Partiamo dal presupposto che la morale sessuale era stabilita da papi, vescovi, monaci, teologi, monsignori, parroci e cappellani, questo fino ad una cinquantina d’anni fa.. Si dice che nelle Valli del Settecento ci fossero vari episodi di poliandria (più mariti per una moglie) con situazioni se non peccaminose, quantomeno imbarazzanti. Fugando sotto le lenzuola dei nostri avi si scoprono variegate situazioni tra il lecito e l’illecito. Papa Gregorio Magno (540-645) aveva pubblicato un’enciclica nella quale diceva che “il piacere non può essere mai senza peccato. L’unione coniugale è immune da colpe solo se c’è l’intenzione di avere figli”. Ma la gente un po’ s’infischiava di questi proclami visto Vannozza Cattanei era una delle amanti di papa Alessandro VI. Quando ha appeso l’organo riproduttore al chiodo, aprì una locanda chiamata subito dai romani “La Locanda de’ a’ Vacca”. Ci sono documenti che attestano la presenza di case di tolleranza a Cividale, frequentate da schiere di valligiani con tutte le conseguenze sulla salute dei nostri maschi. Sembra che un teologo bacchettone cividalese di metà Settecento fosse stato evirato da alcuni sconosciuti. La donna valligiana del tempo, consunta da stenti e fatiche. si preparava pettinando la sua attaccatura dei capelli in modo da alzarla il più possibile per mostrare la fronte (un “must” in campo sessuale). Lo sposo galante si presentava al mattino dalla sua amata con un piccolo dono per compensare la perdita della verginità. La consegna avveniva generalmente la prima mattina dopo il matrimonio. I rapporti extraconiugali erano moralmente condannati. Le adultere difficilmente potevano rifarsi una vita, mentre l’uomo era messo al bando della società, considerato poco raccomandabile.
15.05.2020, La cultura del legno (3/3).
I mobili pregiati del nostro paese quali vintule, madie, testate dei letti, armadi e cassepanche erano fabbricati in noce o in ciliegio. Per le cassepanche più di qualche paesano possedeva splendidi esemplari creati con il legno di pero. Mobili eleganti erano anche quelli in castagno, mentre per le camere da letto era ricercato l’òntano il cui colore rossiccio conferiva al letto un’elegante tonalità, ravvivata anche con il trattamento di oli specifici. Le botti erano tutte in castagno, effettuate con l’assemblaggio di tavole sagomate (vedremo prossimamente il metodo utilizzato per la sagomatura) tenute assieme da anelli di metallo. Due o forse tre famiglie in paese possedevano delle botticelle piccoline, da 3-4 ettolitri al massimo, create con il legno di ciliegio. Erano utilizzate solo per il vino bianco. Il legno cedeva al vino bianco un lontano e gradito aroma del cuore dell’ossicino della ciliegia. I sommelier nostrani, che giravano di cantina in cantina per giudicare i vari vini, all’inizio del secolo scorso, utilizzavano una piccola ciotola per gli assaggi. Era chiamata “sklìada”, creata con il nocciolino, legno piuttosto ricercato anche per fare i pulentar, i bastoni di media lunghezza utilizzati per cucinare la polenta. Erano resistenti e non prendevano fuoco facilmente. Quella dell’utilizzo del bosco è stata ed è tutt’ora un’autentica civiltà le cui conoscenze andrebbero preservate, protette. Ecco perché abbiamo sottolineato l’importanza della stesura di un libro.
14.05.2020, La cultura del legno (2/3).
