19.01.2021, Abitudini: mutatis mutandis? (2/2)

   Un tempo i problemi legati alla sfera intima, soprattutto delle nonne, erano “top secret”. Non esistevano gli assorbenti intimi e al loro posto si usavano “fazzoletti” ritagliati magari da vecchie lenzuola, che si lavavano lontano da occhi indiscreti e si mettevano ad asciugare nell’angolo più remoto del solaio o del fienile. Gli uomini abitualmente si lavavano il viso, all’aperto, nel cortile, con dell’acqua tiepida se c’era. Si rasavano appendendo lo specchio al chiodo conficcato in un albero o sul muro esterno. Era abitudine diffusa quella di farsi tagliare i capelli sul marciapiede davanti a casa. L’avviarsi con fogli di giornale sottobraccio verso il cagadôr era cosa normale per entrambi i sessi, così come rovesciare in quel luogo al mattino il secchio con i liquami della notte, raccolti dai vari bukòu o bokalìze (vasi da notte del comodino). Ma mai alcuna persona si è espressa su altri disturbi o fastidi legati a ciò che è strettamente personale. Chi mai aveva sentito parlare di emorroidi? O di visite ginecologiche? C’erano rimedi naturali per tutti i disturbi, tramandati da nonna a nonna. Un paesano intento a costruire il bagno alla fine degli anni ’50 o inizi ’60, fu apostrofato da un suo parente con la seguente frase: ” A se boìš itì sràt tu sìarak?” (Hai paura di andare ad evacuare nel granoturco?”. E parliamo di solo 60 anni fa!

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