14.11.2024   La Caduta del Muro di Berlino.

(Articolo in due parti – 1 di 2)

La caduta del Muro di Berlino, avvenuta il 9 novembre 1989, rappresenta uno degli eventi più significativi del XX secolo. Questo avvenimento non solo ha segnato la fine della Guerra Fredda, ma ha anche segnato un momento cruciale nella storia europea, aprendo la strada alla riunificazione della Germania e al crollo dei regimi comunisti dell’Europa orientale. Il Muro di Berlino fu eretto nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 dalle autorità della Germania dell’Est (Repubblica Democratica Tedesca, RDT) con l’obiettivo di fermare l’esodo di cittadini verso l’ovest. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Berlino era stata divisa in quattro zone di occupazione: americana, britannica, francese e sovietica. Tuttavia, le differenze ideologiche tra le potenze occidentali e l’Unione Sovietica portarono alla creazione di due stati tedeschi nel 1949: la Germania Ovest (Repubblica Federale Tedesca, RFT) e la Germania Est (RDT). Negli anni precedenti la costruzione del muro, circa 2,7 milioni di tedeschi dell’Est avevano attraversato il confine per trasferirsi nella più prospera Germania Ovest, creando un’emorragia di forza lavoro qualificata e un danno economico significativo per la RDT. Per fermare questa migrazione di massa, il governo della Germania dell’Est decise di costruire una barriera che separava fisicamente Berlino Ovest da Berlino Est e dal resto della Germania orientale. Il muro, lungo oltre 155 km e alto circa 3,6 metri, divenne presto il simbolo della “Cortina di Ferro” che divideva l’Europa in due blocchi contrapposti: quello capitalista a ovest e quello comunista a est. Sorvegliato da torrette di guardia, filo spinato e soldati armati, il Muro di Berlino rappresentava non solo una divisione fisica, ma anche ideologica e politica. Gli anni ’80 furono caratterizzati da un crescente malcontento tra i cittadini della Germania dell’Est, che erano stanchi delle restrizioni alla libertà personale e delle difficili condizioni economiche. Inoltre, l’ascesa al potere di Michail Gorbačëv in Unione Sovietica portò a una serie di riforme, note come “glasnost” (trasparenza) e “perestrojka” (ristrutturazione), che favorirono un clima di maggiore apertura politica e dialogo con l’Occidente. Nel frattempo, movimenti per i diritti civili e proteste pacifiche iniziarono a diffondersi in tutta la Germania dell’Est, culminando nelle famose manifestazioni di massa a Lipsia nell’autunno del 1989. Queste proteste, conosciute come le “Manifestazioni del Lunedì”, radunarono centinaia di migliaia di persone che chiedevano riforme democratiche e libertà di movimento. (continua…).

Nella foto un frammento del muro di Berlino acquistato da Francesco C. presso il Museo del Muro a Checkpoint Charlie.

13.11.2024  Le Tradizioni Friulane per San Martino.

Nel Friuli Venezia Giulia, la festa di San Martino è caratterizzata da numerose tradizioni che variano leggermente da una località all’altra, ma tutte condividono un senso di comunità e di celebrazione. La Festa dei Bambini e i “Cjalsons di San Martin”: Uno degli aspetti più caratteristici della celebrazione è la “questua di San Martino”, una tradizione particolarmente sentita dai bambini. In molte località friulane, i bambini si travestono con abiti semplici e indossano maschere, andando di casa in casa per chiedere dolci, frutta secca e piccoli doni, recitando filastrocche in dialetto friulano. In cambio, offrono canti e poesie dedicate al santo. Questa tradizione è simile ad Halloween, ma con un significato legato alla figura di San Martino. Un piatto tipico preparato per l’occasione sono i “cjalsons di San Martin”, una sorta di ravioli dolci o salati, ripieni con ingredienti che variano a seconda della zona, come patate, uvetta, cannella, e talvolta spezie. I cjalsons rappresentano l’abbondanza dei raccolti autunnali e il calore delle famiglie riunite. Il Falò di San Martino: Un’altra tradizione suggestiva è l’accensione dei falò, chiamati “fogarons di San Martin”. In molte comunità, la sera dell’11 novembre, vengono accesi grandi falò nelle piazze o nei campi. Questi fuochi, che simboleggiano la luce che sconfigge l’oscurità in arrivo con l’inverno, sono un momento di aggregazione sociale, dove la gente si riunisce per cantare, danzare e gustare insieme il vino novello. I falò rappresentano un rito di purificazione e di buon auspicio per il nuovo ciclo agricolo che si apre. Le Fiere e i Mercati: Un altro elemento centrale della festa di San Martino in Friuli sono le fiere e i mercati. Questi eventi, che si svolgono in molte cittadine della regione, offrono l’occasione di acquistare prodotti locali e artigianali. Sono momenti di festa che celebrano non solo la fine della stagione agricola, ma anche il senso di comunità. Nelle piazze si possono trovare bancarelle con castagne arrosto, vin brulé, dolci tipici e salumi, creando un’atmosfera di festa e convivialità.