Abbattuta la pianta, con i segoni si ricavava la preziosa trave pesante decine di quintali, che con enorme fatica fisica era posizionata su ciò che sarebbe diventato il colmo del tetto. Il legname dei boschi aveva tre tipi di destinazione: legna da ardere, legname per costruzioni e legname per attrezzi. In paese e in generale in tutte le Valli non esiste traccia di tavole o travi di conifere utilizzati per la costruzione delle vecchie case. Oggi con il legno lamellare, stanno comparendo anche da noi elementi in pino, larice o abete, pur essendo un legno non autoctono. In Alto e Medio Adige l’esempio è opposto poiché con il legno di conifere si costruisce tutto: baite, terrazzi, linde, sottotetti. Ad esempio, la palòta della madia, con la quale si prelevava la farina, oggi di metallo al mulino, era costruita con il legno d’acero, così com’erano pregiati i mestoli creati con lo stesso legno. Le persone più esigenti fabbricavano questi attrezzi da cucina utilizzando il noce. Forse non tutti sanno che i pavimenti più pregiati del paese erano prodotti con tavolame di pioppo nero, dell’Isola dei Salici in mezzo al Natisone, proprio nella forra del fiume. È un legno d’acqua, si consuma meno del frassino e a differenza del nome, ha una polpa bianca che era resa candida il sabato, quando le ragazze “fregavano” pavimenti e gradini delle scale con la “verOchina” e l’acqua calda.
13.05.2020, La cultura del legno (1/3).
La convivenza con il bosco è annoverata già dai primi insediamenti nelle valli. Il binomio bosco-uomo è tutt’ora indissolubile, anche se appare cambiato nel corso dei decenni. Si potrebbe pubblicare un bel volume riguardo alle esperienze che ognuno ha accumulato in fatto di boschi, di utilizzo boschivo e di destinazione della materia prima prodotta sotto forma di legna da ardere, di travi e di tavolame. I nostri bisnonni giravano molto per i boschi e quando adocchiavano la pianta giusta, la curavano e anche la barattavano qualora la stessa si trovasse in proprietà altrui. Facciamo un esempio semplice, ma molto importante per la costruzione del nostro paese: la trave portante o maestra delle case. Non era mica semplice trovare la pianta che rispondesse ai requisiti di grossezza e linearità. Erano tutte di castagno, legno pregiato per le sue caratteristiche di essere resistente, non deformabile e, grazie al tannino, essere un naturale antitarlo. In molte case del paese si possono ancora vedere travi impressionanti, posizionate in soffitta da 120, 150 e più anni senza la minima decadenza data dal tempo. I castagni con i quali si ricavavano le travi dovevano crescere in un vallone, in un avvallamento anche angusto del bosco per svilupparsi alti, con un tronco snello ma non grosso, il più possibile privo di deformazioni. Se il bosco e il castagno in questione non era di proprietà, si scendeva a patti con il legittimo proprietario, pagando una somma pattuita, scambiando tale valore con altra legna da ardere o semplicemente con il proprio lavoro.
12.05.2020, Abbiamo evacuato bene?
Il responsabile di un discount ci ha confermato la scomparsa della carta igienica un mese fa e il grande consumo che tutt’oggi si registra riguardo a quest’articolo. Sono giunti camion di rifornimenti. Quando si scriverà un libro ricordando questo periodo eccezionale vissuto dalla nostra società, la carenza di carta igienica forse avrà un capitolo a sé. Questo fenomeno molto curioso si è ripetuto anche in Austria, in Germania, ovvero in tutti gli Stati che hanno chiuso le attività per cercare di limitare il contagio. Prima ancora che acqua, vista la chiusura delle “case del Poiana”, o alimentari, la gente ha fatto incetta del prodotto principe per pulire il proprio fondoschiena. Davanti all’avanzare del virus, sentiamo un istintivo bisogno d’igiene, che parte proprio dalla cura del boffice (dal “Il nuovo De Mauro”), l’Arsch in tedesco. Un tempo si usavano le foglie o i fogli di giornale, fino alla comparsa dei rotoli negli anni ’60 o giù di lì. Gli esperti del settore concordano che il sistema di pulizia a mezzo di carta igienica sia il meno efficace, ma finora le alternative non hanno altrettanto successo. Oltreoceano vanno fortissimo le salviettine umidificate: l’anno scorso ne sono state vendute per 1 mld di Euro e spesso tutti i consumatori hanno la brutta abitudine di gettarle nel wc con gravi problemi di intasamento delle condotte. Il metodo migliore sarebbe il bidet, inventato in Francia nel Settecento, Paese che oggi ne fa il minor uso in EU: anche Maria Antonietta ne aveva uno in cella, mentre aspettava la ghigliottina. Gli americani lo scoprirono nelle case di tolleranza europee e oggi lo associano alla mercificazione del sesso: in poche parole non esiste nella maggior parte delle abitazioni. Oggi il bidet è utilizzato soprattutto in Italia. Può essere considerato un vanto e chissà se l’esito di quest’epidemia sarà quello di far comprendere al resto del mondo il valore del bidet e della sciacquatina. Un saluto alla lettrice Pia degli sms, che trasalirà per il contenuto di questa notizia, che ha semplicemente dell’umano.
11.05.2020, Ieri a Ponteacco.
Abbiamo trascorso un bel fine-settimana all’insegna del relax, della cura dei giardini e degli orti. Le favorevoli condizioni del tempo hanno permesso le prime uscite organizzate, infatti sono ricomparsi i ciclisti e le moto, a dire il vero non in numeri esorbitanti come negli anni passati, ma presenze vivaci, a gruppetti di due o tre, oppure singoli. Ieri è stata ricordata la mamma con la ricorrenza sentita da tutte le persone che hanno la fortuna di averla. Si sono formate code alla fioreria di San Pietro al Natisone. Code pure in gelateria e alla Casa dell’Acqua, dove l’attesa tra le 10:00 e le 11:30 era di 15 minuti. Con oggi la “fase 2” concede altre libertà, quindi c’è una visione più ottimistica rispetto alle cupe domeniche di marzo e aprile. La settimana lavorativa assisterà al rientro al lavoro di molte persone, mentre non si allentano le precauzioni sanitarie che impongono l’iso della mascherina indossata e la distanza di almeno un metro da persona a persone. Auguriamo buona settimana, di soddisfazione e salute.
10.05.2020, Tecnologia tra alti e bassi.
Il telefono, la nostra voce. Occorrerebbe conferire a WhatsApp, a Messenger la medaglia al valor civile per il servizio che hanno reso alla società. Il telefono è uno dei grandi protagonisti di questi lunghi periodi di isolamento, di ansia, di tempo sospeso, in cui bastano due chiacchiere a distanza per tirarsi su, per ritrovare un po’ di ottimismo e, a volte, per combattere la depressione. Cos’avremmo fatto senza questi due grandi colossi gratuiti? Senza la loro presenza, la SIP avrebbe fatto miliardi con i messaggi a 0,10 o con le ricariche per pochi minuti e con la “tassa” del 10% nell’effettuarla. Le persone hanno parlato, hanno scambiato quantità impressionanti di video e foto al punto di rischiare la paralisi dell’intero sistema con due picchi, uno a fine marzo e uno a Pasqua. C’è un inconveniente per chi sta ore e ore incollato al cellulare e al tablet e questo è il lato svantaggioso della tecnica domestica: si seguono le lezioni, ci si intrattiene per socializzare facendo crescere il tempo trascorso davanti ai piccoli schermi. Al di là delle questioni di carattere psicologico (per i più giovani mancano i vecchi giochi di cortile con gli amici), la comunità scientifica lancia l’allarme in quanto si moltiplicano casi di “sindrome da occhio secco”. Quando fissiamo lo schermo, le palpebre battono circa il 40% meno del normale con la conseguente maggior evaporazione del film lacrimale e la sua imperfetta distribuzione sul bulbo oculare. Tale sindrome un tempo apparteneva agli anziani, ma oggi colpisce una fascia sempre più giovane della popolazione. Applichiamo, se possiamo, la regola del 20-20-2: ogni 20 minuti di visione da vicino, sia seguita dallo sguardo fisso di un oggetto lontano per 20 secondi, poi battere e strizzare le palpebre per 2 secondi …
09.05.2020, Il gioco delle bocce.
