30.07.2020, La signora Luigia (2/2)

   Chi scrive, ricorda la signora Gigia intenta a cucinare la polenta, spesso gialla, adagiata su un tagliere che sembrava immenso nel suo diametro, sul cui manico era arrotolato un filo bianco che serviva per creare generose fette. Si andava dai Serafini la sera a comprare il latte appena munto, contenuto in un grande secchio di metallo appeso sopra il seglàr (acquaio in pietra) della “cusìna sporcja” (cucinetta). Gigia aggiungeva sempre mezzo bicchiere di latte oltre la misura richiesta. Non erano anni semplici quando sono nati i 10 fratelli. La famiglia Serafini non ha mai stretto la cinghia come quasi tutte le altre famiglie del paese, anzi, era benestante perché in stalla c’erano molti animali, soprattutto torelli che ogni sera, in fila indiana, raggiungevano la fontana della piazza per abbeverarsi. La periodica macellazione di un bovino permetteva una buona disponibilità di carne, che era venduta anche per altre famiglie. Gigia ha fatto storia, una storia del paese. Ecco perché non è stata dimenticata.

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