12.11.2024  Festa di San Martino a Cividale.

La festa di San Martino a Cividale del Friuli, che si celebra l’11 novembre, è uno degli eventi più sentiti e ricchi di tradizione in questa antica cittadina friulana. Cividale, con il suo centro storico affascinante e le profonde radici medievali, diventa il palcoscenico di una serie di celebrazioni che uniscono tradizione, cultura e convivialità. Questa festa non è solo un omaggio al santo, ma anche un’occasione per ritrovare il legame con il passato contadino della regione.La festa di San Martino rappresenta un momento di transizione tra l’autunno e l’inverno, un periodo in cui si tirano le somme dei raccolti e si gode dei frutti della terra. È una festa che, pur avendo origini religiose, ha assunto connotazioni prevalentemente popolari e legate alla vita contadina. Uno degli aspetti più caratteristici della festa di San Martino a Cividale è la “fiera di San Martino”, un evento che attira numerosi visitatori da tutta la regione. Per le strade della città si snodano bancarelle che offrono prodotti tipici locali, come salumi, formaggi, miele, e ovviamente il vino novello, che viene assaggiato per la prima volta proprio in occasione di questa festa. La frase “A San Martin, ogni mosto diventa vin” è infatti un detto popolare che simboleggia l’apertura delle botti di vino novello, segnando così la fine della vendemmia. Un altro elemento tradizionale è la benedizione dei cavalli, una pratica che risale ai tempi antichi, quando il cavallo era un prezioso alleato nei lavori agricoli. I cavalli vengono ornati a festa e sfilano per le vie del centro, ricevendo la benedizione in piazza. La festa di San Martino a Cividale è anche un’occasione per ritrovarsi con amici e familiari, condividendo momenti di convivialità. Oltre al vino novello, protagonisti della tavola sono i piatti tipici della cucina friulana, come la gubana (un dolce ripieno di noci, uvetta e spezie), la polenta con i funghi e la carne alla griglia. La festa di San Martino a Cividale del Friuli è molto più di una semplice ricorrenza religiosa: è un momento di comunità, di celebrazione della tradizione e di valorizzazione dei prodotti locali. In un’epoca di modernità e frenesia, questa festa rappresenta un ritorno alle radici, un modo per riscoprire il piacere delle piccole cose, della buona cucina e della condivisione, celebrando la storia e la cultura friulana in un contesto unico e suggestivo.

11.11.2024 Festa di San Martino.

La festa di San Martino, celebrata l’11 novembre, è una delle ricorrenze più sentite nel Friuli Venezia Giulia, regione ricca di tradizioni popolari che si tramandano da generazioni. Questa festa, radicata profondamente nella cultura locale, segna la conclusione del ciclo agricolo annuale e l’arrivo dell’inverno. San Martino è, infatti, un momento di passaggio che combina aspetti religiosi, rurali e sociali, intrecciando elementi pagani e cristiani. La festa di San Martino ha origini antiche, legate al culto di San Martino di Tours, un santo venerato in tutta Europa. Martino era un soldato romano che, secondo la leggenda, durante un freddo inverno, incontrò un mendicante infreddolito. Mosso a compassione, tagliò a metà il suo mantello per condividerlo con l’uomo. Questa azione di generosità e carità cristiana è diventata il simbolo di San Martino, un modello di virtù e solidarietà. In Friuli, la festa ha assunto connotazioni diverse nel tempo, collegandosi non solo alla figura del santo ma anche ai cicli naturali e agricoli. San Martino segna il periodo in cui si concludevano i contratti agricoli annuali, si rinnovavano le mezzadrie e si chiudevano i conti dell’annata agraria. Non a caso, il proverbio friulano “A San Martin, ogni mosto diventa vin” riflette il momento della fine della vendemmia e l’apertura delle botti di vino nuovo. In Friuli, come in altre regioni italiane, è comune parlare dell’”Estate di San Martino” per indicare quel breve periodo di clima mite che spesso si verifica a novembre, attorno alla festa del santo. Questo fenomeno meteorologico, caratterizzato da giornate insolitamente calde e soleggiate, è considerato un dono di San Martino, un’ultima parentesi di bel tempo prima dell’inverno.

