Il parroco di Antro mal tollerava la contaminazione dei suoi giovani parrocchiani con “quelli” di Ponteacco, considerati un esempio deleterio per la loro formazione educativa. Libertini, “comunisti”, secondo lui erano un insulto all’Acqua santa. Don Valter, successivamente decorato al valor militare, era riuscito a procurarsi un cannocchiale dell’Esercito. Le domeniche pomeriggio d’estate dopo i Vesperi, le trascorreva sul campanile di Antro, all’altezza delle campane, ad osservare “quell’inferno” che si svolgeva sulle spiagge del Natisone. Non c’era vegetazione e la visuale andava dal ponte di Tiglio al Mulino. La domenica successiva dal pulpito era pronunciato pubblicamente il nome e il cognome delle “sgualdrine” e dei “mascalzoni” che sguazzavano senza timor di Dio. Fece clamore in tutte le Valli quando denunciò per atti osceni in pubblico due giovani di Biacis, “colpevoli” insieme ai ponteacchesi di aver fatto il bagno con un costume che non arrivava al ginocchio. Il Procuratore della Pretura di Cividale accolse la denuncia del parroco e i due furono condannati. Uno di questi ebbe concrete difficoltà per ottenere il porto d’armi del fucile da caccia.
16.04.2020, Severità in chiesa (2/3).
Ci siamo già occupati della severità, oggi impensabile, di don Walter, parroco di Antro. Uomo possente, dotato di voce baritonale, severo, con alcuni, severissimo e anche manesco con altri, comunque dotato di grande fede. Incuteva timore ai suoi parrocchiani, ma anche ai numerosi ponteacchesi che si recavano ad Antro un paio di volte all’anno. Un nostro socio di Tarcetta ci ha raccontato episodi a lui capitati, che oggi potrebbero rientrare senz’ombra di dubbio in concreti reati. Ma quelli erano i tempi e i contesti. Parliamo del periodo compreso tra gli anni ’50 e metà degli anni ’60. Tutte le famiglie della parrocchia di Antro (Spagnut, Biacis, Cras, Tarcetta, Antro, Pegliano, Spignon e Coliessa) dovevano consegnare al parroco poco prima di Natale una “amza” (prosciutto della zampa anteriore del maiale”), un “socòl” (ossocollo) e uno o più salami. I pochi che hanno avuto il privilegio di entrare nella vasta cantina della canonica di Antro, raccontavano di lunghe file doppie o triple di salami piccoli-medi-grandi, di ossocolli piccoli-medi-grandi … Più generosa era l’offerta, più la famiglia godeva di stima o privilegi.
15.04.2020, Severità in chiesa (1/3).
Quattro volte all’anno la messa domenicale di Ponteacco era celebrata da un sacerdote esterno e una volta al mese dal parroco, mentre le restanti domeniche dal cappellano. I quattro appuntamenti speciali vedevano la presenza di don Di Giusto, rettore dell’austero collegio di San Pietro al Natisone, di don Paolino Venuti fratello del parroco, di don Walter di Antro e di un altro sacerdote a rotazione, che poteva essere di Azzida, Brischis, Lasiz o Vernasso. Quella domenica, così come per le messe delle domeniche con il parroco, la presenza in chiesa era quanto mai consigliata. Le assenze non giustificate potevano essere rischiose e causare difficoltà per trovare il posto di lavoro, forse anche la promozione scolastica. Appena il parroco parcheggiava la sua auto tra l’osteria e la cappella, un velocissimo tam-tam correva per il paese e tutti lasciavano gli attrezzi usati in quel momento per raggiungere la chiesa velocemente, possibilmente mentre suonavano ancora per la seconda e ultima volta le campane della chiamata. Il nome degli assenti era citato durante la predica: nome, cognome con qualche breve considerazione! Le quattro domeniche speciali erano caratterizzate dalla sontuosità dell’appuntamento, spesso costituito da prediche monumentali, della durata di oltre mezz’ora. Anche il parroco (monsignor Bertoni o monsignor Venuti, subentrato al primo) amava i lunghi sermoni, seguiti da gente sempre più distratta man mano che i minuti scorrevano. Quando il sacerdote esagerava in discorsi prolungati o astratti, il nostro paese possedeva due sistemi di “avvertimento, “di tagliare” rivolti al parroco: la sedia di Emaz, usata solo da lui in quanto altrimenti chiusa con catenella e lucchetto, che iniziava a cigolare sempre più insistentemente, oppure i ripetuti colpi di tosse del colonnello Doro (nonno di Lorenzo e Giovanni), rumori che annunciavano inequivocabilmente che il tempo era scaduto.
