Si poteva acquistare la grisiola a Cividale ed era venduta in grossi rotoli dal peso quasi irrilevante. Giunta a destinazione, la si stendeva sul pavimento da intonacare, la si tagliava a misura per consentire la sua precisa applicazione sulle travi che facevano da supporto. Il soffitto appariva come una rete perfettamente aderente alle travi. In paese operavano numerosi muratori e apprendisti, conosciuti in tutta la valle per bravura e competenza. Costituivano la forza-lavoro per la creazione di soffitti ed eventuali sottili “paradàne” (muri divisori) tra una stanza e l’altra. Il lavoro iniziava presto al mattino con un non-stop fino alla fine dell’opera. Due persone posizionavano la grisiola su quello che da lì a poco sarebbe diventato il soffitto, poi con la malta costituita dalla calce e sabbia del Natisone si procedeva all’intonaco. L’impasto appariva piuttosto consistente e le proprietà elastiche e resistenti della calce consentivano di svolgere un lavoro veloce e con ottimi risultati estetici. Divenne una tecnica di costruzione molto popolare. Anche nei giorni scorsi, durante i lavori di rifacimento della casa ex-Dusaci, si sono viste grandi quantità di grisiola.
22.07.2022, La grisiola (1/2)
La grisiola (1/2)
Nei giorni scorsi ci siamo occupati dell’impiego della calce nella creazione di intonaci delle abitazioni. Colleghiamo a quest’argomento la notizia di oggi e domani per dare un senso di continuità al tema. Subito dopo la guerra si rese necessario il recupero del patrimonio edilizio non solo del nostro paese, ma di tutto il territorio, costituito nella maggioranza dei casi da abitazioni piuttosto modeste. Le travi dei solai erano “a vista”, spesso “arricchite” da chiodi e “ciavìle” ai quali si appendevano cesti in vimini, “makì” d’uva (composizione di uva, tralci e foglie a mo’ di coroncina) e anche salami. Era un sistema per conservare le cose buone ad un’altezza di sicurezza e renderle inaccessibili ai topi. Proveniente dal Veneto, si diffuse l’impiego della grisiola, un intreccio, o meglio, una stuoia costituita da canne palustri resistenti, di forma e lunghezza regolari, intrecciate e tenute assieme da una fascetta vegetale alta pochi millimetri. In breve tempo divenne un materiale da costruzione molto popolare e utilizzato da un’ampia percentuale della popolazione …
21.07.2022, Il gran caldo
Assistiamo preoccupati a quest’ondata di caldo che interessa il FVG e tutta l’Europa centrale. Da oggi a domenica il caldo sarà il protagonista di quest’estate rovente e siccitosa. Lo scorso 4 luglio la nostra stazione meteo ha registrato il valore-record di 36,5° e, stando alle previsioni degli esperti, questa temperatura potrebbe essere superata. Difficilmente dimenticheremo quest’estate così anomala per l’alta temperatura diurna e notturna e per la grave siccità che, se da noi lascia ancora verdi i campi, prati e giardini, basta arrivare a Cividale e constatare il verde trasformato nel colore dell’autunno: tutto bruciato, arso dal gran caldo e dal vento asciutto. Mancano all’appello almeno 700 litri di acqua piovana per metro quadrato: se la media gennaio-luglio è di circa 1.100 litri, ad oggi ne sono piovuti solo 419,9. Il Natisone è in sofferenza, c’è poca acqua, da Manzano in giù è inesistente. I mezzi di comunicazione invitano la popolazione ad evitare attività esterne durante le ore centrali del pomeriggio. Un miglioramento è previsto per fine mese.
20.07.2022, La calce di Stupizza (2/2)
Per ottenere la calce viva, era sufficiente procedere ad un’abbondante “annaffiatura” delle pietre e la loro reazione chimica era qualcosa di sorprendente: le pietre assorbivano l’acqua, sprigionavano fumi e gas, a volte anche con schizzi caustici potenzialmente pericolosi se non si assumevano determinati accorgimenti. Le pietre si trasformavano in calce viva, dalla consistenza simile al burro, di colore bianco scintillante. Dopo la guerra, la calce in paese fu usata in grandi quantità, anzitutto come materiale di costruzione poiché unita alla sabbia, formava un tipo di malta economica, resistente e adatta soprattutto per gli intonaci interni. In quantità moderate, era presente nei pollai perché aiutava la gallina a produrre uova con il guscio più resistente. La calce viva aveva un largo impiego come disinfettante: il porcile era ben imbiancato prima dell’arrivo dell’inquilino, ma anche le stanze delle case erano tinteggiate con il “latte di calce” specie all’indomani di un decesso causato da una lunga agonia. Il contatto pelle-calce causava ustioni paragonabili a quelli della soda caustica e i bambini dovevano prestare attenzione quando giocavano a negozio e all'”Amilcare di turno del gioco” si ordinava mezzo chilo di “burro”, che lui avvolgeva piegando gli angoli della carta d’imballo con quel sistema di piegatura “a orecchie”, una dentro all’altra, che molti di noi ancora ricordano.
