Le Valli uscirono indenni dall’epidemia, mentre a Udine non si sapeva come gestire l’impressionante quantità di cadaveri. Recentemente le analisi del DNA in campo archeologico hanno risolto un enigma vecchio di secoli: l’origine geografica della peste nera. Sull’ultimo numero della rivista “Nature” sono pubblicati gli studi svolti su alcuni resti di corpi sepolti in quel periodo e su alcune iscrizioni rinvenute su sassi levigati in Kirghizistan. Si tratta di materiale prezioso che finalmente dà una risposta scientifica e definitiva su questo argomento che ha impegnato per secoli scienziati e studiosi. Combinando il genoma del batterio della peste rinvenuto sui resti umani con i precedenti sequenziamenti effettuati in Europa, i ricercatori hanno concluso che la pestilenza potrebbe aver avuto origine proprio in Kirghizistan, per espandersi poi nel vecchio continente, originata dal morso di pulci infette. In quei tempi la popolazione viveva in condizioni igieniche drammatiche, praticamente con gli animali che allevava, favorendo così il rapido dilagare dell’epidemia. La peste, sia essa nera, gialla o blu, è considerata oggi una malattia non debellata e gli allevamenti intensivi privi delle necessarie precauzioni igieniche costituiscono un pericolo per la collettività.