12.12.2019 Il lupo.

Non è esclusa la presenza del lupo nei nostri boschi. Se ne parla insistentemente da parecchio tempo. Un branco o più, provenienti forse dalla Slovenia, dalla Croazia o dalla Bosnia dove trovano il loro habitat segnalato dai tempi dei tempi. Leggendo le belle pagine del friulano Pier Carlo Begotti (PN 1966-) ci rendiamo conto di quanto è sconosciuto  questo prezioso animale nell’immaginario della nostra società: lupo cattivo, antropofago, divoratore di bambini, aggressivo. Lo scrittore affronta il problema di questa tetra immagine nell’inconscio popolare e della sedimentazione di quest’impressione nella cultura valligiana e friulana, ma possiamo tranquillamente anche dire alpina. . Le informazioni che ci giungono sul lupo sono certamente distorte, a causa di un continuo quanto inconscio processo reinterpretativo, che mira più ad esorcizzare un pericolo che a comprenderlo ed affondarlo con razionalità. Siamo cresciuti con la paura dei baladant, delle krivapete, delle tantazmote e anche dei lupi, tutti aspetti che oggi fanno sorridere i ragazzi , impauriti solo dai personaggi cattivi dei videogiochi. La figura del lupo è ancor oggi ricca di segnali fuorvianti, spesso contradditori, contenuti nelle leggende, nei proverbi, nelle pràvze (storie), nei verbali dell’Inquisizione. E c’è anche la figura di San Francesco che parla al lupo, che confonde un po’ l’immagine di questa presunta belva che si potrebbe trovare nel bosco dietro casa.  

11.12.2019 La pipa.

Alcuni ponteacchesi un tempo fumavano la pipa, accessorio oggi quasi tramontato, il cui futuro si è fatto un po’… fumoso. Oggi la pipa genera un indotto commerciale di oltre 7 milioni di EUR. Oggi il suo uso attraversa età e classi sociali di varia natura, mentre al momento , ai margini dei margini sia oggi che ieri, era utilizzata dalle donne. Nonostante i divieti di fumo e quest’immagine da “club per pochissimi”, il fumo da pipa genera una bella resa per i Monopoli dello Stato. Secondo l’Agenzia delle Dogane di Udine, in tutt’Italia nel 2017 sono stati prodotti ben 259.000 kg di trinciati per pipa e narghilè, tradotti in 26.700.000 Euro di accise e IVA per le casse dello stato. In paese alcuni ricordano la figura di “Merican”, zio di Giovanni Zenzic, una persona un po’ stravagante che probabilmente aveva fatto i soldi in America. Al collo aveva una catenina d’oro massiccio con orologio. Abitava nella casa oggi ridotta a un rudere, tra Olinto e Silvano Iussa. Tutti i ragazzi del tempo lo osservavano per la sua corta pipa il cui braciere aveva la forma di una testa di bisonte. Tra gli appassionati del fumo c’era anche Rik Cùaskin (Riccardo Iussa). Faceva le sigarette utilizzando la velina del calendario con foglietto quotidiano, tipo cubetto. Era l’ideale come tipo di carta e lunghezza. I caratteri stampati del calendario sicuramente tossici? Dettaglio trascurabile!

10.12.2019 Brovada e muset.

Chi non adora la brovada? Questo è un piatto tipicamente valligiano e friulano, quanto mai attuale in questa stagione. Lo spieghiamo ai lettori più giovani: la brovada è la risultante di una comune rapa bianca, messa a macerare nella vinaccia e pronta per essere grattugiata e mangiata dopo 40 giorni circa. Si mangia cruda oppure dopo una lunga cottura. Il musèt (musetto) è simile al cotechino, leggermente diverso, dato che si adoperane parti del muso (da qui il nome musetto) del povero suino, sloggiato da poco tempo dal suo porcile. È abbinato alla brovada cotta che, essendo acida, riesce a pulire il palato dal sapore e dalla patina di grasso. I nonni di un tempo, sottoposti a grandi fatiche, avevano bisogno di piatti sostanziosi e saporiti. Oggi l’abbuffarsi di musèt genera problemi di iper-calorie che non collimano con gli interessi della dieta. La cottura va fatta in più riprese, si spegne il fuoco per qualche ora, anche per tutta la notte, poi si riaccende e si lascia cuocere ancora. Più volte si fa questa operazione e migliore è il risultato. Le rape erano immerse nella vinaccia (i resti dell’uva torchiata, prima della fermentazione) in capaci tinozze che rendevano l’aria della cantina irrespirabile talmente era penetrante quel mix di odori. Una volta maturata nella tinozza, era grattugiata con speciali grattugie assai larghe.

