È passata nella storia del cinema la scena che vede il compianto Bud Spencer alle prese con un tizio che gli tira un cazzotto in pancia e lui neppure si scompone. Poi, accorgendosi, lo atterra con un “petrus” sulla testa. Chissà se la vicenda è stata copiata da un fatto simile, accaduto in piazza a Ponteacco molti anni fa, forse due o tre dopo la II Guerra mondiale. Gino Bazavòn era un autentico colosso: alto, robusto e muscoloso. Era una persona rispettata in quanto rispettoso di tutti. Tranne un giorno in cui fu avvicinato da Paulìs che gli sferrò un pugno in pancia, senza motivo, davanti a numerose persone, tra la cappella e la fontana. «Così danno i pugni gli artiglieri di montagna!» disse Paulis all’alpino Gino, che si sentì offeso sia per il cazzotto ingiustificato, sia per il paragone artigliere-alpino, vicenda piuttosto sentita all’indomani del conflitto mondiale. Gino effettivamente si accorse di quel pugno allo stomaco. Per lui si trattava di una “carezza”. Senza pensarci due volte, sotto gli occhi increduli dei presenti, prese Paulis, lo sollevò da terra con una mano e lo scaraventò nella korita della fontana, il vascone dove si abbeveravano gli animali della stalla. Lo tirò fuori dall’acqua ancor fredda (sarà stato marzo-aprile) e lo rituffò per altre due volte. Finita l’operazione, Gino si spolverò le maniche della giacca, si aggiustò il cappello e continuò la sua conversazione con i paesani. Paulìs si alzò grondante dalla korita e, lasciando una scia d’acqua, guadagnò la strada di casa lungo la Gorìza, magari riflettendo su quanto accaduto.