10.11.2024  Le foglie secche.

Autunno è stagione di foglie che cadono in uno spettacolo di colori; le foglie cadute sono da sempre ispiratrici di poesie e racconti, metafore del tempo che passa e del cambiamento delle cose. Turisti da ogni dove si recano in Giappone a vedere il “foliage”, la meraviglia dei paesaggi colorati dalle foglie dei ciliegi, o in varie località oggi di moda anche in Italia. Per la gente pratica come noi le foglie secche sono spesso indice di…tombini otturati, vialetti da spazzare e campi da  rastrellare! Insomma, un bel lavoro stagionale. Le foglie nei tempi passati erano una risorsa per i contadini che le usavano come lettiera per gli animali o per mantenere asciutti i frutti raccolti e riposti in soffitta. Oggi vengono usate per la “pacciamatura” degli orti in modo da coprire le piante con una soffice coperta di foglie e proteggerle dal freddo mantenendo anche una certa umidità del suolo. Le foglie secche a contatto col terreno e decomponendosi lo arricchiscono di minerali e altre sostanze utili; creano l’ambiente adatto al proliferare di funghi, insetti, microrganismi utili come cibo per altri animali.

08.11.2024  Consigli dell’esperto.

Leggiamo dal Web un’intervista al prof. Valter Longo, famoso per la sua “Dieta della Longevità” e del digiuno intermittente, in cui spiega come sia una cattiva abitudine quella di mangiare il pane al ristorante prima che arrivi l’ordinazione: “E’ come mangiare un cucchiaio di zucchero prima del pasto”. In effetti, i carboidrati e gli amidi contenuti nei grissini o nel pane, sono delle calorie in più che rappresentano una percentuale eccessiva e che potremmo fare a meno di ingerire, soprattutto se poi segue un pasto ricco e grasso come quello che si consuma nei ristoranti. E’ una abitudine tipicamente italiana quella di avere sempre il pane in tavola ed è difficile da abbandonare.  Molti altri sono i consigli che il prof. Longo propone: mangiare più proteine che vengono dai legumi piuttosto che dalla carne rossa, preferire cereali integrali, verdure di stagioni, prodotti tipici del territorio; molto importante è la restrizione calorica delle 12 ore che tutti dovremmo attuare, quella cioè di non mangiare dalle 8 di sera fino alle 8 del mattino in modo da permettere al nostro organismo di ottimizzare le sue funzioni.

07.11.2024  Notizie dal Mondo.

Sudafrica: La zona di Johannesburg e Pretoria, capitali del paese Africano, rischia seriamente di restare senza acqua potabile a causa dei livelli dei bacini ormai allo zero; l’intera rete idrica è al collasso a causa delle scarse piogge, il caldo, i furti e le perdite delle tubature stimate al 44%.

Russia: Un’inchiesta dell’Agenzia Associated Press denuncia che almeno 182 giovani donne africane sono state ingannate con contratti di lavoro russi che promettevano occupazione nella ristorazione e i permessi di soggiorno per entrare in Europa; le ragazze invece si sono viste trasportare a più di 1000 km da Mosca e impiegate nelle fabbriche di droni missilistici per la guerra in Ucraina.

Canada: Crisi diplomatica tra Canada e India; la polizia canadese accusa il governo indiano di favorire gruppi criminali dediti ad attività illecite e anche omicidi di esponenti dissidenti indiani.

