«Lo Stato non è la soluzione, è il problema», questo è quanto sosteneva negli anni Ottanta Ronald Reagan. Da quella frase sono partite le politiche neoliberiste, che hanno poi attecchito negli USA e in Occidente. Una cura dimagrante con tagli scellerati alla sanità, alla scuola, all’università, ai trasporti e ai beni comuni. E in Italia o in UE stiamo bene, a parte il pesante debito pubblico che gli italiani hanno sul groppone. Questa teoria, liberista, seguita dalla pratica, è stata un brutto errore e l’emergenza sanitaria ci ha fornito la prova. Un nostro affezionato socio lombardo ci dice che molte vite potrebbero essere state salvate in Lombardia se non fossero stati chiusi gli ospedali per favorire le cliniche private. Tutti i governi che hanno aderito alle scellerate parole di Reagan oggi investono ancora risorse immani per fronteggiare l’emergenza e per fortuna che c’è il servizio sanitario! Il cosiddetto “Welfare-State”, lo Stato sociale, ritrova la sua importanza, inventato nel Novecento per rendere effettiva l’eguaglianza, per soddisfare una domanda di giustizia. In America si sceglie chi guarire, passa il paziente con un buon conto corrente e chi ha più di 80 anni ed è privo di requisiti espressi in dollari, è escluso dalle cure. Spesso ci dimentichiamo di poter contare su uno Stato sociale. Ci dimentichiamo perché se digitiamo su Google “Stato sociale”, fra i primi 10 risultati 9 riguardano una band musicale.