Ha sempre incantato, ispirato e stupefatto l’uomo con tutte le credenze e convinzioni superstiziose collegate all’evoluzione del ciclo e ai poteri del suo bianco luminare notturno che in ventotto notti cresce e cala. La notte valligiana non ha mai potuto fare a meno della Luna, spesso celebrata anche nelle pratiche occulte, oltre ad essere esaltata non solo nei pronostici legati all’evoluzione del tempo o nell’agricoltura, ma anche nella superstizione e nelle più varie credenze della nostra popolazione. La luna rivestiva soprattutto in passato un ruolo particolarmente importante nella cultura del nostro paese, sia per le sue quattro fasi mensili (luna nuova, luna crescente, plenilunio e luna calante), attentamente seguite, sia per i suoi influssi su ogni attività umana e su ogni aspetto. I nostri nonni sostenevano che il satellite era in grado di predire, indicare e pronosticare …
10.03.2021, Persone scomparse
Da quando è stato installato il sistema computerizzato delle campane della chiesa di Santa Dorotea di Ponteacco, novembre 2018, numerose sono le persone scomparse da quella data a oggi. L’elenco è a dir poco impressionante, rapportato alle dimensioni del nostro paese: Faustino Birtig padre di Palmiro e Marina, Carlo Coren, Bruna Bellida zia paterna di Piera e Laura, Natalino Del Zotto zio di Stefano e Loris, Rinaldo Cedarmas zio di Stefania, Rinaldo, Daria e Valentina. L’elenco continua con Remigio Iussa ponteacchese trasferito nelle Marche, Paolo Minto, Sara Iussa, Giuseppina Deligio (conosciuta anche come “baresa), Eliseo-Liso Iussa, Anita Gusola mamma di Renzo e Graziella, Maria Bonaz mamma di Romana, Francesca e Michela e per ultimo Edoardo Manzini, incaricato di tenere la candela accesa, speriamo per molto tempo.
09.03.2021, Un mežnar molto devoto (2/2)
Antonio Petrina conosceva a memoria tutte le orazioni, le preghiere e i passaggi della messa in latino. Non è cosa da poco perché le preghiere non erano ridotte all’osso come oggi, ma rispettavano il calendario liturgico che si suddivideva in preghiere per i nati, per i morti, messa della Settimana santa, delle Quattro tempora, di Natale, il rosario, le benedizioni delle case, delle stalle e dei campi. A questo si affiancava la sua gestualità di rispetto davvero fuori dal comune, nel senso che era un continuo inginocchiarsi e segni della croce. Antonio fu autorizzato dal parroco a distribuire la Comunione agli infermi e nelle visite ai malati aveva sempre una parola di conforto. Radunava alcuni chierichetti del paese, saliva le scale generalmente esterne dell’abitazione al suono della campanella, con tutti i “Pater noster” e “Dominus vobisque” che precedevano l’accesso nella camera. Questo piccolo corteo raggiungeva la persona bloccata a letto, o in convalescenza prolungata e anche la persona giunta alla fine della propria vita terrena. Quando arrivava Antonio con il suo seguito, si poteva guarire, ma anche morire.
08.03.2021, Salutiamo Edoardo
Non ce l’ha fatta il paesano Edoardo Manzini (85, vedi foto). La malattia aveva ormai intaccato tutti gli organi vitali. È deceduto ieri notte e la notizia è giunta alla signora Anna, la persona che per anni amorevolmente lo ha assistito, solo ieri pomeriggio. Alle 17:15 è suonata l’Avemaria per il nostro paesano, benvoluto da tutti per il suo carattere cordiale, un perfetto e indimenticabile vicino, dicono in borgo Lovinza. La signora Anna è stata l’ultima a vederlo sabato pomeriggio. Nonostante l’emergenza sanitaria, è stata ammessa per quello che poi si è rivelato l’ultimo suo saluto. Forse era un presentimento, considerate le precarie condizioni di salute, delle quali ci siamo occupati anche noi nelle micro-notizie. Con Edoardo si chiude un capitolo di storia molto denso di avvenimenti. Ha trascorso molti anni in Belgio dove si è sposato con Maria, mancata nel novembre 2016. Dal matrimonio è nato Roberto, residente in Belgio, sempre in giro per il mondo per motivi di lavoro. Quella di Edoardo è stata una dura vita in miniera, con incarichi rappresentativi che ha mantenuto fino all’ultimo. Avevano costruito la loro villetta proprio in via Lovinza, una casa che resterà chiusa. Ci mancherà Edoardo, sostenitore della Pro loco fin dalla sua costituzione.
07.03.2021, Un mežnar molto devoto (1/2)
Dal “besednjak”, il vocabolario del prof. Specogna, apprendiamo che il vocabolo “mežnar”, sacrestano, nonzolo, deriva dal tedesco. L’etimologia del termine non ci è chiara e sarà l’occasione per chiedere al signor Nino l’evoluzione del vocabolo. Oggi ricordiamo la figura di uno tra i mežnari più antichi della nostra comunità: Antonio Petrina, classe 1870-1880 circa, padre di Maria, Felicita e Luigia. Toni Petrina iniziò il suo incarico agli inizi del ‘900 e lo svolse con passione per alcuni decenni, vedendo scorrere per quasi mezzo secolo la storia del paese. Non fu solo la passione di offrire al paese un grande servizio, ma anche la fede. Ci giungono ancora le testimonianze riguardanti la puntualità e l’affidabilità di questa persona, che era un autentico braccio destro dei cappellani che si sono avvicendati a Ponteacco …
06.03.2021, La Fattoria Manig di Tiglio
Elisa, titolare dell’Azienda agricola, è una star nel mondo della produzione di latte e latticini. La sua azienda è apparsa in molte recensioni e trasmissioni televisive. Si distingue per il suo personale rapporto d’affetto con gli animali custoditi nella stalla: «Il benessere degli animali aumenta la qualità del prodotto», ci dice. La sua simpatia è nota a tutti e durante questi 12 mesi di lockdown, nei momenti peggiori, ha consegnato il latte di casa in casa, fornendo così un servizio indispensabile per i residenti, soprattutto dove ci sono bambini. La stalla della Fattoria è tecnologicamente all’avanguardia per il pieno rispetto dell’ambiente e della naturalità del prodotto. Il fiore all’occhiello dell’azienda è il latte crudo, imbottigliato appena munto. Dalla materia prima si creano ottimi formaggi: latteria crudo, mozzarella, stracchino, caciotte al naturale, alle erbe delle Valli e al peperoncino, ricotta fresca. Lo spaccio è aperto al mattino. Auguriamo a Elisa con tutto il cuore buon lavoro e ancora tanto entusiasmo nella sua missione.