Marocco:  Il sud del paese è stato interessato da fortissime piogge che hanno allagato il deserto del Sahara, cosa che non accadeva da almeno 50 anni. La zona desertica e secca ha ricevuto le piogge di almeno un anno in due soli giorni e ci sono stati almeno 20 morti. Molte colture sono andate distrutte ma le falde acquifere che erano quasi asciutte ora si sono riempite.

06.11.2024   Africa medievale – L’Eredo di Sungbo.

(Articolo di Elvira C.)

La Fortezza Eredo di Sungbo, situata nella Nigeria sud-occidentale, è una delle strutture difensive più imponenti dell’Africa precoloniale. Questo complesso di mura e fossati, noto anche come Sungbo l’Eredo, ha una storia che si intreccia con miti e leggende locali ed è un importante simbolo della cultura Yoruba. Spesso paragonata alla Grande Muraglia cinese per la sua estensione, questa costruzione storica rappresenta un capolavoro di ingegneria militare e organizzazione sociale dell’antica civiltà africana. La fortezza prende il nome da Sungbo, una figura leggendaria nella tradizione orale della regione. Alcuni credono che Sungbo fosse in realtà la regina Bilikisu Sungbo, associata a miti locali che la identificano come la leggendaria regina di Saba, menzionata sia nella Bibbia che nel Corano. Secondo la leggenda, la fortezza sarebbe stata costruita in suo onore o per proteggere il suo regno. Tuttavia, la storia precisa di Sungbo rimane avvolta nel mistero e nella mitologia, rendendo la sua origine un affascinante argomento di studio per archeologi e storici. L’Eredo di Sungbo è costituito principalmente da un sistema di mura di terra e fossati, che si estende per circa 160 chilometri. Questa imponente struttura, costruita tra il IX e il XV secolo, raggiunge un’altezza di circa 20 metri in alcuni punti, con fossati che arrivano a profondità significative. La costruzione è un esempio straordinario di come le società africane utilizzassero le risorse naturali per la difesa, sfruttando la terra locale per erigere imponenti barriere. La fortezza racchiude una vasta area che comprende diversi insediamenti e centri abitati, suggerendo che la sua funzione fosse sia difensiva che di demarcazione territoriale. Oltre alla sua impressionante architettura, Sungbo l’Eredo rappresenta un’importante testimonianza della capacità organizzativa e ingegneristica degli antichi Yoruba. La sua costruzione richiese un coordinamento collettivo significativo, con migliaia di persone coinvolte nella sua realizzazione. Questo dimostra l’esistenza di una società altamente strutturata, con leadership forte e capacità di mobilitare grandi risorse umane. Molto prima dell’arrivo dei Portoghesi nel 1472, qui si scambiavano ricercati prodotti agricoli e spezie, tessuti e sale, si fabbricavano perle di vetro, vasellame e raffinati oggetti in bronzo. Sono stati ritrovati resti di pavimenti costruiti con frammenti di vasi, quindi con materiali di riciclo. Nonostante la sua rilevanza storica, la fortezza è stata a lungo trascurata nelle narrazioni archeologiche globali, anche se negli ultimi decenni ha iniziato a ricevere maggiore attenzione da parte di ricercatori internazionali. Il sito, oggi considerato patrimonio culturale, attira visitatori e studiosi, rendendolo un luogo di grande importanza non solo per la Nigeria, ma per l’intera storia dell’Africa precoloniale. La Fortezza Eredo di Sungbo è un monumento eccezionale che offre uno sguardo sulla complessità delle antiche società africane. Rappresenta non solo un’opera d’ingegneria, ma anche una testimonianza del patrimonio culturale della Nigeria e dell’intero continente africano, spesso troppo sottovalutato.

05.11.2024   I quaranta anni della Scuola Bilingue e la figura del suo fondatore Paolo Pericig.

(Articolo di Marina P. / seconda parte 2 di 2)