19.07.2022, La calce di Stupizza (1/2)
Poco prima di arrivare in paese, sulla destra della statale, si possono ancora vedere i resti di un’importante fornace per la produzione di calce, costruita tra il 1902 e 1905. Era costituita da un ponte sulla sommità, dal quale si gettavano le pietre da calcificare, da un silo a forma ovoidale, da una camera di combustione da una parte e da un’apertura per l’asporto delle pietre calcificate dall’altra. Attraverso il ponte, si inserivano all’interno del silo pietre che in quell’area sono ancora ricche di carbonato di calcio, dall’aspetto color giallino, non molto pesanti e delle dimensioni massime paragonabili a un’anguria medio-piccolina. Nella camera di combustione si bruciavano cospicue quantità di faggio che davano la massima resa quando il processo di combustione lasciava le sole braci capaci di sprigionare una temperatura assai elevata. Le pietre si cuocevano al punto di diventare roventi e, una volta raffreddate, partivano alla volta della destinazione dei numerosi clienti, tra questi numerosi ponteacchesi. Le pietre, spesso ancora molto calde, erano trasportate con un carretto, quindi depositate e sistemate con un preciso criterio in una buca del terreno …
18.07.2022, Il fine-settimana a Laško
Ieri sera mancavano pochi minuti alle 21:00 quando il pullman ha fatto scendere i gitanti di Laško: dopo due anni e mezzo di restrizioni, ecco la prima escursione che è andata molto bene. La festa della birra e dei fiori della cittadina slovena in provincia di Celje ogni anno attira migliaia di visitatori. Ieri pomeriggio, una deviazione mal gestita, ha dimostrato la bravura del conducente, al costo di una buona mezz’ora per percorrere un chilometro tra stradine secondarie e restringimenti, questo a causa dell’interruzione della viabilità normale dovuta allo spettacolo delle “mayorettes”. Le persone che sabato sera hanno desiderato recarsi alla festa hanno raggiunto la piazza e le vie dov’erano allestiti ricchi chioschi di birra e “street-food” a base di čevapčiči, klobase e ogni altro tipo di carne alla griglia. Chi ha preferito restare in hotel, si è divertito in piscina fino alle 21:00. La serata di sabato è stata funestata da lampi e tuoni con un inizio di pioggia che si è dissolta in pochi minuti. La compagnia si è divertita in piscina con molte ore di nuoto o galleggiamento nell’acqua termale. Esperienza da ripetere il prossimo anno, se le condizioni generali lo permetteranno. Buona settimana!
16.07.2022, Una bicicletta ultramoderna
È un lontano ricordo la bici con una ruota a terra e con il copertone portato a riparare da Manlio a San Pietro, oppure da Silverio vicino alla cappella. Ogni sellino possedeva nella sua parte posteriore il “necessaire” per la riparazione fai-da-te, sia a casa che durante il percorso il bici. Al suo interno c’era la chiave esagonale, un piccolo leverino per consentire la fuoruscita della camera d’aria, la pompa a stantuffo inserita sul telaio e uno o due cappelletti. Sono immagini che riguardano il passato remoto, quando la bicicletta era usata dai nostri muratori o seggiolai per raggiungere il posto di lavoro a San Giovanni al Natisone, andata e ritorno, estate e inverno. Enzo è uno degli ultimi testimoni di questo sacrificio indicibile. Oggi la bici? È un autentico concentrato di tecnologia. Nei giorni scorsi è stato presentato un modello rivoluzionario, dal costo di nicchia: luci che si regolano da sole in base alle condizioni di visibilità, radar posteriore che avverte se ci sono auto in arrivo, una app per gestire le varie funzioni. Il radar è posto la luce posteriore e mostra, su un piccolo dispositivo sul manubrio, quanto la macchina è alle nostre spalle. Tutto si attiva al primo giro della ruota. Le luci, obbligatorie su tutti i mezzi a due ruote, si possono accendere via app che offre tutti dati del momento e i dati statistici: velocità, altimetria, tempo di percorrenza, chilometri percorsi e quanti restano da percorrere, temperatura dell’asfalto, dell’aria, stato delle gomme, del telaio in alluminio. Si tratta, insomma, di una bici digitale per portafogli non comuni, ma per appassionati del settore: siamo sui 4.500 EUR.
15.07.2022, Quante parolacce!
