11.04.2020, È bello lavorare da casa, ma… (2/2).

Abbiamo chiesto un giudizio della nuova forma di lavoro. Le quattro persone hanno apprezzato la novità che comunque in sé ha dei limiti anche se, una volta dimostrato che si può lavorare da casa, sarà sensibile il risparmio in termini di tempo e benzina con indubbi benefici per l’ambiente. Prendiamo il settore scolastico: oggi gran parte delle riunioni si possono svolgere su Skype o WhatsApp. Lavorare da casa ha qualche limite: ci vogliono spazi adatti, non è affatto vero che si lavori di meno. C’è lo svantaggio che si è “disturbati” dal tran-tran della famiglia, c’è chi non sopporta di lavorare in solitudine, mentre altri dicono che il silenzio e la quiete  sono gli ingredienti necessari per sviluppare idee migliori. Il lavoro da casa è felicità, anche se solitario durante il giorno, con l’aspettativa di compagnia serale. Ora che siamo prigionieri in casa e ciò che manca a chi lavora da casa o a chi non ha questa fortuna, è la compagnia. Da ora in poi lo “smart-work” sarà forse la norma, ma diventerà accettabile soltanto se si potrà uscire la sera.

10.04.2020, È bello lavorare da casa, ma… (1/2).

Ci sono numerosi e numerose ponteacchesi che lavorano da casa con la rivoluzione causata dalla pandemia. In inglese si dice in vari modi: “home working, smart working, home office” in questa continua offesa alla lingua italiana fatta da anglicismi che potrebbero tranquillamente essere costituiti con parole facilmente reperibili nel dizionario italiano, ad esempio: “lavorare da casa”. Questa è una tendenza in atto da tempo, iniziata oltre 10 anni fa in Finlandia con la ministro della famiglia, che aveva partorito a Rovaniemi e due giorni dopo, da casa, era presente on-line alla riunione del consiglio dei ministri a Helsinki, 600 km più a sud. Il lavoro da casa con il coronavirus è diventata un’esigenza universale: tutti quelli che possono lo fanno, tendendo presente che in Friuli non tutte le persone lavorano in ufficio secondo lo schema diffuso dai “media”. Ma chi può, grazie ai mezzi tecnologici, lo fa. Si tratta di dipendenti pubblici (impiegati, insegnanti) e anche studenti (è lavoro anche quello!) di ogni grado, a patto di possedere il computer e il collegamento Wi-Fi. Gli esperti di tendenze sociali sostengono che nell’era d.C. (dopo Covid-19) il femomeno acquisirà dimensioni ampie e durature …

09.04.2020, Gli “hobbies” dei ponteacchesi.

La pesca ha avuto tanti appassionati in paese. Il primo nome che viene in mente è Franco Golles (Jank), ma ce ne sono stati molti altri. Il berin del Mulino o del Muz erano i luoghi più gettonati. Oggi questo hobby in paese è scomparso, così come l’uccellagione che vedeva in Bèciak (Giuseppe Del Zotto) il punto di riferimento. Anche Miscèl, padre di Cirillo Iussa, coltivava questo passatempo che oggi è perseguito dalla legge. Un artista poliedrico era senza dubbio Franco Golles, con periodi altalenanti tipici degli artisti: si occupava di intaglio del legno, di piccole sculture. Cirillo ha sempre avuto la passione della pittura e la cantina del suo dùar (cortile) fu trasformata in atelier. Continuò a curare il suo passatempo preferito anche e soprattutto dopo il suo trasferimento a San Pietro al Natisone. Il suo nome è inserito nel catalogo degli artisti del Friuli Venezia Giulia. Curò sue personali esposizioni che gli diedero enormi soddisfazioni. Narciso Iussa è stato un grande collezionista della musica italiana, una passione quella della raccolta di LP condivisa anche dalla compianta coniuge Paola. Giovanni Coren si occupò di pittura e scultura, una passione nata con la frequentazione della Scuola d’arte di Udine. L’hobbistica contemporanea ha subito grandi trasformazioni: non ci si concentra più su temi specifici, non si trascorre più il tempo libero con attività che prevedano sforzi fisici. Ci sono i social network che hanno appiattito la potenzialità creativa della società intera. 

