28.09.2022, Malattie & vaccini

   Non è certamente nostra intenzione entrare nel merito del pensiero divisivo tra i pro-vax e i no-vax, che distanzia anche l’opinione di molti paesani rispetto a questo argomento, entrato prepotentemente nel dibattito durante la recente pandemia. Vero è che i vaccini hanno salvato in passato e, salveranno in futuro, milioni di vite. Lo scrivono tutte le riviste scientifiche. Facciamo una breve panoramica delle malattie scomparse grazie ai vaccini, offerti gratuitamente dal Servizio Sanitario: la poliomielite è scomparsa nel 1982 dopo milioni di casi, alcuni a suo tempo presenti anche in paese. La difterite è stata debellata a partire dagli anni ’70. La pertosse (vaccino dal 1961) ha colpito duro anche nel nostro territorio con pazienti ricoverati nei sanatori della Valtellina. Parliamo del tetano? Oggi l’antitetanica è un vaccino trivalente combinato con difterite e pertosse. Anche l’epatite virale B, che vede il 2% dei friulani portatori cronici del virus, vede il crollo di nuovi casi. Una tra le infezioni più temute è la meningite, causa di danni permanente e morte (negli anni ’40 un caso anche a Ponteacco). Grazie all’introduzione del vaccino nel 2013, i casi in Friuli si sono ridotti a pochi pazienti. Il morbillo è considerato in Europa estinto dal 2007, ma è riapparso recentemente a causa del calo delle vaccinazioni. Patite, rosolia, varicella, fuoco di Sant’Antonio, rotavirus e papilloma-virus hanno avuto una contrazione di casi fino al 90 % grazie ai vaccini. La notizia di oggi si ispira al già reclamizzato vaccino antinfluenzale che contiene il numero dei malati e dei decessi.

27.09.2022,La storia di Beo

   Molti anni fa la signora Rosetta ha posseduto per molto tempo uno splendido esemplare di merlo indiano. Un animale assai bello, dotato di piume nere e lucide, con un becco giallo che si distingueva dal resto del corpo, sorprendendo la persona intenta ad osservarlo. Beo ha vissuto molti anni anche per le cure che gli erano rivolte. La sua gabbia era esposta all’ingresso dell’abitazione, mentre di notte o nelle lunghe giornate invernali era custodita in sala. È tipico del merlo indiano emettere in continuazione lunghi fischi e “interpretare” tutta la rumoristica che caratterizza l’ambiente, riproducendola con tale somiglianza alla voce umana, da stupire molte persone. Il “ciao” di Beo è passato nella storia: lo dedicava a tutti, a chi attendeva la corriera, a chi transitava in bicicletta, a chi suonava il campanello. Di fronte all’abitazione nel campetto di pallone, si svolgevano ogni pomeriggio le partite e l’euforia dei ragazzi non risparmiava lo sgancio di qualche imprecazione contro gli dei, che Beo ovviamente imparò in breve tempo. Per qualcuno è stato imbarazzante sentire il cortese “ciao” abbinato a uno “zio” qualsiasi. Un giorno Beo passò a miglior vita e la signora decise di farlo imbalsamare. Dopo numerosi anni, durante un trasloco di Mabira, chi spuntò da una scatola colma di altri oggetti? Beo! Durante una riunione di famiglia si decise di concedergli degna sepoltura in un angolo del giardino.

26.09.2022, Ieri al Centro

   La prima domenica di autunno al Centro suggeriva quasi quasi l’accensione della stufa. L’appuntamento con il fuoco sarà per la prossima settimana. Il turno condotto da Marzia e Tonino, che ringraziamo, è stato vivace con una buona presenza di soci, favorita forse anche dal maltempo del mattino, che dá occasione di aggregazione. La settimana che inizia oggi, salvo rinvii, prevede la riunione del Consiglio direttivo chiamato a discutere e deliberare i progetti dell’ultima parte dell’anno. Auguriamo giorni sereni nel corso dei  quali il maltempo farà da padrone.  La pausa di questi giorni è la conseguenza di un’indisposizione di chi gestisce questo box, con la consapevolezza che potrebbero verificarsi altri episodi di sospensione nostro malgrado. Ce ne scusiamo con lettrici e lettori.

