20.02.2022, Insetti: forse ci abitueremo

   Lo faremo, ma con grande difficoltà. Nei Paesi poveri due miliardi di persone mangiano regolarmente gli insetti e, anzi, sono per loro la fonte principale di proteine animali. Anche le Valli, il Friuli, l’Occidente tra poco saranno invasi di gustose locuste, scarafaggi croccanti? Secondo gli studiosi di scienze alimentari dell’Università di Udine, i tempi si fanno sempre più serrati. Certo, gli insetti commestibili fanno bene al pianeta e a chi lo abita: hanno un impronta di carbone minima rispetto al bestiame, consumano poca acqua e hanno bisogno di poco spazio per crescere. Molti insetti si cibano di residui organici, come gli alimenti andati a male e quindi la loro produzione potrebbe essere inserita nella cosiddetta economia circolare, poi sono pieni di proteine e poveri di grassi. Che beneficio per il nostro organismo riempire la nostra bocca di cucchiaiate di grilli. Intanto oggi al Centro ce la riempiremo con gustose fette di salame e pancetta …

19.02.2022, Le Màkota (4/4)

    Riguardo al timore insito del luogo già descritto, non per ultimo fu il ritrovamento senza vita del corpo di un paesano avvenuto il 5 dicembre 1983, sul bordo della parete rocciosa verticale di una cava di marna, i cui residui di lavorazione hanno creato le colline delle Teja. La persona era uscita da casa verso le 14:00 con l’intento di far legna. Giunto sull’orlo della parete, un malessere lo fece cadere e rotolare fino a metà scarpata, a circa 8-10 metri dalla sommità. In quei tempi non esisteva ancora la Protezione civile e quando la famiglia diede l’allarme, si formò una squadra di 5-6 volontari che perlustrarono la zona con il buio nel frattempo già calato. Non furono semplici le operazioni di recupero del corpo senza vita dello sfortunato paesano che fu imbragato su una portantina e trasportato lungo il piccolo sentiero sconnesso. Il carro funebre attendeva l’arrivo dei soccorritori con il corpo proprio sulla strada per le Màkota. Il tenue chiarore delle quattro luci collocate nei portalampada dalla forma attorcigliata nel mezzo funebre generò qualche giustificato brivido alla schiena dei presenti.- 

18.02.2022, Le Màkota (3/4)

   Cercando tra le varie notizie del nostro grande baule, ci imbattiamo in alcuni fatti che possono giustificare quel certo timore che abbiamo descritto nella puntata di ieri. Nelle buie serate d’inverno, quando sul golfo triestino inizia a soffiare forte la bora scura, la particolare conformazione delle colline delle Màkota favorisce una specie di effetto-eco che si trasforma in un cupo e continuo rumore di sottofondo, come una nota musicale percepibile in tutto il paese. Era la gioia dei bambini perché nel corso della notte sarebbe arrivata la neve. Tutti i nonni e bisnonni ci dicevano: “Kar tule ta na Makot, pride snìah” (Quando soffia il vento delle Màkota, arriva la neve). È un detto che non è stato mai smentito anche se in questi ultimi tempi, dagli inverni primaverili a causa dei cambiamenti climatici, il vento non si sente più da quelle colline. Un altro fatto di cronaca datato 70 anni fa narra di un grave incidente sul lavoro, accaduto proprio in quei boschi: un giovane paesano intento con la “lata” (pertica) a rimuovere gli ultimi ricci di castagne dei rami più alti, perse l’equilibrio, cadde a schiena e batté il capo su uno spuntone di roccia, morendo sul colpo. Stando al racconto dei frequentatori del bar della Mihelinka di Sorzento, nel loro rientro a casa con il passo piuttosto incerto, per anni si sarebbe sentito nel profondo del bosco qualcosa di simile al lamento di questo ragazzo deceduto tragicamente …

17.02.2022, Le Màkota (2/4)

