09.06.2024 Nastisone, Nediža.

 (articolo di Renzo O.) (1 di 2)

Nome asessuato (vedi gli angeli stessi), in italiano maschio, nella nostra lingua slava, femmina; come tanti altri strumenti che il buon Dio ci ha messo a disposizione per poter vivere su questa terra. Tutti questi strumenti, possono diventare armi a doppio tagli a seconda dell’uso che noi umani ne facciamo (libero arbitrio). Uno di questi, per noi abitanti di questo territorio, è il fiume Natisone e gli affluenti che lo alimentano. Dal primo insediamento umano, ha permesso prima la vita al bosco, ai prati, poi agli animali, ai campi e ai frutteti trasformati dalla fatica e dall’ingegno dei nostri avi, in quel che a loro consentiva di sfamarsi e progredire in questo non sempre facile territorio; quindi, con lo spirito di osservazione, con l’intelligenza e la trasmissione ai posteri delle loro esperienze hanno trasformato la sua energia in cose che gli risparmiavano fatiche e pericoli, come il trasporto tronchi usando le sue piene ( Venezia ringrazia). Hanno deviato in parte le sue acque con tratti di canali artificiali e di chiuse adoperando quell’energia per muovere mulini, segherie, in seguito anche in centraline elettriche nonché usi agrari e allevamento del bestiame. Hanno imparato e trasmesso ai loro figli i pericoli che queste ed altre forze della natura rappresentano se non trattate col dovuto rispetto. Hanno imparato, osservando le montagne e le nubi di aspetto diverso che le sovrastavano, in condizioni diverse, anche se localmente potevano non rappresentare un pericolo, si poteva comunque alterare la portata  dell’afflusso dell’acqua del fiume provocata da piogge anche lontane, quindi meglio vigilare e starne lontani. Alcuni esempi ci dimostrano che questi disastri si verificavano anche in altri tempi, anche quando le stagioni erano più regolari di oggi. A mia memoria, negli anni 50, una violenta piena, che non aveva niente da invidiare a quelle attuali, distrusse il ponte in legno di Pulfero (chiamato il ponte di “Qualizza”) e in quel momento, un uomo di Stupizza lo stava attraversando – in bicicletta pare- e fu trascinato dalla piena con il ponte stesso. Il suo corpo fu trovato da un pescatore che aveva visto emergere dalla sabbia uno scarpone a distanza di chilometri a valle, alcuni mesi dopo. Io stesso ho avuto una brutta esperienza da una piena che quasi mi aveva sorpreso su una spiaggetta sotto la località di Tiglio mentre stavo pescando: il tempo da noi era discreto; ad un certo momento un forte fragore mi giunse da lontano; guardai in quella direzione e vidi a circa 150, 200 metri da me, passare sotto il ponte che porta a Tarcetta, un’onda alta che, come un rullo compressore, avanzava verso di me; si portava appresso, radici, alberi e ogni genere di cose raccolte nel suo passaggio; d’istinto, come un fulmine, presi le mie cose  e con un balzo guadagnai la riva e mi portai più in alto possibile, altrimenti l’ondata mi avrebbe raggiunto in meno di 2 minuti… Altre morti occorse nel nostro fiume possono essergli addebitate molto raramente poichè dovute all’imprudenza umana: tuffi da rocce alte con fondali insufficientemente profondi o con ostacoli sottostanti al salto, congestioni dovute a tuffi vicini ai pasti, repentini sbalzi di temperatura ecc.

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