“Chi è morto?”, questa era ed è la domanda tipica di chi sente il triste suono della campana che annuncia la scomparsa di una paesana, di un paesano. Un’abitudine che si perde nella notte dei tempi, quella di intuire il nome della persona scomparsa, per poi vederselo confermare dalle voci del paese. A Ponteacco quest’abitudine subì una modifica della durata di oltre un ventennio, quando la funzione del mesnar (il nonzolo/sacrestano) fu svolta impeccabilmente da Toni Petrina, padre di Felicita, Maria e Luigia. Toni era già piuttosto anziano (forse ben oltre la cinquantina?) e trascorreva la maggior parte delle sue giornate in casa o negli spazi immediatamente vicini all’ingresso. Gli piaceva fumare il tabacco e lo faceva meditando, pensandoci su. Quando in paese si verificava una scomparsa, un familiare del defunto andava da Toni e lo chiamava presso l’abitazione per stabilire il momento del suono dell’Avemaria e l’ora probabile del funerale. La famiglia, per riconoscenza, elargiva al nostro mesnar un piccolo contributo economico, così come succede oggi. Prima di rientrare a casa, Toni faceva una rara sosta in osteria, gestita dalla Ilva o forse dalla Diana nei suoi primi anni. Vedendo la sua figura in piedi al banco, in attesa della consegna del tabacco, numerosi gli si avvicinavano chiedendogli: “Dùa j’umrù”, venendo a sapere della dipartita del paesano, ancor prima del suono dell’Avemaria.