24.02.2022, Disinfettanti (2/2)

   Al bordo della strada principale del nostro paese scorreva il patòk della fognatura a cielo aperto. Si trattava di un collettore delle acque dei pochi bagni e delle cucine del paese. Appariva come  rigagnolo dal colore grigio e certamente non ben odorante. A volte i bambini giocavano nell’alveo di questo fosso, creando piccole dighe e scavando la ghiaia tranquillamente a mani nude per creare un bacino ancora più profondo. C’era una barriera protettiva antibiotica senza precedenti in quei bambini, spesso pieni di graffi, sbucciature, tagli. Si trattava di abrasioni curate alla meno peggio, senza cerotti, senza la minima preoccupazione di infezioni. Rimaneva sempre il rimedio della grappa o della colorata tintura di iodio, detta anche “tintura di odio” composta da una miscela di alcol e ioduro di potassio, considerata ancor oggi un ottimo disinfettante. Negli anni ‘50 c’era ancora l’abitudine di applicare della terra umida sulla ferita! Una signora di borgo Petrina rimase ferita al polpaccio con la vila. La ferita era piuttosto profonda. Fu convinta di applicare alcune manciate di terra sul taglio sanguinante. Purtroppo l’esperimento non funzionò: il tetano ebbe il sopravvento e la signora morì tra dolori atroci.

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