Le uova sode, strapazzate e le frittate hanno attenuato i morsi della fame di tutte le generazioni che ci hanno preceduto. La cottura delle verze produceva un profumo penetrante, che tutti ricordiamo e che oggi a buon ragione accompagnano la carne di maiale, così come la brovada di rape che costituisce assieme al muset una specialità valligiana. L’orto forniva i sapori forti dei piatti che oggi assaggiamo in formato “souvenir”: la cipolla, l’aglio, il sedano. Prima dell’arrivo delle latterie turnarie di Tarcetta, Azzida e Vernasso, ogni famiglia preparava il proprio formaggio, il burro e la ricotta inizialmente da latte ovino e caprino, poiché le mucche erano piuttosto delicate, esposte a frequenti malattie e epidemie. La perdita di ricette, la mancata trascrizione della tradizione popolare ci hanno fatto perdere piatti irripetibili e, se è vero che siamo ciò che mangiamo, abbiamo purtroppo perso una porzione della nostra identità.