Partiamo dal presupposto che la morale sessuale era stabilita da papi, vescovi, monaci, teologi, monsignori, parroci e cappellani, questo fino ad una cinquantina d’anni fa.. Si dice che nelle Valli del Settecento ci fossero vari episodi di poliandria (più mariti per una moglie) con situazioni se non peccaminose, quantomeno imbarazzanti. Fugando sotto le lenzuola dei nostri avi si scoprono variegate situazioni tra il lecito e l’illecito. Papa Gregorio Magno (540-645) aveva pubblicato un’enciclica nella quale diceva che “il piacere non può essere mai senza peccato. L’unione coniugale è immune da colpe solo se c’è l’intenzione di avere figli”. Ma la gente un po’ s’infischiava di questi proclami visto Vannozza Cattanei era una delle amanti di papa Alessandro VI. Quando ha appeso l’organo riproduttore al chiodo, aprì una locanda chiamata subito dai romani “La Locanda de’ a’ Vacca”. Ci sono documenti che attestano la presenza di case di tolleranza a Cividale, frequentate da schiere di valligiani con tutte le conseguenze sulla salute dei nostri maschi. Sembra che un teologo bacchettone cividalese di metà Settecento fosse stato evirato da alcuni sconosciuti. La donna valligiana del tempo, consunta da stenti e fatiche. si preparava pettinando la sua attaccatura dei capelli in modo da alzarla il più possibile per mostrare la fronte (un “must” in campo sessuale). Lo sposo galante si presentava al mattino dalla sua amata con un piccolo dono per compensare la perdita della verginità. La consegna avveniva generalmente la prima mattina dopo il matrimonio. I rapporti extraconiugali erano moralmente condannati. Le adultere difficilmente potevano rifarsi una vita, mentre l’uomo era messo al bando della società, considerato poco raccomandabile.