22.09.2022, La triste condizione degli allettati di un tempo

   “Allettato” è un termine a dire il vero poco elegante, entrato nel lessico italiano da pochi anni. In passato, a Ponteacco varie famiglie hanno convissuto con persone costrette a letto. La maggior parte delle cause dell’immobilità, probabilmente oggi sarebbe risolvibile. Si trattava di disfunzioni alla colonna vertebrale, oppure i postumi di una frattura del bacino, o di altre patologie invalidanti. Negli anni ’40 o ’50 non esisteva alcuna copertura sanitaria e assistenziale capace di confortare l’ammalato i suoi familiari. Si trattava di gestire un grosso problema sanitario, con le medicine a carico e anche anche un aspetto umano decisamente triste. Le persone erano relegate a letto, spesso in camerette separate o ricavate da spazi già minimi. Tutto il giorno a guardare il soffitto: la radio non c’era, dei giornali neppure l’ombra, gli adulti impegnati al lavoro nei campi, attesa del pranzo e della cena, qualche volta in ritardo o dimenticata. Potevano contare  sulle visite dei bambini della casa e ogni tanto del parroco o del cappellano. Se riflettiamo, erano condizioni di grande pena per l’intera famiglia.

21.09.2022, Sant’Ilario protettore dalla siccità (2/2)

   Nel 1928, a parte uno o due brevi acquazzoni, non piovve dal 1° luglio al 6 agosto e le temperature raggiunsero picchi eccezionali, proprio come quest’anno. Per implorare le tanto attese precipitazioni, i parroci organizzavano nelle annate siccitose funzioni religiose serali con la recita delle litanie dei santi. Il 26 luglio di quell’anno partì da Ponteacco un’affollata processione che raggiunse Lasiz e la chisetta di sant’Ilario. Era guidata dal cappellano, composta da uomini, donne con il volto bruciato dal sole e da numerosi bambini. Improvvisamente, durante la funzione, si scatenò un mezzo nubifragio con vento impetuoso, ma con scarsissima pioggia. Solo lunedì 6 agosto, mentre un grande pellegrinaggio inter-parrocchiale diretto a Castelmonte si trovava a metà salita, arrivò un forte temporale che finalmente annunciò la fine della siccità. Ironia della sorte: l’estate successiva si rivelò molto piovosa e fresca.

20.09.2022, Sant’Ilario, protettore dalla siccità (1/2)

   Il duro lavoro nei campi, nei prati e negli orti è stato più volte sottolineato nella nostra rubrica dedicata alle notizie del paese e del nostro territorio. La siccità, come quella che abbiamo vissuto durante l’estate, ci mostra solo un aspetto della stagione, abituati com’erano i nostri nonni a sopportare a lungo il freddo e il caldo, la fatica e la stanchezza. Tra tutti i guai sopportati dalle generazioni che ci hanno preceduto, la siccità era la più allarmante perché da essa dipendeva il raccolto dei campi che assicurava la sopravvivenza delle persone e degli animali, specie a Ponteacco, dove la mancanza cronica d’acqua è stata una costante nel tempo. La siccità era considerata una maledizione, una punizione di Dio e ci si rivolgeva con insistenza alla Madonna o ai santi intercessori affinché facessero cadere sulla terra riarsa la pioggia rigeneratrice. La gente delle Valli, assieme ai propri sacertodi, si recava in pellegrinaggio alla chiesa di sant’Ilario, nei pressi di Robič, perché credeva nel potere del Santo di porre fine alla siccità. Invocavano «Sveti Uòlar, dajte ga!» (Sant’Ilario, datecela – la pioggia) …