08.04.2020, Gli “hobbies” dei ponteacchesi (1/2).

   La generazione alle nostre spalle non ha avuto il tempo per coltivare un hobby specifico. Non c’era tempo, era necessaria la presenza di forza-lavoro, non c’erano le risorse economiche per investire in ciò che poteva sembrare “perdita di tempo”. Ne ha risentito il collezionismo, a parte qualche cultore del francobollo o di monete. Tre erano i passatempo preferiti dai ponteacchesi: la caccia, la pesca e l’uccellagione, tutti e tre (per fortuna) passati di moda. Non si caccia più, tranne poche eccezioni, perché la vita sedentaria non invoglia ad affrontare le fatiche dei sentieri montani o il trasporto a  valle di prede pesanti, oltre al costo di licenza, fucili, proiettili e vestiario. Negli anni ’50 il nostro paese aveva una bella squadra di cacciatori: Mario Mattelig, Paolo Pocovaz, Albino e Pietro Iussa, Liso e costituivano un punto di riferimento per il paese, sempre presenti in caso di necessità, conoscitori del territorio, esperti di animali. Ci si rivolgeva a loro qualora vicino a casa era rinvenuta una volpe morta, oppure se l’animale domestico stesse soffrendo. La squadra originaria generò altri appassionati come Giovanni e Sam. Oggi di cacciatori attivi ne rimane solo uno: Maurizio. È calato il sipario su un hobby che ha dato soddisfazioni ai propri membri e anche un certo nome distintivo nel mondo venatorio delle Valli … 

07.04.2020, Progettare e non fare.

Progettare e non fare (2/2).

   Stiamo risparmiando molte energie che confluiscono in una progressiva abbondanza del corpo, mentre il nostro cervello cerca di dare un volto all’ignoto, all’imprevedibile. L’epidemia, le regole ferree che sono scaturite per cercare di contenere il contagio ci hanno dato una grande lezione che non dimenticheremo. In questa situazione di “parcheggio fisico” anche il nostro cervello risente delle modifiche che regolano i processi decisionali, che sono per lo più disattivati a causa della sequenza interrotta di azioni acquisite. Certo, le abitudini possono diventare un vincolo –e ce siamo accorti tutti- e cambiarle non è affatto facile: una loro modifica, un’alterazione ci sbilancia. Le vecchie abitudini sono sempre pronte “a saltare fuori” e la nuova routine ci spiazza. Come se ne esce? È consolidato, scritto su un giornale on-line: ogni giorno compiamo solo il 40% delle nostre azioni perché l’alterazione delle nostre abitudini consolidate ha influito anche nel nostro cervello. Si tende a rimandare, si medita, si fissa insistentemente un oggetto, si cerano risposte … chi l’avrebbe mai detto?

06.04.2020, Ieri a Ponteacco e nelle Valli.

Ieri a Ponteacco.

Abbiamo collezionato un’altra domenica davvero speciale: rintanati in casa con la consapevolezza che il sacrificio serve a qualcosa. Certo, una Domenica delle Palme così, nessuno l’avrebbe mai immaginata. Ieri la televisione ha diffuso le immagini del Papa che ha celebrato la messa davanti a un trentina di persone ben distanziate, con piazza San Pietro completamente deserta. Siamo arrivati al punto che di dover seguire le funzioni religiose solo attraverso i mezzi tecnologici. Le chiese, da vuote sono diventate deserte. Con oggi entriamo nella Settimana santa, per molti un autentico calvario, specie per chi il virus lo ha visto e lo sta vedendo da vicino. In paese la domenica è trascorsa nella pace più autentica. Lungo la via del paese è transitata una decina di vetture: il furgoncino del Pojana, i Carabinieri, l’infermiera che è tornata dal lavoro, la Protezione civile per due volte. Nel Comune pare sia segnalata la presenza di una persona con il virus. Il parroco ha invitato tutti a pregare per questa persona. Circolano alcuni nomi a dispetto della privacy, mentre i dati diffusi dalla Protezione civile, ieri alle 17:00, hanno smentito tale ipotesi (vedi aggiornamento in box “Curiosità”). Auguriamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori giorni sereni nell’attesa di riscoprire il grande valore della libertà di poterci muovere ed incontrare.

