15.11.2020, Tosse, influenza o Coronavirus?

  Affronteremo tutto l’inverno con questo costante dubbio. Sì, perché esiste anche l’influenza stagionale che non ha nulla a che vedere con il Coronavirus. Mai come quest’anno la tosse, disturbo di stagione, fa tanta paura, al punto da far scatenare l’allarme intorno a noi. Sarà solo un po’ di irritazione? Forse sì, se sento gli odori e i sapori. Quest’inverno “influenzale” sarà un incubo. La tosse è uno dei sintomi più comuni della presenza del “SARS-CoV-2” ed è il veicolo di contagio prediletto dal virus ed è presente in quasi tutti i malati oggi in cura. Ma chi tossisce non è detto sia infettato. Gli pneumologi udinesi dicono: la tosse provocata dal Covid-19 è tipicamente secca, stizzosa, accompagna al fiato corto, un disturbo molto fastidioso, che dà la sensazione di utilizzare solo la parte superiore dei polmoni, che innesca difficoltà respiratoria con febbre compresa tra i 37.5 e 38.5. Il Coronavirus si manifesta prima con la febbre (non alta), poi tosse e dolori muscolari, quindi nausea o vomito, diarrea, seguito infine da un appiattimento generale della percezione di odori e sapori. Sono indicazioni orientative -sostengono i nostri medici. L’unico sistema per distinguere il Cornavirus dall’influenza è il tampone che può essere effettuato in vari luoghi, dalle strutture private agli ospedali. La tosse secca risponde bene alla codeina (Paracodina) che agisce sul sistema centrale. Elimina lo stimolo, ma non cura affatto l’origine dello stesso.

14.11.2020, Preziosi ricordi (3/3)

   Ultima parte del contributo alle news di una paesana: “Nel passato la religione era molto sentita e raramente la gente non si atteneva a regole ed usanze. In alcune famiglie pregavano ogni sera il rosario, in altre solo all’ inizio di novembre per pregare per i defunti. La sera, dopo cena, mangiavamo castagne e gli adulti bevevano un bicchiere di vino. Da noi venivano i nonni che abitavano in paese e senza tanti preamboli la nonna tirava dalla tasca il rosario e cominciava a pregare. Lei, da bambina, aveva imparato a pregare nell’ idioma locale mentre noi bambini avevamo imparato a pregare in italiano. L’uso delle due lingue contemporaneamente ci faceva ridere e disturbavamo la nonna che si confondeva. Finiva che i nonni tornavano a casa loro per pregare in pace. La domenica mattina bisognava andare a messa a San Pietro per poter fare la comunione a stomaco vuoto, poi tornare a casa e fare colazione e poi andare a messa a Ponteacco. Per lo più tornavamo a San Pietro nel pomeriggio per i Vesperi. Talvolta potevamo andare al cinema.Non c’era bisogno di andare in palestra!”. Si ringrazia la paesana per la testimonianza.

13.11.2020, Preziosi ricordi (2/3)

   Seconda parte del contributo giunto da una paesana: “Altro avvenimento importante era la messa in chiesa a San Pietro e la processione in cimitero per ricordare i nostri defunti.
Naturalmente ci si andava a piedi ed eravamo contenti di incontrare parenti che altrimenti vedevamo raramente. Il problema in tutte le famiglie era il seguente: non bisognava far brutta figura presentandosi mal vestiti e calzati, dunque bisognava usare fantasia e creatività. Ci si prestava indumenti e giacche. Chi di noi aveva una zia, sorella o conoscente che faceva la donna di servizio in qualche città italiana, era “fortunata”. Le poverette quando tornavano al paese, un paio di volte all’ anno, portavano gli abiti smessi delle loro “padrone”,  dunque entravano nelle case indumenti ancora buoni e di varie taglie. Anche le scarpe erano molto ambite; poco importava se la misura era quella giusta. Leggendo che una nota casa di moda italiana vende collant strappati a 140 euro al paio, penso a quei tempi. Grande fervore per la mamme che possedevano una macchina da cucire. Altrimenti in paese, oltre alle rinomate sarte, c’erano altre signore che si arrangiavano a fare lavori meno impegnativi. Decenni fa, molte ragazze friulane, ancora adolescenti, venivano mandate a fare “le serve”, quasi tutte in città del Nord Italia ed alcune a Roma. Venivano pagate poco e sfruttate, senza diritti e solo doveri. Il poco che guadagnavano era una grande risorsa per le loro famiglie. Alcune sono tornate al paese per sposarsi e farsi una famiglia, altre sono rimaste a vivere nella città dove si erano stabilite”.

