I giovani d’oggi sono totalmente immersi nella tecnologia, con tutti gli svantaggi che quest’immersione comporta. La tecnologia ha influenzato (diciamo: annullato) le loro opinioni e plasmato l’atteggiamento verso marchi e istituzioni. Fa impressione che un giorno proprio questi ragazzi, molti senza né arte, né parte, né cultura saranno i padroni del mondo. I ragazzi tra i 13 e i 19 anni costituiscono una generazione molto preoccupante: sono cresciuti nella recessione globale, nel terrorismo internazionale, nella pandemia, sono impermeabili a stimoli culturali, incapaci di leggere a fondo un articolo di giornale, utilizzano un linguaggio incerto utilizzando la metà dei vocaboli dei genitori, scrivono con difficoltà un tema o, peggio, un riassunto. Così, oltre allo stereotipo dell’adolescente pigro, ci auguriamo che nasca la voglia di rimettere assieme i cocci lasciati dagli adulti e portarli ad interessarsi alle questioni economiche ed etiche, come il cambiamento climatico o altro. Riponiamo speranza che la reperibilità di informazioni da una parte e il potere dei social-media dall’altra, alimentino il loro attivismo sociale. Insomma, un grande risveglio in cui prevalgano i principi dell’inclusione e della multiculturalità. La situazione, però, è molto seria.