09.12.2019 Ieri al Centro.

Abbiamo trascorso una bellissima domenica ieri al Centro. La prima parte della giornata è stata riservata agli ultimi allestimenti natalizi, mentre in pomeriggio è stata predisposta la pastasciutta offerta dalla Pro Loco e la preparazione della sala per il concerto canoro della sera. Alle 18:00 il gruppo canoro “ManuInCanto” ha iniziato la sua rassegna canora tutta incentrata sul Natale, sui canti della tradizione natalizia. 15 persone si sono alternate ai microfoni in piccoli gruppi o single. Lo spettacolo è stato apprezzato dal folto pubblico, numerosi anche sotto la loggia-tettoia del Centro, a finestre socchiuse, visto che non c’era posto in sala. La pastasciutta preparata da Graziella e Paolo ha trovato il consenso di tutti. Il gruppo ospite ha sottolineato il notevole calore del pubblico, gli applausi spontanei, mentre il Presidente ha sottolineato le doti di performance, la capacità di queste persone di riproporsi in veste di artisti. È stata presentata al pubblico, per chi non la conoscesse, Sara Bernardino, figlia dei consiglieri Graziella e Gianpaolo, che ha stupito tutti per la sua dote canora. Il sindaco di San Pietro al Natisone ha salutato le persone in sala riferendo che per il Comune si è trattato di una domenica speciale tra il nostro Coro, il Mercatino di Natale, la festa dei minatori ed altre iniziative ad Azzida. Auguriamo un’eccellente, serena, felice settimana.  

08.12.2019 Il fuoco in casa, autentico privilegio (2/2).

Il furnel ha svolto il suo ruolo centrale nella vita familiare. Nelle case era sempre acceso, anche d’estate prima dell’arrivo del gas, o per cucinare la polenta. D’inverno il furnel accoglieva nelle sue vicinanze i bambini infreddoliti  in partenza per la scuola. Il pane fatto in casa, che si stava cuocendo nel forno, inondava di profumo la sala. Sulla piastra borbottava il coperchio di qualche pentola, mentre il lonàz (pentola) fumante conteneva il latte per la colazione e uno ancor più piccolo la miscela di caffè od orzo. Una manciata di castagne abbrustolite e profumate era l’ideale per uno spuntino in aula con tutti i banchi di scuola messi a semicerchio attorno alla stufa, così come piaceva alla maestra Rade Podrecca Emma che si portava da casa le croste di formaggio da sciogliere sui 3 ripiani della stufa di terracotta “Zephir” e da gustarsele quando si trasformavano in “medaglie”.  In città prevale la comodità del caldo uniforme, prodotto dal metano. Nei condomini tutto è sotto controllo: gli impianti si accendono e si spengono a date precise, decise dal legislatore non da Bernacca (meteorologo popolare di un tempo) in cielo. Chi ha la possibilità di accendere il camino è un autentico privilegiato. 

07.12.2019 Presentiamo le novità del sito.

Secondo gli osservatori, il nostro sito era ormai una “vecchia signora vestita con abiti degli anni ’70” e andava riporato alla contemporaneità. Grazie allo studio “Click Idea” siamo riusciti ad apportare significative novità che permetteranno le nostre lettrici e lettori ad interagire con foto, notizie, commenti, ma a condizione di registrarsi la prima volta, lasciando un nickename e l’indirizzo e-mail. Per alcuni giorni ci saranno ancora degli interventi migliorativi. Siamo in atteva dei vostri commenti. Un sentito e affettuoso ringraziamento a Patrizia e Tatiana per la grande disponibilità. Buona festa dell’Immacolata Concezione.