Il popolo friulano, assieme ai toscani, è conosciuto per la quantità e fantasia di bestemmie, senza dimenticare che la città di Roma, oltre ad essere la capitale dell’immondizia, è anche la capitare del turpiloquio. Non vanno affatto male neppure i residenti delle vallate della bergamasca e del bresciano. I simpatici romani riescono a forgiare la giusta parolaccia adattandola al momento, creata “ad hoc” per meglio inserirla nel contesto. Da noi l’alternanza parola-bestemmia è passata di moda. Le statistiche indicano che la bestemmia non è più ai vertici dell’intercalare nostrano. Nei locali pubblici di un tempo, ma anche nelle corriere, o nelle stazioni, oltre al cartello rettangolare in alluminio con su scritto “Non sputare”, c’era anche il “Non bestemmiare” con il riferimento all’articolo 724 del Codice penale. Buona parte delle bestemmie friulane sono state esportate in Slovenia, Croazia e Austria, a volte pronunciate da persone che ne conoscono il contenuto a sommi capi. La letteratura italiana è ricca di parolacce, usate in abbondanza da Dante e anche da Leopardi nella sua corrispondenza privata. Nel vocabolario Treccani ci sono 365 lemmi etichettati come “volg.”, ovvero volgare, del volgo, popolano. Possiamo dire che la libertà d’espressione è aumentata rispetto al passato, ma il livello è scaduto, ultimamente manca di fantasia, è più fastidiosamente volgare. Sesso ed escrementi sono i padroni, mentre le offese di etnia o di genere risultano più aggressive, più cattive. Le classi maggiormente istruite tendono a non bestemmiare: se non temi o non credi al tuo dio non hai bisogno di maledirlo. Il “vaffa” -ci scusiamo per il francesismo- è forse l’intercalare più usato, al punto che è diventato lo slogan di un movimento politico. Appare sulla stampa per la prima volta nel 1963 con la scritta “v*ff*nc*l”, trasformato con metamorfosi in “vaffa”, ovvero una post-parolaccia privata del suo potere performativo. Non parliamo degli organi sessuali maschili e femminili: qui ci vorrebbe un allegato al dizionario!
14.07.2022, Un nemico si aggira nelle nostre case
È il radon, un gas radioattivo, incolore, inodore , impercettibile che si sprigiona dalle rocce e mina la salute di chi vive nelle abitazioni a diretto contatto con il terreno. E in paese ce ne sono molte. Ovvero, la sala e cucina appoggiate direttamente sulle rocce e non sulla cantina salvifica. Il radon si forma dal decadimento di elementi radioattivi, come l’uranio e il torio contenuti nelle rocce. Il nostro territorio non è esente da questo gas naturale, originato da un processo così lento che, rocce formatesi milioni di anni fa, stanno ancora emanando il radon. Per fortuna ha un decadimento radioattivo molto rapido: una volta salito in atmosfera già non è più pericoloso. Non esistono nubi in spostamento da un continente all’altro, ma esiste il pericolo della sua presenza in casa che va combattuta con una costante e prolungata ventilazione di sale, cucine, cantine e ripostigli. Secondo l’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità, in Gran Bretagna il 10 per cento dei tumori al polmone è attribuito direttamente al radon, che aumenta l’effetto cancerogeno del fumo di sigaretta. Approfittiamo dunque per aprire le finestre, per arieggiare, cosa che andrebbe eseguita ogni giorno dell’anno. Non servono ore, soltanto qualche minuto per rinnovare l’aria delle stanze.
13.07.2022, Siamo invidiosi?
I social-media sono la macchina perfetta per generare invidia, sentimento vecchio come il mondo, fenomeno che si è acuito particolarmente nell’era della pandemia, quando la maggior parte di noi ha vissuto più on-line che off-line. Su Instagram siamo inondati di foto dai panorami eccezionali, dai piatti più gustosi, dalle forme fisiche perfette dei mittenti, grandi sorrisoni, luoghi anche irraggiungibili per buona parte dei destinatari delle foto. Tutti si sforzano di mettere in vetrina soltanto il loro meglio, Fallimenti e “momenti-no” restano invisibili: esistono solo i successi e il quadretto della famiglia Brambilla felice. Sono tutti ingredienti che possono far scattare l’invidia, che spesso è una reazione di avversione a un’inferiorità che percepiamo rispetto a chi gioca nel nostro stesso campo. Il villaggio globale di Internet non lascia scampo: è necessario mostrarsi, esibire, fare vedere che si ha, che si dispone in modo illimitato. L’invidia è un sentimento che va combattuto con l’indifferenza. Quando è nata l’invidia? Forse 12.000 anni fa, quando è nata l’agricoltura e contestualmente il concetto “della mia pianta più bella della tua”. Gli orti delle nostre nonne erano oggetto di invidia: si facevano i paragoni, si rendevano gli spazi il più possibile curati rispetto a quelli del vicino. Dobbiamo reagire a questo brutto sentimento: essere invidiosi significa sentirsi inferiori rispetto alla persona invidiata. Fare finta di niente spesso è la reazione più ragionevole.