Molti anni fa a due signore di Ponteacco, allora sulla quarantina, successe un fatto che ancor oggi non è dimenticato. Dovevano raggiungere Milano in treno per poi proseguire alla volta della Svizzera, dove lavoravano, con il mitico pullman milanese dell'”Autostradale” che partiva da piazza Castello del capoluogo lombardo. Salite sul convoglio, direzione Venezia per il successivo consueto cambio-treno a Mestre, si accomodarono in uno scompartimento a 8, chiudibile con la porta scorrevole. Seduto al finestrino c’era già un viaggiatore e le nostre paesane presero posto una di fronte a lui, vicino al finestrino e l’altra a fianco. Il signore sfogliava un giornale probabilmente appena acquistato in edicola a Udine. Visto che lo scompartimento era rimasto occupato da queste sole persone, iniziò tra le due paesane un dialogo in dialetto, del seguente tenore: «A gha vidiš (lo vedi)?», disse una all’altra «Ja, me se parì ku tisti gorjani ki pridejo dol taz Mažarùale» (mi sembra come quei “trogloditi” che vengono da Masarolis) e l’altra: «Ja, a vidiš kake čaruje ima?» (Sì, e vedi che scarpe indossa?). Insomma, il dialogo tra le due continuò così fino ad almeno a Treviso, mentre il signore se ne stava zitto per i fatti suoi. Criticarono tutto ciò che vedevano in lui, compresa la sua bellezza/bruttezza. Mancavano pochi minuti all’arrivo a Mestre quando, tutti in piedi pronti per uscire, l’uomo esclamò alle paesane: «Vestè san taz Rečanje» (Sapete, sono di Scrutto). Rimasero a dir poco allibite le nostre paesane che si espressero in dialetto, convinte di non essere comprese.