06.12.2019 Il fuoco in casa, autentico privilegio (1/2).

Niente supera la sensazione di calore prodotta da un bel camino, dalla vecchia stufa in sala o dalla cucina economica. Rannicchiarsi davanti a un bel fuoco con in mano un romanzo avvincente è il desiderio di tutti noi. In paese il fuoco non è stato mai abbandonato e il riscaldamento (a metano) degli appartamenti di città è tutt’altra cosa. Un proverbio recita: “A maggio foraggio, legna e formaggio”, a dimostrazione di quanto sia stata peculiare nella nostra cultura una buona scorta di legna, il poter “buttare su” proprio quando fa freddo, quando nevica. Ritrovarsi in questi periodi con qualche secchio di legna in legnaia, appare riduttivo. Siamo circondati dai boschi e la materia prima non manca. Gli impianti di riscaldamento a legna sono semplici e assume molta importanza la pulizia della canna fumaria per evitare ostruzioni nel transito del fumo e gli “incendi” che un tempo erano anche motivo di richiamo per mezzo paese. Al motto: “Je zgorìala napa”, tutti accorrevano per vedere le sinistre lingue di fuoco che uscivano dai bocchettoni del camino, avvolto da un fumo nero dall’odore acre, che tutti abbiamo ben impresso nel nostro olfatto.

05.12.2019 Il ceppo di Natale

Il Natale, nei riti che ancora erano intrisi di paganesimo, era anche la festa della ripresa della luce sulle tenebre e nell’oscurità la luce è rappresentata dalla fiamma e dal fuoco. Fino a qualche decennio fa si accendeva nei caminetti alla Vigilia il ceppo più grande rinvenuto nel corso dell’anno e custodito allo scopo. L’usanza del ceppo di Natale era largamente diffusa in tutt’Europa. Carico di significati, il ceppo era in grado di ricostruire l’antica armonia rigeneratrice del principio cosmico e nella tradizione popolare costituiva il centro materiale e spirituale delle feste natalizie in quanto, oltre a riunire la famiglia per la solenne occasione, serviva anche a riscaldare il Bambino Gesù appena nato nel freddo della stalla. Oggi è difficile ricostruire quell’ambiente così magico e sacro, magari con un sacco di pellet acquistato al mulino o al Buonacquisto. Il ceppo più grosso era di faggio, o di quercia e doveva avere i requisiti di durata e rendimento calorico, in quanto doveva restare acceso o fumante per tutte le dodici notti del tempo natalizio, quindi fino all’Epifania. Lo si accendeva nel pomeriggio della vigilia di Natale, era acceso con una piccola cerimonia, una preghiera, l’intima espressione di un desiderio. Poi i ragazzi e le ragazze partivano alla volta della messa di mezzanotte ad Antro o San Pietro al Natisone, magari dopo aver mangiato una blanda cena di magro, perché la vera festa iniziava l’indomani.

04.12.2019 Fuoco e acqua nel solstizio d’inverno.

Tra 19 giorni il solstizio d’inverno inaugurerà la nuova stagione e sarà il giorno più corto dell’anno. Per la nostra società di un tempo, dal Natale all’Epifania si estendeva il periodo magico dell’anno, pieno di portenti e meraviglie, quasi idoneo agli scambi tra il livello umano e quello sovrumano, fra terra e cielo, tra fuoco ed acqua, elementi cosmogonici che erano celebrati nelle congiunture solstiziali dai cerimoniali liturgici, dai rituali magici e dalle pratiche popolari quasi certamente di origine celtica, collegate al giro del Sole nel firmamento. Pochissimo è stato tramandato ai giorni nostri, in questa nostra società massimalista più affascinata da ciò che avviene dall’altra sponda dell’Atlantico, che da quanto abbia fatto parte della cultura dei nostri avi. Ed è dal solstizio invernale, momento in cui il sole tocca la sua morte simbolica, per poi cominciare a risalire gradatamente l’arco del cielo, accompagnato da tutte le filastrocche e i proverbi che si trovano nei “lunari” anche oggi in edicola. Non è un caso che la nascita di Gesù sia fissata al 25 dicembre e quella di Giovanni Battista, suo precursore, il 24 giugno: il “Sole vecchio” del solstizio di giugno annuncia e precede il “Sole nuovo” del solstizio di dicembre.