26.03.2022, La nascita delle Gastaldie (3/3)

   Nel Trecento i valligiani scoprirono il mestiere del commercio. Vendevano legna da ardere a Udine con il preciso sistema d’oggi. I carri si fermavano a Cividale, dove la gente faceva acquisti o prenotazioni. Oltre alla legna, i nostri antenati smerciavano in pianura bestiame, lana, burro, formaggio, castagne, ricevendo in cambio cereali, sale, vino, tessuti e manufatti. Le gastaldie erano la fonte del diritto, le banche risolvevano le controversie. Nel 1419/’20 buona parte del Friuli passò alla Serenissima, con l’impegno veneziano di rispettare gli ordinamenti e i privilegi esistenti. I Dogi mantennero la parola, ma tale patto fu un’arma a doppio taglio che contribuì a mantenere il Friuli in una condizione di arretratezza sociale ed economica. Se la rivolta dei contadini veneti del ‘500 fu repressa spietatamente, sulla nostra popolazione i nuovi padroni usarono un guanto di velluto, preferendo applicare ai sudditi pesanti tributi, “Gravezze et faciioni ordinarie, reali et personali”. La “Schiavonia –scriveva nel 1555 il provveditore cividalese Alvise Marcello- per quanto sterile di biave et de vini, erano ricchi d’animali et pascoli, per cui si nutrivano di latticini, formaggi, castagne, noci ed altri frutti”. Le varie batoste venete coinvolsero i valligiani della Gastaldia d’Antro nella difesa dei cinque passi: Pulfero, Luivo, Clabuzzaro, Clinaz e San Nicolò.  

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