25.02.2022, Arriva marzo (1/2)

   Ci avviciniamo a grandi passi a marzo. L’antico calendario cominciava proprio con il nuovo mese, dedicato a “Mars”, Marte, che prima di essere il dio della guerra fu il dio della vegetazione visto che proprio a marzo presentava i segni del timido risveglio primaverile. Marzo, dunque, era ed è il mese preposto all’insegna del rinnovamento e dell’iniziazione in analogia al coincidente ingresso della nuova stagione. Peccato che si siano perse molte tradizioni. In questi ultimi giorni di febbraio si programmavano le iniziative che sottendevano un chiaro messaggio augurale per il risveglio e la fertilità della terra in prossimità dell’apertura del nuovo ciclo. In alcuni paesi delle Valli i riti si arricchivano di elementi protreptici a favore della fertilità umana e animale. La consuetudine del cosiddetto “trato marzo” o “Calendimarzo” era largamente diffusa in tutta la fascia alpina e prealpina, dove spesso si riscontrava anche la tradizione di “far lume a marzo”, ovvero di accendere fuochi notturni con metodiche e finalità verosimilmente similari a quelle riscontrate nei fuochi solstiziali del Friuli. E in questi ultimi giorni del mese ci si organizzava, si preparava i mucchi di fasìne (fasci di legna sottile) da accendere dopo pochi giorni, puntuali il primo marzo …

24.02.2022, Disinfettanti (2/2)

   Al bordo della strada principale del nostro paese scorreva il patòk della fognatura a cielo aperto. Si trattava di un collettore delle acque dei pochi bagni e delle cucine del paese. Appariva come  rigagnolo dal colore grigio e certamente non ben odorante. A volte i bambini giocavano nell’alveo di questo fosso, creando piccole dighe e scavando la ghiaia tranquillamente a mani nude per creare un bacino ancora più profondo. C’era una barriera protettiva antibiotica senza precedenti in quei bambini, spesso pieni di graffi, sbucciature, tagli. Si trattava di abrasioni curate alla meno peggio, senza cerotti, senza la minima preoccupazione di infezioni. Rimaneva sempre il rimedio della grappa o della colorata tintura di iodio, detta anche “tintura di odio” composta da una miscela di alcol e ioduro di potassio, considerata ancor oggi un ottimo disinfettante. Negli anni ‘50 c’era ancora l’abitudine di applicare della terra umida sulla ferita! Una signora di borgo Petrina rimase ferita al polpaccio con la vila. La ferita era piuttosto profonda. Fu convinta di applicare alcune manciate di terra sul taglio sanguinante. Purtroppo l’esperimento non funzionò: il tetano ebbe il sopravvento e la signora morì tra dolori atroci.

23.02.2022, Disinfettanti (1/2)

   Mai nella nostra storia abbiamo avuto mani più igienizzate come in questi ultimi due anni. Il gel è stato consumato in abbondanza, gradevole quello più alcolico, sgradevole quello meno alcolico in quanto simile più a un sapone liquido piuttosto che a un disinfettante. In questi ultimi decenni si è sviluppata una corretta attenzione sull’uso dei disinfettanti, prodotti farmaceutici da banco tra i più richiesti.  E se percorriamo la storia dei metodi disinfettanti, c’è da rimanere stupiti. Le ferite alle mani o al braccio solo recentemente sono oggetto di accurata pulizia e applicazione della sostanza purificatrice, ma un tempo non era così. Un taglio non grave alla mano era trattato con la saliva, spesso con una “succhiata” di sangue, mentre la ferita più importante vedeva una generosa applicazione di grappa con un’acuta sensazione di bruciore nella regione della ferita. Cento anni fa la cura delle ferite era ancora più grossolana e approssimativa. Una signora del paese, mentre falciava il fieno, fu morsicata alla gamba da una vipera. L’arto iniziò rapidamente a gonfiarsi con conseguenze che potevano risultare gravi. Non si pensò due volte a scavare un buco profondo una cinquantina di centimetri. La povera donna mise all’interno di questo piccolo scavo la sua gamba oramai tumefatta dal morso e dal veleno del rettile. Magia delle magie, dopo due ore di permanenza nell’argilla fresca e umida, una volta volta estratta, la gamba non presentava più gonfiore e non dava dolori …

22.02.2022, Insetti: forse ci abitueremo (2/2)

