13.09.2023, Le nostre minestre (1/2)

Hanno rivestito un ruolo fondamentale nella nostra alimentazione. Tutt’oggi si tratta di un piatto gradito, nonostante l’assalto imperante di primi asciutti. Il termine “minestra” è molto antico e si trova scritto sin dal ‘200. Deriva dal latino “minestrare”, che vuol dire somministrare e anche servire a tavola. Questa parola ha assunto nel tempo un significato un po’ deteriore, anche perché spesso sinonimo di brodaglie senza alternativa. Sono nati così molti detti: “mangiare sempre la stessa minestra”, “mangiar questa minestra o saltare dalla finestra”, “un piatto di minestra non si nega a nessuno”. Il diminutivo minestrina si riferisce sempre a piatti in brodo leggeri, mentre l’accrescitivo minestrone indica una preparazione a base di verdure e pasta (tajadèje). Il termine “zuppa” è invece molto più recente (XV-XVI sec.) e deriva dalla voce gotica “suppa” che vuol dire “fetta inzuppata”. La sua preparazione è infatti costituita da pane (raffermo) immerso in un brodo di legumi e verdure. Fino agli anni ’60 e forse poco oltre, non c’era almeno un pasto senza minestra. Era cucinata in pentole di terracotta, spesso sorrette da una rete esterna e il profumo costituiva un carattere distintivo. L’alternanza di minestre non era poi così limitata, ovvero i gusti spaziavano dai gusti forti a quelli semplici, odiati soprattutto dai bambini. Domani passeremo in rassegna alcune minestre popolari, che tutt’oggi sono riproposte, specie le più saporite …

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