14.04.2020, Pasqua e Pasquetta a Ponteacco.
Pasqua e Pasquetta a Ponteacco.
Un tempo Pasqua e Pasquetta si trascorrevano a Tarcetta. La bella sagra paesana richiamava molta gente da tutte le Valli. Era tradizionale il pic-nic sui prati di Coliessa, Pegliano e Spignon: ci sono molte foto di gruppo che lo testimoniano. Il Lunedì dell’Angelo si partiva a piedi da Ponteacco e si raggiungeva la Grotta di San Giovanni d’Antro. Ieri e l’altro ieri abbiamo trascorso due feste importanti nella più totale tranquillità: tutti a casa. È come se un velo mesto fosse calato sulle Valli, sul nostro paese. Pasquetta è sempre stata la giornata dedicata alle uscite: pensiamo le centinaia di moto o di bici che scorrevano sulla statale. Ieri il vuoto, nessuna auto, nessun ciclista, nessun centauro. Parleremo per anni e anni di questo periodo, delle conseguenze causate dall’epidemia, delle modifiche alle nostre abitudini. Anche le prossime feste del 25 aprile e del 1° maggio sfumeranno in niente e c’erano persone in paese che avevano organizzato piccole gite e viaggi. Ci ritroveremo con qualche chilo in più, con i capelli lunghi, aspettando con pazienza il prossimo 04 maggio che dovrebbe restituirci la libertà, seppur ancora parziale. Buona settimana!
13.04.2020, Auguri.
Buona Pasquetta.
12.04.2020, Auguri!
Buona Pasqua
11.04.2020, È bello lavorare da casa, ma… (2/2).
Abbiamo chiesto un giudizio della nuova forma di lavoro. Le quattro persone hanno apprezzato la novità che comunque in sé ha dei limiti anche se, una volta dimostrato che si può lavorare da casa, sarà sensibile il risparmio in termini di tempo e benzina con indubbi benefici per l’ambiente. Prendiamo il settore scolastico: oggi gran parte delle riunioni si possono svolgere su Skype o WhatsApp. Lavorare da casa ha qualche limite: ci vogliono spazi adatti, non è affatto vero che si lavori di meno. C’è lo svantaggio che si è “disturbati” dal tran-tran della famiglia, c’è chi non sopporta di lavorare in solitudine, mentre altri dicono che il silenzio e la quiete sono gli ingredienti necessari per sviluppare idee migliori. Il lavoro da casa è felicità, anche se solitario durante il giorno, con l’aspettativa di compagnia serale. Ora che siamo prigionieri in casa e ciò che manca a chi lavora da casa o a chi non ha questa fortuna, è la compagnia. Da ora in poi lo “smart-work” sarà forse la norma, ma diventerà accettabile soltanto se si potrà uscire la sera.
10.04.2020, È bello lavorare da casa, ma… (1/2).