05.04.2020, Progettare e non fare (1/2).

   L’assurda esperienza che stiamo vivendo in queste ultime settimane mai nessuno l’avrebbe immaginata. Ci sono persone che ricordano brutti episodi della II Guerra mondiale, molte di più che ricordano l’austerità dell’inverno 1972-1973, altre in più che ricordano i terremoti del 06 maggio e del 15 settembre 1976, poi Černobyl con la relativa sottostima dei suoi effetti (non c’era più nulla nei negozi!), quindi la guerra a due passi da casa nostra ed infine il Coronavirus. Possiamo dire di aver subìto molte esperienze inimmaginabili. In questi periodi di grande diluizione del tempo sono mutate anche le abitudini in cui inconsapevolmente ci siamo mossi ogni giorno, ovvero la quotidianità, il bere un caffè al bar, l’incontrare persone care, il trascorrere una serata in compagnia. Abbiamo dimenticato gesti appresi nel tempo e ci guardiamo un po’ perplessi. Il virus ha modificato la sequenza comportamentale, composta da stati fisici, cognitivi ed emotivi coordinati tra loro anche nel nostro piccolo paese. Non vale più la minuziosa pianificazione di ciò che c’è da fare: il tempo abbonda, determinati negozi sono chiusi o irraggiungibili, non c’è più la ripetitività del mondo fisico, l’andare a Udine appartiene a un vecchio ricordo per molti …

04.04.2020,La veglia funebre.

La veglia ai defunti era ed è una consuetudine la cui origine si perde nei tempi dei tempi. Una pratica a Ponteacco e in tutte le Valli molto sentita alla quale sottostavano parenti, amici e vicini. Diverse motivazioni imponevano la veglia, in quanto la notte era propizia ai cattivi spiriti. Era come accompagnare idealmente il viaggio dell’anima verso l’aldilà, in un cotesto di presenza-assenza. Le attuali restrizioni in atto per quanto concerne l’ultimo saluto al caro defunto, con lo scopo di prevenire la diffusione del virus, hanno e stanno ancora causando dolorose lacerazioni per le persone che non possono dare l’ultimo saluto e che hanno assistito ad una sbrigativa benedizione. Una volta il trapasso avveniva solo in casa. I familiari si estraniavano dalle quotidiane incombenze, dal lavoro specie in stalla, sostituiti da parenti o vicini. Il protagonista era la persona defunta con il contorno dei più stretti consanguinei, una specie di cointeressenza alla morte che si allargava a mo’ di cerchi sempre più allentati: dal morto alla famiglia, al vicinato, al paese. Alle persone che partecipavano alla veglia  erano offerti pane, salumi, formaggio, vino e grappa (per tenersi su) con l’obbligo morale della preghiera, recitando il rosario o il “De profundis”. Si credeva che senza questo binomio, che era il mangiare e bere in veglia, le preghiere non avessero buon effetto. A Ponteacco si faceva il “cambio della guardia” a mezzanotte, rispettando il rituale del pregare, bere e mangiare. Se le case erano troppo piccole, costituite da sole due stanze, la veglia si faceva in cimitero, dove nella vecchia cappella, se notiamo, c’è ancora una stufa in mattoni per stemperare il freddo invernale, per tener calda qualche vivanda e rendere più familiare, quasi più umano, il luogo dell’ultimo addio.