La notizia di oggi prende lo spunto dalla riunione del Consiglio direttivo di lunedì scorso. Ci siamo accorti che al Centro non abbiamo una marca di birra che si identifichi come prodotto proposto ai soci. In questi 13 anni di attività siamo passati da un marchio all’altro, addirittura di provenienza geografica un tempo impensabile. Tra noi i giudizi su tale bevanda sono abbondanti e anche molto diversi uno dall’altro. Si dice che la Laško, da quando è passata con Heineken, non sia più la stessa, così come la Union. La Villacher o le birre bavaresi superano il severo giudizio di chi s’intende, mentre le birre locali sono artigianali, di nicchia e piuttosto care. Facendo una breve analisi sulla bionda tanto amata in Friuli, si scopre che il suo inizio è datato oltre il 2000 a.C., quindi oltre 4000 anni di storia. Tuttavia è necessario attendere il Medioevo e i monaci dell’abbazia di Weihenstephaner di Monaco: a loro spetta il merito di aver inserito nella ricetta il luppolo, ancor oggi utilizzato in tutti i birrifici. I vasti campi nei pressi di Celje, e più in generale tra Lubiana e Maribor, sono coltivati con metodo estensivo a luppolo, pianta rampicante, le cui infiorescenze donano alla birra il caratteristico sapore amarognolo, svolgendo anche un’importante azione antisettica e conservante. L’editto della purezza, il “Reinheitgebot”, promulgato da Guglielmo IV stabilisce che la birra può essere prodotta con tre ingredienti: il malto d’orzo, l’acqua e il luppolo e chiunque trasgredisce questo decreto –scrive il testo- è punito con la confisca di tutti i barili di birra. L’Editto sarà abolito solo nel 1992, anno in cui l’Europa obbliga la Germania ed adeguarsi alle normative comunitarie. …