   Eppure le Màkota hanno sempre incusso un certo timore, soprattutto tra le adolescenti e i bambini. L’area si sviluppa a destra della linea immaginaria che collega i campanili di Ponteacco e Sorzento ed è piuttosto distante dal paese. Un luogo “tenebroso” ricco di leggende e di suggestioni al punto che la fantasia, non solo di Barba Drei, ma di buona parte dei nonni e bisnonni del paese lo considerava il posto preferito del sabba, la congrega notturna delle streghe che, secondo i riscontri della tradizione, avveniva nei pleniluni delle particolari date del calendario, determinate dalle congiunture solari quali i solstizi, gli equinozi o i cuspidi di stagione, in poche parole l’ottuplice scansione delle fasi del Sole. Sarà stato vero? Sarà esagerazione? Sarà stato l’effetto di qualche bicchiere in più consumato nell’osteria della Mihelinka a Sorzento la domenica pomeriggio e che nella strada del ritorno favoriva la suggestione di qualche presenza, la sensazione di essere osservati dal bosco. Sta di fatto che i giovani, le bambine, i ragazzi, una volta raggiunto il bosco e superato il piccolo patòk sulla strada di campagna che collega i due paesi, inspiegabilmente acceleravano il passo per guadagnare metri di cammino al più presto e per raggiungere il punto in cui si intravvedono le prime case del nostro paese …

16.02.2022, Le Màkota (1/4)

    Si tratta di una vasta superficie boscosa tra Ponteacco e Sorzento con sembianze più vicine alla collina che alla montagna e suddivisa in numerose particelle catastali. Ci occupiamo di quest’area di bosco ceduo, ricca di castagni e idonea per il taglio periodico delle piante, da cui spesso, come nelle acacie, si formano i polloni creati dalla rinnovazione agamica. Un’area dove sono presenti numerosi sentieri che portano alle varie proprietà. Uno di questi era talmente agevole che permise in trasferimento di una vettura nella bressana, costituita da un appostamento fisso composto da un quadrilatero di alberi chiuso da reti. Al centro dell’area si localizzavano gli uccelli da richiamo, ai quali si tagliavano crudelmente le timoniere e le remiganti allo scopo di impedirne il volo. Gli uccelli di passo, attirati dai richiami, si calavano all’interno dell’area. L’uccellatore, azionando con una pertica o una fune, provocava lo sbattimento di una serie di barattoli che, spaventando gli uccelli, li spingeva verso la rete. Questo metodo di aucupio oggi è severamente vietato, ma non del tutto scomparso. Si tratta sicuramente di un traguardo della civiltà. Alcuni decenni fa la bressana era diffusa un po’ovunque e quella delle Màkota fungeva anche da autentico rifugio per l’uccellatore, dove poteva riposarsi, attendere nel comfort, ristorarsi e così via. Ora dell’impianto è rimasta solo qualche traccia innocua, parte della capanna e la vettura oramai più che arrugginita e invasa dalla vegetazione …

15.02.2022, La lana, riparo dal freddo e dal bisogno

Un tempo nessuno acquistava i maglioni in negozio. Erano fatti in casa con la lana comprata in matassine o in gomitoli. Era compito delle bambine stendere le mani, inforcare la matassina tra le due braccia e assistere alla creazione del gomitolo. Erano maglioni dall’aspetto forse un po’ grossolano, ma riparavano bene dal freddo. Sferruzzare era una necessità per far quadrare i conti delle famiglie; oggi lavorare a maglia o all’uncinetto è un toccasana per il benessere fisico e psicologico. Chi ha raggiunto la quarta età e magari è ospite della Sirch di San Pietro al Natisone lo fa ancora, tenendo in esercizio le mani, la vista e l’attenzione. Se queste attività si praticavano anche da giovani, i gesti antichi alimentano i ricordi e le emozioni. Una signora ci ha detto: «Avrò avuto 7-8 anni quando ho iniziato a fare i primi punti. Eravamo poveri e i ferri di diametro piccolo o grande, ce li passavamo tra paesane. Quando rimanevano resti delle varie matasse, si creavano maglioni variopinti, oppure le cuffie con la pallina attaccata o legata a mo’ di spago. Era bello passare i pomeriggi con quei semplici arnesi sottobraccio, mentre oggi ho trovato aiuto proprio nella lana per superare la solitudine della pandemia. Sono riuscita a preparare alcune cuffie e golf da regalare ai miei parenti». Il bisogno del tempo che fu si è trasformato in bisogno attuale, come dire che la lana fa bene due volte: a chi la maglia la fa e a chi la riceve.

14.02.2022, Ieri al Centro

   È la festa degli innamorati del mondo, delle Valli, di Ponteacco. Tanti auguri. Ieri al Centro è stata una bella domenica dove, dopo molto tempo, si sono viste persone giovani. A tutti ha fatto piacere rivedere al tavolo una persona che ha avuto qualche problema di salute. La sua guarigione è stata oggetto di affettuosità. Enzo ha festeggiato il suo compleanno offrendo ai presenti una consumazione, Franco e Marisa, sempre molto legati al paese, hanno offerto una bottiglia. Franco era così felice di essere tornato a Ponteacco, che ha cantato un brano con le sue note competenze vocali. Insomma, una bella domenica condotta da Lorenzo al quale va il ringraziamento della Pro Loco. Oggi giornata di festa per le persone che si amano. Sarà una settimana interessante, anche se di maschere, putroppo, neppure l’ombra.

