Le ruote delle biciclette dovevano fare i conti con le strade bianche del contrado e molte volte rimanevano a terra, con il copertone bucato dalla spigolosità delle piccole pietre. “Silverio, pe postròis bicikletu?”, “Pustìu kle, bom vidu” e dopo mezz’ora la bicicletta era già preparata. “Ce nìamas za me placiat pust placiane dvia spagnolete ta par Dian” (Silverio mi aggiusti la bicicletta? – Lascia che vedrò – Se non hai soldi, lasciami pagate due sigarette dalla Diana). Era una persona disponibile e la descrizione della sua officina meriterebbe una notizia. Dolinda e Silverio, originario dei Raccaro di Tiglio, avevano una figlia e un figlio. Quest’ultimo è tornato malato dal Belgio ed è morto giovane, mentre la figlia Veglia, considerata una brava maestra, era a sua volta mamma di Vallì. Facendo due conti, Veglia era del 1931, diventata mamma in giovane età. Vally probabilmente è, o era, del 1950-1951. Veglia negli anni ’60 si trasferì nella città di Roma, a quei tempi un autentico miraggio per tante valligiane. È venuta un paio di volte a Ponteacco soggiornando in un hotel, poi da un punto in bianco si sono perse le sue tracce. Si sa solo che è morta alcuni anni fa. Vally se n’è andata da giovane e non ha più fatto ritorno. È la storia di una famiglia letteralmente scomparsa.