Precisiamo subito che si tratta di sant’Antonio abate e non Sant’Antonio da Padova. Nato e vissuto nei deserti egiziani (254-356), è considerato il padre del monachesimo. Oggi si celebra la data della sua morte che coincide con questo periodo di “preprimavera” e il calendario presenta sotto il profilo meteo quello che dovrebbe essere il periodo più freddo dell’anno, o comunque di transizione rivolto verso l’equinozio di primavera e quindi verso l’apertura di un nuovo ciclo naturale ed agrario. Tra Epifania, Carnevale, Mezzaquaresima, Candelora, Ceneri e Quaresima, la festa di sant’Antonio abate di fatto “ingloba”queste funzioni purificatorie, volte a favorire la fertilità della terra. Secondo le leggende e le cronache riferite all’anacoreta egiziano, patrono di Clenia, questo potente uomo di preghiera vinse le tentazioni del demonio e fu guaritore dell’herpes zoster, il cosiddetto “fuoco di sant’Antonio”, ma a queste funzioni agiografiche furono aggiunti simbolismi tratti dal mondo animale (il mito celtico del cinghiale-Lug), compreso il maialino che accompagnava l’illustre santo cristiano con la campanella al collo. Solo così si spiega la grande popolarità del santo, protettore degli animali domestici. Tutte le stalle del paese avevano un effige del santo con la barba, munito di bastone con la campanella , con ai piedi un suinetto, un cane e la figura del diavolo sconfitto. Le immagini potevano essere diverse da stalla a stalla (quella dei Mihciovi era diversa da quella dei Markici), ma non una cosa in comune: un buon dito di polvere di fieno sul quadretto.