19.09.2022, Ieri al Centro

   La Pro Loco non può che ringraziare Simona e Mariangela per il turno svolto ieri al Centro. Si è trattato di una domenica vivace, che ha visto anche la presenza di appassionati di pallavolo, amici di Mariangela e Simona, già conosciuti al Centro in qualità di giocatori nell’ultimo torneo del luglio scorso. Non sono mancati alcuni brindisi offerti dai soci che hanno festeggiato recentemente il loro compleanno. C’erano di contorno pizzette tiepide e tartine con prosciutto o salame. Si è parlato di vari argomenti, tra questi i funghi, mentre l’argomento “votazioni” di domenica prossima non ha riscontrato alcun stimolo o interesse. La settimana che inizia oggi, feriale, ci porterà in autunno. È fissata per giovedì 29 settembre la riunione del Consiglio direttivo della Pro Loco con l’ordine del giorno in fase di definizione. Auguriamo giorni sereni e il bel tempo previsto ci darà una mano.

18.09.2022, Le suore (3/3)

   La liberazione dalle suore presenti fino agli anni Ottanta nella Casa di Riposo Sirch di San Pietro al Natisone fu vissuta con entusiasmo e senso di conquista. Terminava un’egemonia durata decenni, durante i quali hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Gli ospiti erano tenuti ad osservare la massima disciplina. Cercando di mantenerci ai fatti e alle testimonianze, quasi certamente condivise da tutta l’opinione pubblica, le suore hanno svolto un ruolo molto controverso, di potere immenso. Era abitudine lasciare alla suora una banconota a favore del parente ricoverato, per consentigli di soddisfare il desiderio di consumare un biscotto o un caffè prelevato dalle macchinette installate da poco. Non siamo certamente di giudicare l’onestà di queste operatrici, dotate di un tascone nascosto dietro al grembiule, come parenti che hanno lasciato cospicue somme di denaro prima e di eredità poi a queste madri di chissà quale confraternita veneta. Secondo la testimonianza di una paesana, al mattino le mùnje verificavano i decessi avvenuti nel corso della notte per poi raccontare ai parenti: «La persona mi è morta tra le braccia». Alle suore del ricovero nulla certamente mancava: vivevano in un angolo riservato, dotato di tutti i comfort, giocavano a carte, non assaggiavano un alimento comune a quello degli ospiti. Una cuoca del tempo commentò: «Trovo molto, ma molto più difficile fare da mangiare per le sette suore che per i cinquanta ospiti». Per tutti i tre casi menzionati (scuola, ospedale e ricovero), i tempi erano quelli, c’è poco da fare. Speriamo solo non tornino.

17.09.2022, Le suore (2/3)

   All’ospedale di Cividale le suore erano il punto di riferimento delle cure post-operatorie e assistenziali, con competenze professionali mai dimostrate o certificate. Chi scrive, ricoverato per un semplice intervento chirurgico, ricorda ancora un’orribile suora, piccola, tarchiata, vecchia, con un enorme grembiule e con il potere di impedire la visita della mamma al figlio appena operato, obbligandola a fermarsi alla porta d’ingresso del reparto dopo aver raggiunto l’ospedale in bicicletta. Era la suora che spesso parlava al posto dei medici e alla fine decideva come e quando ammettere una persona al capezzale del malato. Era la suora che somministrava i medicinali prescritti dai medici, che provvedeva alle iniezioni e con l’aiuto di altre consorelle a preparare i pasti da distribuire ai degenti, con le bistecche tiepide e asciutte in superficie, e più saporite e condite in fondo al tegame, destinate ai pochi eletti. Nei reparti dell’ospedale la vita con le suore si svolgeva tra un rosario e l’altro, sempre nel timor di Dio, della morte, mentre la sofferenza fisica era spesso considerata un dono del Signore, un qualcosa che avvicinava al Cielo. La sostituzione di queste “munje” con personale qualificato fu considerata una grande libertà e l’inizio del raggiungimento di un manifesto molto importante: il diritto del malato …