14.10.2021, Calzature modeste, piedi nudi (2/2)

   A giudicare dai pochi esemplari superstiti, la maggior parte delle calzature dei nostri avi sembrano di manifattura semplice e la differenza tra scarpe maschili e femminili era davvero minima. Nella Bassa friulana si usavano sandali a suola piatta, di cuoio, mentre da noi il contadino che lavorava nei campi, che “komadava” la stalla, che lavorava sotto la pioggia e la neve si proteggeva i piedi con zoccoli dalla suola di legno rivestiti con il cuoio ribattinato ai lati nella parte superiore. Ci siamo già occupati delle persone del paese che producevano scarpe in cuoio, calzolai, e delle donne che creavano le pedule. Verso la fine dell’Ottocento si iniziò ad adottare il metodo “a tomaia rivoltata”, ovvero la calzatura era riprodotta su una sagoma, cucita e inchiodata alla suola e poi rivoltata in modo che la si potesse infilare con estrema facilità. Risalgono a quel periodo le “bòte”, gli stivali fino a metà polpaccio, che piacevano a tutti e apparentemente indistruttibili. Anche le calzature avevano un loro codice: dovevano essere sobrie, eleganti e, per quanto riguarda le donne, su questo (anche in questo) vigilava con attenzione l’onnipresente Chiesa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *