Il Padreterno non rilascia certificati. Nella quiete che segue la baldoria ci era venuta voglia di
cantare, il motore procedeva al minimo per via del riscaldamento e i vetri appannati al buio
riflettevano i nostri profili e il cruscotto illuminato. L’umidità si raccoglieva con il mestolo e se ci
fossero state due rane a sgolarsi con noi non avrebbero sorpreso. All’improvviso, sotto
l’impermeabile che ci copriva, è uscito il suo braccio nudo fino al gomito e con il dito ha scritto sul
parabrezza ‘La felicità esiste, basta solo farci caso’, e ‘caso’ sconfinava sul vetro del finestrino e il
finestrino si affacciava sul Paradiso. Ho guardato lei, il suo gomito, il parabrezza, il cruscotto
illuminato, le rane non c’erano, quindi ancora lei. In quel momento avrei voluto scrivere ‘Se non
si è onesti con se stessi, prima o poi si finisce per essere disonesti con tutti’, troppo lungo per lo
spazio rimasto libero sui vetri. Infine era meglio evitare, leggere la sintesi della sua biografia non
l’avrebbe divertita. Invece ho messo in giro la voce: “Ho paura di essermi innamorato di te”. “Non
vedo la ragione”. “Non vedi la ragione per avere paura?” “Non vedo la ragione per dirmelo. Non ti
ho chiesto niente”. “Niente non è voce del verbo amare”, una frase fuori di cometa che non capirò
mai, nemmeno se un filosofo bravo me la spiegasse bene. Dopo una pausa si è lasciata andare:
“Sono come mi avevi immaginata?” Sono stato zitto a malincuore, ma mi ha fatto venire in mente
aggettivi di poetica descrittiva che non è il caso di ripetere. Infine mi ha confessato del suo ex. Lo
aveva rivisto con fastidio, diceva, ed era rimasta incinta. Ero disorientato. “Incinta?”, “Sì, incinta”.
“Come incinta?”, “Nel solito modo. Non ti preoccupare, un falso allarme. Ci avevi creduto?”. Ha
avuto scatti di riso sguaiato: si divertiva cercando la complicità che consola. Sotto casa sua mi ha
stretto il braccio e mi ha chiamato per nome: “Un giorno mi accorgerò che non sei quello giusto”,
ha pronosticato. “Quando succederà dimmelo. Se dovessi capirlo da solo soffrirei di più”. Non me
l’avrebbe mai detto, neanche sotto tortura. “Spero di rivederti presto”. “Può darsi. Intanto goditi
la vita”, e più che una risposta priva di passione sembrava una raccomandazione rivolta a chi sta
andando in pensione. Dimostrava sicurezza, il tipo che non aveva bisogno di nessuno. Avevo
sonno, nausea e già un preciso presentimento. Sono tornato casa e salendo al piano ho vomitato
nell’ascensore.