22.09.2021, La carta d’identità (2/2)

   I primi documenti d’identità distribuiti in paese erano finalizzati all’autorizzazione del movimento di commercianti, considerato che era davvero modesta la distanza con l’Impero, solo 9 chilometri. Prima dell’arrivo delle foto-tessera, la carta d’identità era una specie di diploma, un salvacondotto. Poi arrivarono i documenti con le foto, scattate nei laboratori fotografici Verderi o Bront di Cividale. Si andava “a posare” ben pettinati, con la giacca o la camicia, mentre le signore provvedevano a mettere a posto i capelli e a indossare i vestiti di festa. Le foto erano consegnate in una busta con finestrella interna e a loro volta almeno due erano trattenute dal funzionario comunale che rilasciava il tanto atteso documento. L’Ufficiale d’anagrafe incollava con la colla Coccoina una foto sul documento appena compilato e l’altra sulla scheda destinata al Comune. Le firmava il Sindaco, ma molti ricordano ancora la firma dell’ufficiale d’Anafrafe Rizzi, costituita da una “R” ampia e sproporzionata, seguita poi per alcuni decenni da Specogna e infine Zabrieszach. Il futuro della Carta d’identità riserverà molte sorprese. Ad esempio, in Germania il documento è dematerializzato: una app sul telefonino, accessibile con codice segreto, fornisce il documento d’identità, simile a quanto accade oggi con il “Green pass”. Basterà leggere il QR-code del proprio documento digitale e recarsi alle urne in qualsiasi seggio, o esibirlo così a un pubblico ufficiale.

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