05.03.2021, La birra (2/2)
La birra andrebbe assaporata e bevuta in bicchieri specifici, questo per gustare pienamente i loro aromi e per controllarne la relativa schiuma. Il boccale con manico, chiamato in paese anche “krighil” e i bicchieri a calice sono indicati per degustare le “bionde”, mentre i bicchieri a “tulipano” sono suggeriti per le speciali. Infine i “becker” alti, dalla forma allungata sono riservati per le Weizen, le birre di frumento. Il birrificio “Gjulia” di Ponte San Quirino produce quattro tipi di birre classiche: la “Nord” bionda, la “Est” weizel, la “Sud” scura, la “Ovest” ambrata, più altre otto birre speciali. La “Bionda” e la “Ambrata” a bassa fermentazione sono prodotte anche nel Birrificio Resiutta, nel Cittavecchia di Sgonico, nel Birrificio Zahre di Sauris. Questi tre stabilimenti producono anche le Birre di Natale soltanto nel mese di dicembre e nelle prime due settimane di gennaio.
04.03.2021, La birra (1/2)
Nella nostra regione la tradizione della birra si fa risalire ai Celti, qui presenti dal 250 a.C., portatori di un’articolata e originale cultura che ha forgiato il carattere della nostra gente. I Galli avevano una “propaggine” molto importante costituita dalle tribù celtiche dei Carni (Carnia). Furono loro a far scoprire alla popolazione la birra, bevanda assai popolare, non tanto nutriente come il vino, ma soprattutto dissetante grazie al luppolo. Anche in paese si contano numerosi estimatori ed estimatrici della birra che conta numerosi stabilimenti di produzione in regione. La si ottiene facendo fermentare l’orzo tostato (malto) con l’aggiunta di fiori di luppolo come aromatizzante, a bassa o alta gradazione. Più l’orzo è tostato, più il colore della birra diventa scuro e aumenta la quantità di maltodestrina che dà il sapore dolce alla birra. Più c’è luppolo e più la birra è amarognola e aromatica. Le combinazioni, per altri tipi di birra, sono numerose. Le birre prodotte in regione sono integrali, quindi non pastorizzate e non filtrate. Sono molto gradite perché rimane presente il lievito che conferisce una carica vitaminica non presente nelle birre industriali. La loro conservazione non è illimitata e fa prodotta al fresco.
03.03.2021, Amuleti (2/2)
La Chiesa ammetteva altri oggetti di protezione dalle avversità: croci, pane, sale, candele, cera delle candele, fiori, medagliette, rosari, immagini sacre, abitini di bambini, materiale benedetto secondo l’apposito rito previsto dal “benedizionale” cattolico. Tra poche settimane porteremo a benedire il cesto con alcuni alimenti pasquali, tra questi il pane, abitualmente usato come amuleto sacrale, consumato da tutti i componenti della famiglia. La Chiesa “omologava” di volta in volta gli oggetti ammessi, secondo le proprie sofisticate interpretazioni teologiche. Si trattava di oggetti che ricordavano Dio o i santi e pertanto costituivano testimonianza popolare di pura fede e pietà intese ad attirare la grazia divina. Ai valligiani, che avevano sempre a che fare con la sventura, interessava solo la propria difesa e per contrastarne gli attacchi usava qualsiasi mezzo, regolare o irregolare, lecito o illecito, ammesso o proibito per avocare a sé la buona sorte. Oltre agli oggetti sacri e devozionali, infatti c’erano anche gli operatori del “nero” dei quali ci occuperemo più avanti.
02.03.2021, Amuleti (1/2)
Al male metafisico e spirituale gli abitanti delle Valli contrapponevano soprattutto i rimedi “sacri”. Si trattava di veri e propri amuleti di protezione, verbali, gestuali, grafici e materiali approvati dalla Chiesa che metteva il proprio ingombrante zampino in tutta la sfera della vita. Si trattava di oggetti o atteggiamenti che avevano attinenza con il “religioso”. La credenza popolare riponeva negli amuleti, seppur inconsciamente, il principio magico della “simpatia” e della “similarità”, per cui il simile produce il simile. Calcoliamo che ancor oggi un terzo dell’Italia gira con i cornetti rossi in tasca, con il santino di San Gennario, quello del sangue sciolto. Uno tra i simboli più diffusi e ancora praticati era ed è il segno della croce. Era data molta importanza all’acqua santa, che si benediceva durante la settimana santa e soprattutto nella veglia pasquale. ll liquido sacro era usato per i consueti fini ecclesiastici come aspersioni, battesimi, funerali, nonché per la benedizione esterna delle persone, degli animali e delle cose come campi, inaugurazioni di edifici, benedizione delle case. Quasi tutte le famiglie ne possedevano una bottiglietta.