12.11.2020, Preziosi ricordi (1/3)

C’erano alcuni riti ed usanze che ci piacevano. La mattina del primo novembre ci radunavamo, muniti di un sacco e, cominciando dal quartiere delle tre case sulla via Nazionale, andavamo in corteo, di casa in casa, a pregare per i defunti della famiglia di chi ci apriva la porta e ci offriva qualcosa. Normalmente ci davano un pezzo di pane e pochi altri una monetina. Qualche porta non si apriva, ma lo sapevamo in anticipo in quanto le mamme ci avevano messo al corrente in quali case abitavano i poco generosi. Erano ben organizzati Pietro Fulla (Emaz) e la  sua gentile consorte Gemma. La signora veniva da Orzano; in età matura si erano conosciuti e sposati. Arrivati davanti alla loro casa dovevamo metterci in fila, in silenzio e poi pregare con serietà e devozione. Poi, potevamo entrare uno alla volta, dire il nostro nome e stendere la mano per ricevere il tanto desiderato soldino. Anche il colonnello aveva preparato una manciata di monete da distribuire. La signora Diana ci regalava caramelle (una rarità). Dopo un’oretta il sacco era pieno e correvamo a casa contenti sapendo che la mamma ci avrebbe fatto delle buone cose da mangiare con il pane da noi racimolato. I soldini potevamo tenerli per spenderli la domenica pomeriggio quando si andava a San Pietro ai Vesperi e passavamo prima nel negozio di Gigetto dove compravamo una “tiramolla” (liquirizia) o una carruba (!) o una caramella.

11.11.2020, Una ricca vita da cani e da gatti

   L’emergenza sanitaria ha aggiornato il certificato dello Stato di famiglia, regalando agli animali di compagnia un giustificato e meritato balzo in classifica e l’economia che ruota intorno ai nostri animali si prepara a mandare in soffitta un 2020 da incorniciare: le vendite di tutto ciò che riguarda i nostri amati animali sono superiori al 10% rispetto a quelle dello scorso anno. L’amore non ha prezzo e forse è proprio questa la ragione di spese a volte esagerate. Non solo in Friuli, ma in tutto il mondo cani e gatti hanno svolto un ruolo di compagnia insostituibile, premiato dai loro padroni con un trattamento da re o regina. Che sofferenza per Mabira, quando ha dovuto constatare che il suo bel gattone bianco se n’è andato, chissà dove. La compagnia di un animale domestico, fatta di coccole, fusa, carezze è stata e continua ad essere un’autentica terapia antistress. In città il cane ha fatto da “autocertificazione” per fare una passeggiata al parco, anche nel cuore delle zone rosse. Nel complesso, cani e gatti, ma anche canarini, criceti e tutto il piccolo zoo domestico restante, sono stati ricompensati dalle attenzioni dei padroni mai avute prima. In paese si vede una decina di cani a spasso ogni giorno con il loro padrone e la richiesta di animali, secondo un noto veterinario della nostra zona, è in crescita. E nelle case crescono gli acquisti di alimenti mono-dose, più “chic”, più personalizzate, fino ad arrivare a snack prima della cena, drink cremosi per i gatti, gli oramai famosi “Catisfaction”. Si è mossa insomma un’economia davvero … bestiale.

