01.10.2023, La frutta, che passione!

Una delle grandi gratificazioni di chi possiede un terreno vicino a casa è quella di coltivare qualche pianta da frutto, di qualsiasi genere, per avere la soddisfazione di consumare un prodotto di casa: susini, peschi, meli, fichi, peri, albicocchi. Siamo diventati grandi consumatori di frutta: le aungurie, i meloni, le pesche e l’uva della scorsa estate ne sono una testimonianza, venduta a decine di quintali. Forse non tutti sappiamo che per secoli la cultura e la medicina europea hanno sostenuto con convinzione che la frutta facesse male, al punto di poter essere mortale così come lo fu per papa Paolo II che, dopo aver mangiato tre meloni, fu colto da una diarrea senza fine, che lo portò alla morte. Si consigliava quindi di mangiarne poca seguendo la cosiddetta “teoria degli umori”, ovvero la compensazione tra alimenti freddi e umidi come la frutta fresca con altri più “caldi” come la carne o altri cibi molto salati. La teoria degli umori regge ancora in alcune diete di origine orientale. Ma quell’idea di comprensare il dolce fresco con il salato ci ha lasciato un piatto antico di secoli qui in Friuli: il prosciutto con il melone.

30.09.2023, Il fotovoltaico, tanto utile (2/2)

La nostra Regione ha varato una legge che aiuta coloro i quali intendano munirsi di impianto fotovoltaico. È il momento di ragionarci su per non perdere l’occasione? L’effetto stabilizzante del solare è destinato a crescere, perché in tutta Europa è in corso una frenetica installazione di pannelli, a cui anche la nostra Regione sta partecipando, seppur dopo una lunga pausa. L’Italia sta partecipando con 2,5 GW aggiunti in questi primi sei mesi dell’anno e portano il totale a circa 25 GW, in teoria secondi per potenza solare dopo la Germania. L’Italia è a metà del percorso nella conquista dei GW solari che dovrebbero essere installati entro il 2030 per ridurre del 55% le emissioni di CO2 come da accordi europei. Raffrescamento estivo, tepore gratuito nelle mezze stagioni, contributo al riscaldamento invernale, acqua calda, possibilità di sopperire ai black-out, insomma il fotovoltaico è una risorsa preziosa per tutti.

29.09.2023, La conoscenza della finanza digitale

Pare siamo malmessi sul fronte della conoscenza di questa grande materia, che non a tutti è davvero simpatica e i dati lo confermano: il 70% dei friulani crede che le criptovalute abbiano lo stesso corso legale dell’euro, il 60% è convinto che i contratti chiusi on-line non abbiano valore legale e il 50% ignora che diffondere on-line dati personali porti ad essere profilati e ricevere pubblicità personalizzate. C’è una percentuale per fortuna esigua di persone che condivide con gli amici la password del proprio conto e solo il 20% controlla se i fornitori di servizi finanziari acquistati on-line sono soggetti regolamentati. . Sono dati sconfortanti che inducono a una necessaria alfabetizzazione digitale ma, per consolarci, non siamo gli unici: in Meridione è un disastro e in Europa non è che vada meglio di noi. In Unione Europea un professionista su tre non ha le competenze informatiche di base e quindi nemmeno quelle relative alla sicurezza, soprattutto gli operatori tra i 45 e 65 anni, a rischio di attacchi hacker. L’UE si è accorta di questo grosso problema e sta varando un programma per creare solide competenze tecnologiche e di sicurezza informatica per ridurre di molto frodi e crimini informatici.

26.09.2023, Il fotovoltaico, tanto utile (1/2)

È Renzo Onesti il pioniere del fotovoltaico in paese, poi negli ultimi anni numerosi tetti si sono dotati di impianti simili e anche la sede della Pro Loco prossimamente sarà ricoperta di pannelli. Quando 15 anni fa circa si iniziò lentamente a installare gli impianti, con favorevoli condizioni commerciali con l’ENEL per l’acquisto dell’energia prodotta, molti si preoccuparono che questa fonte inesauribile, ma intermittente di energia avrebbe destabilizzato la rete elettrica, qui da noi soggetta a frequenti e inspiegabili black-out. Renzo è stato previdente e dotato di intuito perché solo oggi si scopre che è proprio il solare a stabilizzare la rete di fronte allo stress del cambiamento climatico e alla diffusione sempre più elevata di impianti di condizionamento dell’aria. Il fotovoltaico produce al massimo proprio nei mesi in cui i condizionatori d’aria portano alle stelle la domanda elettrica. Senza il fotovoltaico, la limitata produzione di energia termica e idroelettrica avrebbe potuto causare un grave scompenso nella rete elettrica a causa delle consistenti ondate di calore, come quelle dell’estate appena passata.

