era la comprensibile reazione di un padre che riteneva la figlia ormai morta. Apparve poco dopo sulla porta di casa questa ragazza ridotta a pelle ed ossa, che solo la fortuna non l’ha fatta impazzire per tutto ciò che ha subìto. Il resto della vita di Elda fu contrassegnato da questa tragica esperienza di cui mai volle parlare se non con gli stretti familiari, che oggi sono i testimoni delle sue parole.