Fino agli anni ’60 era il divertimento preferito dagli uomini, specie la domenica, giorno in cui si svolgevano autentici campionati. Oggi si chiama “bowling” e non è la stessa cosa poiché un conto sono le bocce e il pallino, un conto sono i birilli. Il gioco delle bocce è considerato uno sport, nel quale si lanciano delle sfere rigide, dette appunto bocce, e una sfera dal diametro inferiore detto “pallino”. Il lancio della boccia ha lo scopo di avvicinarsi al massimo al pallino. Purtroppo quest’interessante passatempo è stato riposto in soffitta, ma nel ventennio del dopoguerra ha fatto divertire e competere l’intera società. A Ponteacco c’era il campo da bocce nel cortile dell’osteria della Pina Tùzuka, lato Cral. Era un campo discreto che permetteva l’osservazione da un solo lato, essendo l’altro occupato dal muretto di contenimento. Altri due campi molto quotati erano quelli delle osterie di Tiglio e Cras, assai curati con una perfetta disposizione della sabbia o polvere di mattoni rullata appositamente e costantemente con un rullo-compressore. Succedeva spesso che le partite finivano con una generale alzatina di gomito, fatto che provocava le ire delle mogli, spesso a casa a komadare (governare) la stalla e a mungere le mucche mentre i mariti se la godevano. Forse non tutti sanno che la famiglia Serafini possedeva un proprio campo da bocce, nel grande cortile della loro casa. Giocavano con bellissime sfere fatte di legno, di un legno pesante, perfette nella circonferenza. Forse Carlo le avrà ancora?
08.05.2020, Serrature difettose.
Il nostro paese è ricco di aneddoti, di vicende vissute, di personaggi particolari il cui ricordo è ancora tramandato a decenni dalla scomparsa dei protagonisti. Parliamo di oltre mezzo secolo fa e anche in quei tempi c’era il desiderio di uscire dal paese. Si trattava di un piccolo ritaglio di libertà che offriva l’occasione di svolgere, sì, un lavoro, ma anche di godersela magari con l’innocente bevuta di un bicchiere in più, lontano dagli sguardi di persone di famiglia. Milio, Guido e Drei si erano fatti un nome nella riparazione delle serrature delle cantine. Si trattava di congegni meccanici piuttosto delicati che permettevano o non permettevano l’accesso al vano forse più importante della casa. I problemi erano sempre risolti. I tre paesani erano accomunati da esperienze diverse ed efficaci: Milio era il falegname, Guido il fabbro e Drei il passa-attrezzi. Quando intervenivano per le sole manutenzioni, la giornata era uno spasso. Mettevano assieme numerosi nominativi e partivano. Ogni lavoro corrispondeva a un compenso economico, ma soprattutto a un compenso “liquido”, costituito da un generoso assaggio di vino. Immancabilmente succedeva che i 10 interventi previsti per la giornata si limitassero a tre al massimo. E si chiedevano anche il perché di questa scarsa produttività …
07.05.2020, La rivoluzione tecnologica nelle nostre case.
C’è poco fa fare, la tecnologia domestica affascina. Tutti siamo dotati di sofisticate apparecchiature che ci permettono di comunicare con il mondo e di essere aggiornati in tempo reale su notizie, avvenimenti e argomenti di singolo interesse. La notizia di oggi si aggancia a una trasmissione della RAI andata in onda ieri. All’interno del programma, è stato diffuso un breve servizio risalente al 1969. Il documentaio, in bianco e nero, con il timbro di voce ancora metallico del conduttore, faceva vedere un bel salotto con una TV a tubo catodico (non c’erano altre), un grammofono, detto giradischi, una radio presumibilmente a valvola, tipo “Mivar”. Il conduttore, nell’illustrare la fiera tecnologia del momento in quella stanza, ha detto: “Tra non molto, tra qualche decennio, le case saranno dotate di un’apparecchiatura che sarà collegata a un sistema centrale in cui tutte le apprecchiature potranno collegarsi. Ci sarà la possibilità di effettuare video-telefonate in tutto il mondo e in conferenza, si comanderanno da casa e anche da fuori casa molti congegni elettronici che miglioreranno la qualità della vita. Si andrà in banca raramente e il denaro contante sarà parzialmente sostituito da altre forme di pagamento tecnologico. I ragazzi rivoluzioneranno la concezione del gioco, che non si svolgerà più in cortile. Soprattutto, si seguiranno le lezioni scolastiche e universitarie da casa e i salotti saranno trasformati in aule”. Una previsione azzeccata quella del conduttore servizio televisivo trasmesso 51 anni fa.