Quattro volte all’anno la messa domenicale di Ponteacco era celebrata da un sacerdote esterno e una volta al mese dal parroco, mentre le restanti domeniche dal cappellano. I quattro appuntamenti speciali vedevano la presenza di don Di Giusto, rettore dell’austero collegio di San Pietro al Natisone, di don Paolino Venuti fratello del parroco, di don Walter di Antro e di un altro sacerdote a rotazione, che poteva essere di Azzida, Brischis, Lasiz o Vernasso. Quella domenica, così come per le messe delle domeniche con il parroco, la presenza in chiesa era quanto mai consigliata. Le assenze non giustificate potevano essere rischiose e causare difficoltà per trovare il posto di lavoro, forse anche la promozione scolastica. Appena il parroco parcheggiava la sua auto tra l’osteria e la cappella, un velocissimo tam-tam correva per il paese e tutti lasciavano gli attrezzi usati in quel momento per raggiungere la chiesa velocemente, possibilmente mentre suonavano ancora per la seconda e ultima volta le campane della chiamata. Il nome degli assenti era citato durante la predica: nome, cognome con qualche breve considerazione! Le quattro domeniche speciali erano caratterizzate dalla sontuosità dell’appuntamento, spesso costituito da prediche monumentali, della durata di oltre mezz’ora. Anche il parroco (monsignor Bertoni o monsignor Venuti, subentrato al primo) amava i lunghi sermoni, seguiti da gente sempre più distratta man mano che i minuti scorrevano. Quando il sacerdote esagerava in discorsi prolungati o astratti, il nostro paese possedeva due sistemi di “avvertimento, “di tagliare” rivolti al parroco: la sedia di Emaz, usata solo da lui in quanto altrimenti chiusa con catenella e lucchetto, che iniziava a cigolare sempre più insistentemente, oppure i ripetuti colpi di tosse del colonnello Doro (nonno di Lorenzo e Giovanni), rumori che annunciavano inequivocabilmente che il tempo era scaduto.