10.02.2022, Antonio Dugoni, il pittore di Santa Dorotea a Ponteacco (3/3)

    Si presume che abbia lavorato intensamente con apprezzabile reputazione e discreto talento, ma senza la genialità che dona la fama e forse senza l’appoggio che avrebbe potuto favorirla. Una foto di Bront, riprodotta da una lastra precedente di fotografo veneziano, ci mostra un bell’uomo, alto, con sguardo penetrante, barba acconcia e capello scuro ondulato e non corto. Visse male, assillato dai debiti per cronica difficoltà finanziaria e complicandosi la vita fino a rendersela irrecuperabile. Durante un soggiorno a Graz il pittore si ammalò, tornò in Friuli e morì nella sua Cividale in preda all’alcol e alla pazzia, all’Ospizio di S. Maria dei Battuti annesso al vecchio ospedale, solo e dimenticato, dopo una vita travagliata e piena di stenti. Aveva appena compiuto 47 anni.

09.02.2022, Antonio Dugoni, il pittore di Santa Dorotea a Ponteacco (2/3)

    Antonio Dugoni nacque a Cividale il 1° giugno 1827 da Antonio e da Marianna Grattoni. Di famiglia poverissima fu unicamente per l’interessamento del Candotti, sacerdote e musicista, che riuscì a studiare a Udine e dal 1841 a frequentare per quattro anni l’Accademia di Venezia dove è menzionato nel registro dei premiati del 1845 per “il disegno della figura”. Sempre nel 1845 ottenne il I Premio per “l’invenzione storica” che gli valse un sussidio da parte del Comune di Cividale. Agli inizi della sua carriera lavorò a Venezia ma non riuscì mai a farsi una clientela che gli procurasse una sicurezza economica. La sua opera pittorica è caratterizzata in prevalenza da soggetti di ambito sacro e ritratti, forme che generalmente condizionano la validità estetica espressa da un artista nel processo creativo. La pala nella chiesa di Santa Dorotea a Ponteacco, imponente per le dimensioni, è un lavoro che per il suo peculiare aspetto potrebbe essere stato commissionato appositamente. Altra pala si trova nella Chiesa di San Leonardo. A Cividale nella chiesa di San Pietro ai Volti si trova una Madonna addolorata. Da evidenziare un ciclo di pitture del 1849 nel santuario di Maria Zell a Kanal, una Immacolata tra Santi a Gemona, una Via Crucis nella chiesa di Valle. Altri suoi lavori sono sparsi un po’ in tutto il Friuli. Bello il ritratto del David a Ca’ Pesaro a Venezia. Nella Galleria di palazzo Pitti a Firenze è esposto un ritratto del 1866 di Vittorio Emanuele II con una veduta di Udine sullo sfondo. Durante la Grande Guerra, sotto l’occupazione austriaca, la quasi totalità delle sue tele presenti a Cividale è andata distrutta o trafugata.

08.02.2022, Antonio Dugoni, il pittore di Santa Dorotea a Ponteacco (1/3)

   Riceviamo il seguente prezioso contributo, che pubblichiamo molto volentieri. “La vicenda di Santa Dorotea ha offerto significative suggestioni ai pittori. Quadri di artisti famosi come Guido Reni, Ambrogio Lorenzetti, Sebastiano del Piombo, Holbein e molti altri che l’hanno raffigurata con tratti di grande bellezza, sono disseminati nelle chiese e nelle più importanti gallerie d’arte d’Europa. Notevole per la delicatezza della composizione è quello di Lucas Cranach a Vienna. Tutto questo fervore testimonia come sia sempre stata una Santa molto popolare, conferma data anche dalla sua presenza nell’antico elenco dei “santi ausiliatori” ai quali era permesso rivolgere invocazioni. Dopo la realizzazione a cura della Pro Loco del depliant che illustra la chiesa a lei dedicata, vogliamo qui ricordare il pittore al quale si attribuisce, con quasi certezza, la pala che raffigura la Santa Patrona sopra l’altare. Attraverso le tracce, seppure sommarie, del suo breve e sfortunato percorso umano, lo renderemo meno sconosciuto e gli restituiremo il posto che gli spetta nella storia di Ponteacco, non fosse altro perché davanti a un suo dipinto ci soffermiamo a pregare” …