25.09.2023, Ieri al Centro

Domenica così-così ieri al Centro. La gara ciclistica ha rovinato la mattinata a causa dell’interruzione del traffico lungo la statale. Bravissime Lura e Patrizia che comunque sono riuscite a dare un senso al loro turno condotto con il solito entusiasmo e con gustosi assaggini. Di tutt’altro tenore è stato il pomeriggio, durante lo svolgimento di un festoso compleanno. Oggi inizia l’ultima settimana del mese che ci porterà direttamente a ottobre. Auguriamo giorni sereni, carichi di positività.

24.09.2023, Centro frizzante

Centro in piena attività: oggi sarà aperto dalle 10:00 alle 13:00, turno condotto da Patrizia e Laura. Seguirà un compleanno prenotato da alcune settimane. L’altro ieri in sala è stato presentato il libro di Giuseppe Ragogna “Friuli, storie di rinascita della montagna”, presente l’autore, con un’intervista all’imprenditrice Elisa Manig. Poche le persone del paese presenti, ma la sala comunque ha registrato una discreta presenza. La serata è stata giudicata interessante da alcuni, mentre per altri il contenuto del libro è un sogno difficilmente realizzabile. Lo sviluppo della montagna passa anche attraverso Internet: Tarcetta, con la sua Associazione molto attiva, è priva del segnale, così come Montefosca che utilizza la rete slovena. Una signora di Drenchia che deve partorire, in che condizioni arriva all’ospedale? Dove si possono acquistare i beni di prima necessità in montagna? È seguito un interessante dibattito. Ieri pomeriggio al Centro si è svolta la festa del Likof della casa di Alessandro (ex-abitazione di Elio Coren): si è straformata in un ritrovo di amici con una sequenza di cori con repertorio popolare, canzoni che non si sentivano da tempo. Nelle pause, per non perdere la tonalità delle corde vocali, il gioco della morra ha colmato i vuoti. La festa è terminata alle 21. Ci congratuliamo ancora una volta con i nuovi inquilini per gli importanti lavori svolti nell’abitazione e per aver scelto di venire a vivere a Ponteacco. Auguriamo buona domenica a lettrici e lettori.

23.09.2023, La fabbriceria

È stata per molti decenni un’autentica istituzione del nostro paese. Un organo amministrativo che provvedeva e provvede tutt’oggi alle necessita delle chiese di Ponteacco e Tiglio e della cappella in piazza. I suoi compiti, ora presieduti da Marcello, riguardano la gestione finanziaria con il pagamento delle bollette e dei premi assicurativi, le offerte e le donazioni, la manutenzione degli edifici e il rifornimento di materiale finalizzato alle celebrazioni: candele, guardaroba, particole, acqua che poi diviene santa, pulizia, fiori. Attualmente Marcello è coadiuvato da altre due persone. La prima ha una funzione molto importante perché coordina le pulizie, riceve le donazioni, si occupa di fiori e guardaroba; la seconda persona gestisce le campane e verifica la loro manutenzione. Il parroco dice che il nostro è un paese fortunato: la fabbriceria è un sogno anche per le vecchie parrocchie della valle, seguite da un volontario che ha un bell’impegno da svolgere. Un tempo la fabbriceria godeva un riconoscimento giuridico. Era costituita da 6 o 7 paesani “al di sopra di ogni sospetto”. Collegialmente decidevano sulla richiesta dei prestiti da erogare in paese e il loro rientro rateale, la quota degli affitti di campi e altri beni. Gli inadempienti erano direttamente deferiti alla Pretura di Cividale. “On je fabricijer”, lui è fabbriciere, era un indiscusso biglietto da visita.