    Entro 10 anni la voce “insetti” avrà una posizione di rilievo nelle vendite. Andremo al CCD della Barbetta e acquisteremo animaletti in confezioni simili a quelli della rucola già pronta per essere condita. Si preconizza addirittura un’autentica concorrenza con il mercato della carne vegetale che, piace? Non piace? Ma si vuol ammettere la bontà di una bella tazza di latte cosparsa di polvere di larve di coleotteri che poi potremo trovare in hamburger e carne finta. In Austria questa “prelibatezza” è già in commercio. Dato che gli insetti assorbono il gusto di qualsiasi cibo sia loro offerto, i cuochi danesi (primi al mondo per qualità e fantasia della loro cucina) si sbizzarriscono con i sapori. E noi, patria della polenta, del muset, dei minestroni, chissà se ci abitueremo a una passata di insetti, che potrebbero essere un improbabile gustoso contorno al parchiaz. Scarafaggi & tajadeje: che bontà! 

21.02.2022, Ieri al Centro

    «Una domenica così-così», questo è stato il commento di Laura al termine del turno domenicale svolto con Patrizia. Una presenza discreta di soci, allietata da uno squisito assaggio di salumi offerto da Claudio di Sorzento, proprietario non di una cantina, ma di un autentico museo con un patrimonio in salami, pancette, lardi, ossocolli, soppresse e musetti. Claudio è un cultore delle vecchie tradizioni, anche norcine e gli affettati che ha desiderato offrire ai soci della Pro Loco nulla hanno a che vedere con i prodotti di negozio. Patrizia e Laura hanno preparato i crostini tiepidi, rivestiti di queste bontà. Varie persone sono transitate in sala, anche se non lo possiamo definire il “pienone” di altre domeniche. La giornata ha favorito le passeggiate, le uscite in auto e il nostro pomeriggio è stato allietato dai bambini radunati per un festoso compleanno. Buona settimana alle gentili lettrici e gentili lettori.

20.02.2022, Insetti: forse ci abitueremo

   Lo faremo, ma con grande difficoltà. Nei Paesi poveri due miliardi di persone mangiano regolarmente gli insetti e, anzi, sono per loro la fonte principale di proteine animali. Anche le Valli, il Friuli, l’Occidente tra poco saranno invasi di gustose locuste, scarafaggi croccanti? Secondo gli studiosi di scienze alimentari dell’Università di Udine, i tempi si fanno sempre più serrati. Certo, gli insetti commestibili fanno bene al pianeta e a chi lo abita: hanno un impronta di carbone minima rispetto al bestiame, consumano poca acqua e hanno bisogno di poco spazio per crescere. Molti insetti si cibano di residui organici, come gli alimenti andati a male e quindi la loro produzione potrebbe essere inserita nella cosiddetta economia circolare, poi sono pieni di proteine e poveri di grassi. Che beneficio per il nostro organismo riempire la nostra bocca di cucchiaiate di grilli. Intanto oggi al Centro ce la riempiremo con gustose fette di salame e pancetta …

19.02.2022, Le Màkota (4/4)

    Riguardo al timore insito del luogo già descritto, non per ultimo fu il ritrovamento senza vita del corpo di un paesano avvenuto il 5 dicembre 1983, sul bordo della parete rocciosa verticale di una cava di marna, i cui residui di lavorazione hanno creato le colline delle Teja. La persona era uscita da casa verso le 14:00 con l’intento di far legna. Giunto sull’orlo della parete, un malessere lo fece cadere e rotolare fino a metà scarpata, a circa 8-10 metri dalla sommità. In quei tempi non esisteva ancora la Protezione civile e quando la famiglia diede l’allarme, si formò una squadra di 5-6 volontari che perlustrarono la zona con il buio nel frattempo già calato. Non furono semplici le operazioni di recupero del corpo senza vita dello sfortunato paesano che fu imbragato su una portantina e trasportato lungo il piccolo sentiero sconnesso. Il carro funebre attendeva l’arrivo dei soccorritori con il corpo proprio sulla strada per le Màkota. Il tenue chiarore delle quattro luci collocate nei portalampada dalla forma attorcigliata nel mezzo funebre generò qualche giustificato brivido alla schiena dei presenti.- 

18.02.2022, Le Màkota (3/4)

