16.05. 2014 Torrentelli di superficie, vene d’acqua sotterranee, rupe, inghiottitoi, grotte carsiche e sorgenti del nostro territorio.

(3 di 5 / articolo di Renzo O.)                                                      

                                                                    Ponteacco prima del nuovo acquedotto aveva la sua riserva d’acqua a monte del paese, in località “Močila”, la presa era stata ricavata sfruttando una sorgente che sgorgava a fianco del patok che, scendendo appunto dalle Močila, attraversava tutto il paese e andava a scaricarsi sul greto del Natisone passando a fianco della casa dei “muzoni”. Tutte e tre le borgate che fanno capo a Ponteacco, in passato, venivano rifornite d’acqua dalle proprie sorgenti, con le fontane pubbliche dove gli abitanti si recavano ad attingere. A causa degli accresciuti bisogni delle famiglie, che nel frattempo avevano portato l’acqua nelle case, quelle sorgenti si rivelarono insufficienti, quindi si dovette ricorrere all’aiuto del grande acquedotto “Poiana”.  Il nostro territorio, che nella parte alta è composto da rocce calcaree, scendendo di quota, trova strati di marna e, più a valle ancora, conglomerati di ghiaie, trascinate a valle dagli antichi ghiacciai che hanno scavato le valli.  Attraversato da monte a valle da un reticolo di vene sotterranee scavate dalle acque, il nostro sottosuolo, a causa di crolli sotterranei, ha formato numerose grotte, anfratti e foibe; non di raro, queste “rùpe”, quando non sono troppo profonde e verticali, ci permettono di scendere e accedere a quelle acque. I contadini che falciavano i prati apprezzavano questa comodità: potevano rifornirsi di acqua fresca senza doversela portare da casa o da chissà dove. Io conosco e ho visitato diverse di queste cavità, alcune erano diventate nascondiglio di materiale bellico, che subito dopo la guerra i nostri padri “infoibavano”, dopo averlo sequestrato ai bambini che ne trovavano molto, abbandonato in ogni dove da soldati in ritirata, e che, non riconoscendone la pericolosità, rischiavano di farsi male!!!  Ho visitato grotte inesplorate che, come “sala degli spaghetti” (sottili, bianche stalattiti), non avevano niente da invidiare ad altre grotte più famose; una di queste nostre, che aveva l’accesso attraverso una “rupa”, seguiva il corso di un ruscelletto; io e altri due amici, armati di fanali a carburo, l’abbiamo esplorata nella parte verso valle (per andare a monte non eravamo attrezzati), non senza difficoltà, tra stretti budelli e ampie sale;  dopo circa 300 metri di discesa, tra fango e stalattiti, siamo arrivati in un punto da dove, in alto, si scorgeva un po’ di luce del giorno, mentre entrava pure aria fresca dall’esterno: sopra di noi passava un “patok” lungo il quale spesso, andando a funghi, mi soffermavo a sentire un gorgoglio d’acqua venire su dal sottosuolo. Ragni, cavallette ed altri strani insetti popolano quella grotta che mantiene una temperatura fissa attorno ai nove gradi, estate e inverno.

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