22.09.2023, Consommé blues (di F.S., 3/3)

Il tempo è tondo e rotola in avanti. Ci siamo frequentati per un breve periodo, tra le sue assenze

incomprensibili e i miei malumori e sospetti, sempre più di rado e spesso nella vecchia 500: io a

fare il fiato e a bruciare i grassi residui e lei a scrivere i suoi aforismi sul parabrezza appannato.

Era un addio annunciato e gli addii non hanno anestetici, specialmente quelli rapidi e definitivi. È

avvenuto tutto in una notte asciutta, con un cielo senza stelle e senza luna. E per me poteva essere

perfino una notte senza cielo che non faceva nessuna differenza. L’ho vista insolitamente strana.

Nella scarpiera ha stappato una bottiglia di vino bianco e a vederla bere faceva arrossire qualsiasi

etilometro, carabinieri compresi. Mi carezzava con intima spiritualità, ma svogliatamente, tanto

che le ho chiesto se con intima spiritualità mi stesse spolverando. “Tutti si innamorano almeno

una volta della persona sbagliata”, ha predicato con tono incoraggiante, da protagonista. Il

sermone mi ha fatto salire la pressione: avevo capito che non brillavo nella sua galassia. “Quelli

fortunati, almeno una volta. Gli altri di più, l’hanno imparato anche i lampioni”, ho replicato con

tono fiacco, da comparsa. La mia riflessione era un purgante e lei l’aveva ascoltata con scarsa

partecipazione. “Non fare quella faccia da consommé”, ha commentato scrutandomi. Mica ragù o

besciamella. Ho pensato che certi valori espressivi, oscuri e inspiegabili, fossero da approfondire.

Di ritorno, arrivati sotto casa, le ho chiesto: “Com’è una faccia da consommé?”, con poca

convinzione perché a quel punto mi mancava la voglia e il brivido di saperlo davvero. Mi ha

lanciato un’occhiata d’impazienza, probabilmente per un imprevisto, o più semplicemente per la

fretta di andarsene. “È una faccia da brodo ristretto”. Ho sorriso storto, come più o meno si

sorride prima di piangere. Se non altro ha avuto il buon gusto di non aggiungere il finto

rammarico o le vaghe promesse previste dal protocollo: mentre ci si lascia diventano una inutile e

insopportabile bugia. L’ho salutata agitando una mano e con l’altra sono andato svelto alla tasca

dove ripongo il portafoglio. Non c’era, tuttavia mi sono tranquillizzato ricordandomi che l’avevo

lasciato a casa di proposito. Ho smesso di pensare a lei improvvisamente, ed è stato come se

durante il temporale un fulmine mi avesse improvvisamente tolto la luce. Non l’ho più rivista e

non so che fine abbia fatto. Forse ha cambiato città, forse ha messo su famiglia, forse è agli

arresti. Forse me la sono inventata. Il resto è stato un bel sognare.

21.09.2023, Consommé blues (di F.S., 2/3)

Il Padreterno non rilascia certificati. Nella quiete che segue la baldoria ci era venuta voglia di

cantare, il motore procedeva al minimo per via del riscaldamento e i vetri appannati al buio

riflettevano i nostri profili e il cruscotto illuminato. L’umidità si raccoglieva con il mestolo e se ci

fossero state due rane a sgolarsi con noi non avrebbero sorpreso. All’improvviso, sotto

l’impermeabile che ci copriva, è uscito il suo braccio nudo fino al gomito e con il dito ha scritto sul

parabrezza ‘La felicità esiste, basta solo farci caso’, e ‘caso’ sconfinava sul vetro del finestrino e il

finestrino si affacciava sul Paradiso. Ho guardato lei, il suo gomito, il parabrezza, il cruscotto

illuminato, le rane non c’erano, quindi ancora lei. In quel momento avrei voluto scrivere ‘Se non

si è onesti con se stessi, prima o poi si finisce per essere disonesti con tutti’, troppo lungo per lo

spazio rimasto libero sui vetri. Infine era meglio evitare, leggere la sintesi della sua biografia non

l’avrebbe divertita. Invece ho messo in giro la voce: “Ho paura di essermi innamorato di te”. “Non

vedo la ragione”. “Non vedi la ragione per avere paura?” “Non vedo la ragione per dirmelo. Non ti

ho chiesto niente”. “Niente non è voce del verbo amare”, una frase fuori di cometa che non capirò

mai, nemmeno se un filosofo bravo me la spiegasse bene. Dopo una pausa si è lasciata andare:

“Sono come mi avevi immaginata?” Sono stato zitto a malincuore, ma mi ha fatto venire in mente

aggettivi di poetica descrittiva che non è il caso di ripetere. Infine mi ha confessato del suo ex. Lo

aveva rivisto con fastidio, diceva, ed era rimasta incinta. Ero disorientato. “Incinta?”, “Sì, incinta”.

