Ne parlavamo domenica scorsa al Centro. Si è trattato di un atteggiamento esecrabile, che oggi sarebbe giustamente perseguito penalmente. Un tempo i monsignori erano dispensatori non solo di particole, ma anche di sonori ceffoni, pizzicotti, tirate di capelli sopra le orecchie, dove fa più male, bastonate sui palmi della mano. E una volta tornati a casa, tutti i picchiati se ne stavano ben attenti a non raccontare le violenze subite per non prendere un’altra lezione di botte dalla mamma. Tutti, tranne un socio di Tarcetta che, tornato a casa con i lividi, ha scatenato le ire del padre: in due minuti è giunto ad Antro, voleva sollevare il parroco da terra infilandogli le dita nel naso. Ma sono necessarie alcune distinzioni. Gli ultra quarantenni hanno una tenue immagine di monsignor Venuti, ricordato come parroco severo, se vogliamo intransigente, ma non certamente violento. Qualche scapaccione l’ha dato e chi lo ha ricevuto forse sa che in qualche modo se l’era meritato. Domenica scorsa parlavamo del suo predecessore, molto severo, al punto di camminare accompagnato da un bastone sulla cui punta c’era una fessura, un intaglio che inseriva tra i capelli del malcapitato, ruotandolo di mezzo giro in senso orario fino ad “avvitare” i capelli. Ecco perché in quel periodo a dottrina tutti andavano con i capelli molto corti! Ma per il parroco c’era la soluzione: mani aperte e appaiate, e giù una bella bastonata, particolarmente dolorosa. Oggi come oggi questi comportamenti sono associabili alla perversione. Ma che senso poteva avere una tale violenza sui bambini? Li ha creati migliori?