 Sempre nel 1974, un primo gruppo di bambini prese parte al soggiorno estivo Mlada brieza. Fu proprio questa iniziativa (che proseguì per diversi anni) durante la quale decine e decine di ragazzi svolgevano ogni estate nei paesi di montagna delle Valli del Natisone esperienze di relazione, di conoscenza dell’ambiente e della cultura locale, attività espressive e musicali e di approccio alla lingua slovena, il primo passo verso l’istituzione dell’insegnamento bilingue italiano/sloveno nelle Valli del Natisone e nella Provincia di Udine. A partire dall’esperienza di Mlada Brieza, egli maturò l’idea di istituire una scuola privata bilingue e nel 1980 promosse la nascita dell’Istituto per l’istruzione slovena, da lui a lungo diretto, seguita nel 1984 dalla fondazione della Scuola bilingue (con un centro prescolastico) con 5 bambini, diventati 11 nel corso dell’anno scolastico e, due anni dopo, dall’avvio della prima classe elementare. Oggi conta ben 227 iscritti e comprende una Sezione primavera (dal 2021), una Scuola dell’infanzia (dal 1984), una Scuola primaria ed una Scuola secondaria di primo grado (dal 2007). Nel 2001 viene riconosciuta dallo Stato e pienamente inserita nel sistema scolastico italiano. Nell’ambito delle attività del Centro studi Nediža, Petricig promosse anche iniziative quali l’organizzazione dei campi-scuola durante l’emergenza del terremoto nel 1976, la prima Scuola di Musica di San Pietro al Natisone e, nel 1977, l’istituzione dell’Associazione Artisti della Benecia, con la Beneška galerija, di cui fu per molti anni presidente e animatore. Fu autore di numerose pubblicazioni e saggi nel corso ella sua vita. In campo artistico realizzò opere pittoriche e grafiche, presenti in diverse collezioni pubbliche e private; le sue numerose fotografie e i suoi molteplici filmati (attualmente in fase di digitalizzazione e catalogazione) rappresentano un importante corpus archivistico che documenta la vita sociale e le attività culturali degli ultimi decenni del Novecento nelle Valli del Natisone.

In parte estratto dal sito dell’Istituto comprensivo con lingua di insegnamento bilingue italiano-sloveno.

Nella foto La Presidente slovena Nataša Pirc Musar tra il sindaco di San Pietro al Natisone Cesare Pinatto, il Direttore della Scuola Davide Clodig.

04.11.2024   I quaranta anni della Scuola Bilingue e la figura del suo fondatore Paolo Petricig.

(Articolo di Marina P./  prima parte, 1 di 2)

Sabato 5 ottobre presso Santa Maria dei Battuti a Cividale si è tenuta l’inaugurazione della mostra documentaria per il 40° anniversario della scuola bilingue di San Pietro al Natisone “ La scuola di Paolo – Pavlova šola”. Nel corso di questo anno scolastico sono previste diverse iniziative per i festeggiamenti di questa importante ricorrenza. Ad iniziare, oltre alla mostra dedicata, c’è stata la visita ufficiale della Presidente della Repubblica di Slovenia, signora Nataša Pirc Musar,  tenutasi il 15 di ottobre, che, oltre a visitare la scuola, ha anche incontrato vari esponenti delle istituzioni locali, regionali e statali nella sede del Municipio. Ha inoltre incontrato alcuni esponenti di aziende locali (come ad esempio le “Donne della Benečia”) che le hanno presentato i prodotti delle nostre valli. Passiamo ora alla figura di Paolo Petricig. Paolo Petricig (6.2.1929-10.8.2005) fu insegnante, educatore, artista, politico, saggista, instancabile organizzatore culturale. Ideatore e fondatore della Scuola bilingue di San Pietro al Natisone. Tra il 1975 e il 1985 svolse il ruolo di consigliere provinciale a Udine. Nel 1972 con un gruppo di amici e collaboratori fondò il Centro studi Nediža, associazione che si proponeva di affrontare lo studio della Slavia friulana nei suoi vari aspetti, di diffondere i risultati delle ricerche relative a questo territorio e di individuare possibili interventi per il miglioramento della situazione socio-economica dell’area di confine in Provincia di Udine e per la sua valorizzazione culturale. In questo contesto organizzò dapprima diversi cicli di conferenze, con cadenza annuale, denominati Benečanski kulturni dnevi / Incontri culturali della Benecia, cui parteciparono studiosi di diverse discipline sia italiani che sloveni (dal 1973 al 1992), mentre nel 1974 ideò il primo concorso dialettale Moja vas, attraverso il quale bambini e ragazzi in età scolare, cimentandosi con la scrittura in dialetto sloveno, potessero recuperarne progressivamente la padronanza e l’uso.

Nella foto Paolo Petricig