   Cercando tra le varie notizie del nostro grande baule, ci imbattiamo in alcuni fatti che possono giustificare quel certo timore che abbiamo descritto nella puntata di ieri. Nelle buie serate d’inverno, quando sul golfo triestino inizia a soffiare forte la bora scura, la particolare conformazione delle colline delle Màkota favorisce una specie di effetto-eco che si trasforma in un cupo e continuo rumore di sottofondo, come una nota musicale percepibile in tutto il paese. Era la gioia dei bambini perché nel corso della notte sarebbe arrivata la neve. Tutti i nonni e bisnonni ci dicevano: “Kar tule ta na Makot, pride snìah” (Quando soffia il vento delle Màkota, arriva la neve). È un detto che non è stato mai smentito anche se in questi ultimi tempi, dagli inverni primaverili a causa dei cambiamenti climatici, il vento non si sente più da quelle colline. Un altro fatto di cronaca datato 70 anni fa narra di un grave incidente sul lavoro, accaduto proprio in quei boschi: un giovane paesano intento con la “lata” (pertica) a rimuovere gli ultimi ricci di castagne dei rami più alti, perse l’equilibrio, cadde a schiena e batté il capo su uno spuntone di roccia, morendo sul colpo. Stando al racconto dei frequentatori del bar della Mihelinka di Sorzento, nel loro rientro a casa con il passo piuttosto incerto, per anni si sarebbe sentito nel profondo del bosco qualcosa di simile al lamento di questo ragazzo deceduto tragicamente …

17.02.2022, Le Màkota (2/4)

   Eppure le Màkota hanno sempre incusso un certo timore, soprattutto tra le adolescenti e i bambini. L’area si sviluppa a destra della linea immaginaria che collega i campanili di Ponteacco e Sorzento ed è piuttosto distante dal paese. Un luogo “tenebroso” ricco di leggende e di suggestioni al punto che la fantasia, non solo di Barba Drei, ma di buona parte dei nonni e bisnonni del paese lo considerava il posto preferito del sabba, la congrega notturna delle streghe che, secondo i riscontri della tradizione, avveniva nei pleniluni delle particolari date del calendario, determinate dalle congiunture solari quali i solstizi, gli equinozi o i cuspidi di stagione, in poche parole l’ottuplice scansione delle fasi del Sole. Sarà stato vero? Sarà esagerazione? Sarà stato l’effetto di qualche bicchiere in più consumato nell’osteria della Mihelinka a Sorzento la domenica pomeriggio e che nella strada del ritorno favoriva la suggestione di qualche presenza, la sensazione di essere osservati dal bosco. Sta di fatto che i giovani, le bambine, i ragazzi, una volta raggiunto il bosco e superato il piccolo patòk sulla strada di campagna che collega i due paesi, inspiegabilmente acceleravano il passo per guadagnare metri di cammino al più presto e per raggiungere il punto in cui si intravvedono le prime case del nostro paese …

16.02.2022, Le Màkota (1/4)

    Si tratta di una vasta superficie boscosa tra Ponteacco e Sorzento con sembianze più vicine alla collina che alla montagna e suddivisa in numerose particelle catastali. Ci occupiamo di quest’area di bosco ceduo, ricca di castagni e idonea per il taglio periodico delle piante, da cui spesso, come nelle acacie, si formano i polloni creati dalla rinnovazione agamica. Un’area dove sono presenti numerosi sentieri che portano alle varie proprietà. Uno di questi era talmente agevole che permise in trasferimento di una vettura nella bressana, costituita da un appostamento fisso composto da un quadrilatero di alberi chiuso da reti. Al centro dell’area si localizzavano gli uccelli da richiamo, ai quali si tagliavano crudelmente le timoniere e le remiganti allo scopo di impedirne il volo. Gli uccelli di passo, attirati dai richiami, si calavano all’interno dell’area. L’uccellatore, azionando con una pertica o una fune, provocava lo sbattimento di una serie di barattoli che, spaventando gli uccelli, li spingeva verso la rete. Questo metodo di aucupio oggi è severamente vietato, ma non del tutto scomparso. Si tratta sicuramente di un traguardo della civiltà. Alcuni decenni fa la bressana era diffusa un po’ovunque e quella delle Màkota fungeva anche da autentico rifugio per l’uccellatore, dove poteva riposarsi, attendere nel comfort, ristorarsi e così via. Ora dell’impianto è rimasta solo qualche traccia innocua, parte della capanna e la vettura oramai più che arrugginita e invasa dalla vegetazione …