Era una prerogativa tutta e solo maschile il concedersi una pausa di lavoro almeno la domenica pomeriggio, da trascorrere generalmente nelle osterie del territorio, che erano presenti in tutti i paesi delle Valli. Finite le opravila (i compiti), dopo il pranzo costituito dal brodo, da un osso da un pezzetto di carne in umido, iniziava il relax maschile, mentre le donne svolgevano quelle opravila lasciate indietro: lavare la casa, fare il bucato, sistemare l’orto, ripulire la stalla dal letame, mungere. Questo nell’attesa del ritorno del marito e chissà in quali condizioni, dopo aver trascorso il pomeriggio in osteria, dalla Mihelinka o Cosmacini di Sorzento, oppure a Cras con ultima sosta a Tiglio. Se la donna raramente dismetteva i vestiti da lavoro, l’uomo invece non usciva da casa senza aver indossato il “ghvànt”, ovvero il vestito del dì di festa con il cappello più bello e spesso anche il bastone. Insomma, agghindato così come succede oggi, che si attende con impazienza il freddo per roteare la sciarpetta leggera al collo. Ci sono molte testimonianze fotografiche che immortalano i nostri nonni e bisnonni tutti eleganti e ben disposti a santificare la festa.