Da “Paese di Frontiera” di Dino Menichini, capoverso 2.
Non urla più la bora che pur ieri vorticava in un folle carosello
l’ultima neve, i cani non abbaiano più: sugli orti è sceso
un silenzio incredibile, la vita sarebbe una parvenza se oltre i vetri
della tua casa i lumi del presepio non dicessero oggi una precisa
data di fine anno. Dòbar Bosìč sussurro, e trasalisco
ritrovando la tua nella mia voce. An tebè, pure a te il Natale porti
serenità e letizia, questa pace che i lumi del presepio intorno effondono
sia con te oggi e sempre.
Da quanti anni, da un tempo immemorabile, il povero paese di frontiera
si restringe ancor più nel mite lume del Natale che dona dolci e neve
ai bambini, una festa di pensieri, il riposo di un giorno alla fatica.
Finalmente una tregua anche per te che salivi nel bosco perché il tavolo
avesse muschio in abbondanza e il grande abete raggiungesse
il soffitto. Lievissime le dita disponevano ghiaia e statuine
intorno alla capanna di Gesù, multicolori globi e caramelle
fra i rami dell’eccelso albero di Natale. Io specchiavo
nei tuoi occhi ridenti la segreta sorda invidia del povero che sa
di avere della festa la più piccola briciola. Eppure lieto
Dòbar Bosič ti sussurravo, e attendere
la risposta An tebè, e il tuo bacio, era il Natale più vero.