L’osteria Pocovaz, proprio “tà na ziast” (sulla strada), era un’attività a conduzione familiare piuttosto vivace. Si svolgevano piccoli campionati di bocce, di carte e una o due volte all’anno anche la festa con il ballo. Il “brejàr” (pista) era collocato di fronte al locale, dove oggi c’è il piccolo prato adiacente al campetto da calcio. Non ci è nota la provenienza della struttura in legno, ma al tempo era considerata particolarmente precisa negli incastri che permettevano lo svolgimento dei balli senza inciampi o slogature. Nel giardino c’era una ricca pergola di vite, per la sosta dei clienti … all’ombra, che in trevigiano è il “tajùt”. Il locale, come tutti del resto, aveva il proprio “cagadôr” (francesismo utilizzato per intendere “WC”), collocato non proprio vicino all’abitazione, ma a una ventina di metri, troppa per i pigri che di notte facevano pipì, complice l’assenza di illuminazione pubblica, contro il muro dell’abitazione vicina il cui proprietario stanco di vedere il proprio muro sempre bagnato e maleodorante, decise di costruire un piccolo muretto di separazione tra le due case. Dopo la scomparsa di Tonza, il locale passò in gestione alla figlia Maria e suo marito, Carmelo, che aveva problemi di deambulazione. Posizionò a metà altezza del muretto due pietre piatte a mo’ di davanzale. Si appoggiava lì ed era il miglior posto per arrotolare il tabacco nella cartina.