“Come incinta?”, “Nel solito modo. Non ti preoccupare, un falso allarme. Ci avevi creduto?”. Ha

avuto scatti di riso sguaiato: si divertiva cercando la complicità che consola. Sotto casa sua mi ha

stretto il braccio e mi ha chiamato per nome: “Un giorno mi accorgerò che non sei quello giusto”,

ha pronosticato. “Quando succederà dimmelo. Se dovessi capirlo da solo soffrirei di più”. Non me

l’avrebbe mai detto, neanche sotto tortura. “Spero di rivederti presto”. “Può darsi. Intanto goditi

la vita”, e più che una risposta priva di passione sembrava una raccomandazione rivolta a chi sta

andando in pensione. Dimostrava sicurezza, il tipo che non aveva bisogno di nessuno. Avevo

sonno, nausea e già un preciso presentimento. Sono tornato casa e salendo al piano ho vomitato

nell’ascensore.

20.09.2023, Consommé blues (di F.S., 1/3)

Chi lo fa nuotando, chi correndo, chi in palestra. Io il fiato l’ho fatto in una vecchia 500. Era inizio

primavera, scambiata per la coda dell’inverno. Un vento freddo da miserere e un cielo sporco da

kyrie accompagnavano una giornata mesta da requiem. Con queste premesse non c’è simpatia

che tenga. E per una storia di grandi pretese, con molte proroghe e una revoca, la sofferenza

presenta un conto salato che non si paga in nero. E così mi sono ritrovato solo e antipatico a

chiedermi perché ci si innamora di una persona sbagliata. La causa aveva carnagione spalmata,

fredda e fatata, capelli soffici e in disordine. Il naso snello e dritto e una bocca afrodisiaca che mi

tempestava le tempie e mi bruciava i grassi in eccesso. Gli occhi erano difficili da sfogliare: un

libro con pagine corrette, da riscrivere. Mi ero fatta l’idea che fosse irraggiungibile e scontrosa

perché diceva di no! ogni volta, anche prima di aver sentito la domanda. Era una barista sotto

sorveglianza e quelli informati parlavano di una esperta in passaggi di proprietà, con discreta

esperienza in motorini e biciclette e più tardi in portafogli. Aveva un vantaggio, se si può dire:

dalle nostre parti era pressoché sconosciuta, tranne per quelli che lavoravano in questura. “Vengo

con te solo se la tua macchina ha l’idromassaggio”. Sono andato a prenderla al bar dove lavorava

con il timore che mi chiedesse il 730. Ci siamo appartati in riva al fiume e accomodati, nei limiti

concessi dalla vecchia 500. “Sembra di stare in una scarpiera”, le è sfuggito. Poi ha tirato fuori

una bottiglia di spumante e l’ha stappata senza dire cosa dovessimo festeggiare. A vederla bere

faceva venire sete a chiunque, astemi compresi. Il motore girava al minimo, lei era su di giri e io

insistevo nel pagare il bollo per una scarpiera. All’inizio poteva apparire svampita, invece a

conoscerla rivelava una sua profondità tutta da scoprire. “Sei stata mai felice?” “Quando ho

potuto. Nella mia vita ci sono sempre motivi per non esserlo. Non chiedermelo più”. Scorgevo

tracce di cinismo e rancori nella scia malinconica in cui per un attimo si era persa. “Non lo

dimenticherò”, ho approvato sottovoce. “Dimenticherò è voce del verbo abbandonare”, ha detto

ambiguamente. La leggerezza del debutto era persa, ma eravamo giovani e scemi e sulla sua

scontrosità avevo cambiato idea. Con intima spiritualità le ho carezzato i capelli e lei, con intima

spiritualità, mi ha preso la mano per posarla sui suoi fianchi. Sapeva di lavanda e di Moscato.