Ci sono numerosi e numerose ponteacchesi che lavorano da casa con la rivoluzione causata dalla pandemia. In inglese si dice in vari modi: “home working, smart working, home office” in questa continua offesa alla lingua italiana fatta da anglicismi che potrebbero tranquillamente essere costituiti con parole facilmente reperibili nel dizionario italiano, ad esempio: “lavorare da casa”. Questa è una tendenza in atto da tempo, iniziata oltre 10 anni fa in Finlandia con la ministro della famiglia, che aveva partorito a Rovaniemi e due giorni dopo, da casa, era presente on-line alla riunione del consiglio dei ministri a Helsinki, 600 km più a sud. Il lavoro da casa con il coronavirus è diventata un’esigenza universale: tutti quelli che possono lo fanno, tendendo presente che in Friuli non tutte le persone lavorano in ufficio secondo lo schema diffuso dai “media”. Ma chi può, grazie ai mezzi tecnologici, lo fa. Si tratta di dipendenti pubblici (impiegati, insegnanti) e anche studenti (è lavoro anche quello!) di ogni grado, a patto di possedere il computer e il collegamento Wi-Fi. Gli esperti di tendenze sociali sostengono che nell’era d.C. (dopo Covid-19) il femomeno acquisirà dimensioni ampie e durature …
09.04.2020, Gli “hobbies” dei ponteacchesi.
La pesca ha avuto tanti appassionati in paese. Il primo nome che viene in mente è Franco Golles (Jank), ma ce ne sono stati molti altri. Il berin del Mulino o del Muz erano i luoghi più gettonati. Oggi questo hobby in paese è scomparso, così come l’uccellagione che vedeva in Bèciak (Giuseppe Del Zotto) il punto di riferimento. Anche Miscèl, padre di Cirillo Iussa, coltivava questo passatempo che oggi è perseguito dalla legge. Un artista poliedrico era senza dubbio Franco Golles, con periodi altalenanti tipici degli artisti: si occupava di intaglio del legno, di piccole sculture. Cirillo ha sempre avuto la passione della pittura e la cantina del suo dùar (cortile) fu trasformata in atelier. Continuò a curare il suo passatempo preferito anche e soprattutto dopo il suo trasferimento a San Pietro al Natisone. Il suo nome è inserito nel catalogo degli artisti del Friuli Venezia Giulia. Curò sue personali esposizioni che gli diedero enormi soddisfazioni. Narciso Iussa è stato un grande collezionista della musica italiana, una passione quella della raccolta di LP condivisa anche dalla compianta coniuge Paola. Giovanni Coren si occupò di pittura e scultura, una passione nata con la frequentazione della Scuola d’arte di Udine. L’hobbistica contemporanea ha subito grandi trasformazioni: non ci si concentra più su temi specifici, non si trascorre più il tempo libero con attività che prevedano sforzi fisici. Ci sono i social network che hanno appiattito la potenzialità creativa della società intera.
08.04.2020, Gli “hobbies” dei ponteacchesi (1/2).
La generazione alle nostre spalle non ha avuto il tempo per coltivare un hobby specifico. Non c’era tempo, era necessaria la presenza di forza-lavoro, non c’erano le risorse economiche per investire in ciò che poteva sembrare “perdita di tempo”. Ne ha risentito il collezionismo, a parte qualche cultore del francobollo o di monete. Tre erano i passatempo preferiti dai ponteacchesi: la caccia, la pesca e l’uccellagione, tutti e tre (per fortuna) passati di moda. Non si caccia più, tranne poche eccezioni, perché la vita sedentaria non invoglia ad affrontare le fatiche dei sentieri montani o il trasporto a valle di prede pesanti, oltre al costo di licenza, fucili, proiettili e vestiario. Negli anni ’50 il nostro paese aveva una bella squadra di cacciatori: Mario Mattelig, Paolo Pocovaz, Albino e Pietro Iussa, Liso e costituivano un punto di riferimento per il paese, sempre presenti in caso di necessità, conoscitori del territorio, esperti di animali. Ci si rivolgeva a loro qualora vicino a casa era rinvenuta una volpe morta, oppure se l’animale domestico stesse soffrendo. La squadra originaria generò altri appassionati come Giovanni e Sam. Oggi di cacciatori attivi ne rimane solo uno: Maurizio. È calato il sipario su un hobby che ha dato soddisfazioni ai propri membri e anche un certo nome distintivo nel mondo venatorio delle Valli …