10.11.2020, La nostra generazione “Z”

   I giovani d’oggi sono totalmente immersi nella tecnologia, con tutti gli svantaggi che quest’immersione comporta. La tecnologia ha influenzato (diciamo: annullato) le loro opinioni e plasmato l’atteggiamento verso marchi e istituzioni. Fa impressione che un giorno proprio questi ragazzi, molti senza né arte, né parte, né cultura saranno i padroni del mondo. I ragazzi tra i 13 e i 19 anni costituiscono una generazione molto preoccupante: sono cresciuti nella recessione globale, nel terrorismo internazionale, nella pandemia, sono impermeabili a stimoli culturali, incapaci di leggere a fondo un articolo di giornale, utilizzano un linguaggio incerto utilizzando la metà dei vocaboli dei genitori, scrivono con difficoltà un tema o, peggio, un riassunto. Così, oltre allo stereotipo dell’adolescente pigro, ci auguriamo che nasca la voglia di rimettere assieme i cocci lasciati dagli adulti e portarli ad interessarsi alle questioni economiche ed etiche, come il cambiamento climatico o altro. Riponiamo speranza che la reperibilità di informazioni da una parte e il potere dei social-media dall’altra, alimentino il loro attivismo sociale. Insomma, un grande risveglio in cui prevalgano i principi dell’inclusione e della multiculturalità. La situazione, però, è molto seria.

09.11.2020, Ieri in paese

Essendo il Centro chiuso, il nostro appuntamento del lunedì si concentra sul paese. E c’è poco da concentrarsi perché la giornata di ieri è stata vissuta un po’ sottotono, una domenica per molti dimenticabile. Poca gente in giro, forse 3-4 persone hanno imboccato il sentiero naturalistico che porta al fiume. Due sole le persone che in pomeriggio hanno portato “Bobi” a spasso, parcheggio semivuoto, utilizzato anche come sosta e travaso da macchina a macchina. Il dopocena è stato caratterizzato dalla calma assoluta, dalla mancanza totale di traffico sulla statale. I paesani sono divisi in due categorie: chi ha gran paura del virus e chi è più fatalista, che si affida alla sorte. In giro, nei centri commerciali, spuntano già le prime luminarie di Natale, nella speranza di passare belle vacanze, o quantomeno accettabili. Mai avremmo pensato di vivere quest’esperienza! L’augurio di una settimana piacevole, soprattutto in salute, giunga a lettrici e lettori da Pro Loco Ponteacco.

08.11.2020, Due giocattoli di chi oggi è adulto

Alla fine degli anni ’70 spopolava il gioco del “Click-Clack-Kugeln”, le palline di plastica dura, collegati con un filo a una piastrina che si teneva ben salda tra il pollice e l’indice. Ovunque si sentiva il vorticoso click-clack delle palline che si scontravano prima in alto, poi in basso, ad altissima velocità. Tutti abbiamo giocato, a costi di farci le unghie nere. Il gioco è durato una o due estati ed è stato uno dei simboli della fine di quel decennio, quando negli allora juke-box spopolavano i Bee-Gees, gli Europe, Silvester. Il juke-box di Benito, infatti, era sempre aggiornato. L’Ungheria era ancora comunista, si entrava solo con il visto quando nel 1984 l’architetto e “designer” Erno Rubik (76) inventò il famoso cubo, il diabolico oggetto colorato che ha fatto impazzire il pianeta -ad oggi risultano venduti oltre 350 mln di pezzi. Tutti si sono ritrovati tra le mani almeno una volta questo cubo colorato che ha generato moltissime gare anche in paese. Un ragazzo polacco riuscì a risolvere la corretta combinazione dei colori in soli 20 secondi.

07.11.2020, La chiusura del Centro

   Informati i Consiglieri, ieri alle 16:00 il Centro è stato chiuso fino a domenica 06 dicembre. Le motivazioni della chiusura, nostro malgrado, sono note: la pandemia, i numeri importanti anche in FVG, la sensazione di essere assediati dal virus, il pericolo di contagio e l’osservanza delle disposizioni. Ieri mattina è stato chiesto un consulto all’UNPLI (Unione Pro Loco) di Villa Manin e così ci è stato risposto dopo alcune ore: “DPCM 3 novembre 2020: articolo 1, lettera f): sono sospese le attività di palestre, piscine … nonché centri culturali, centri sociali e centri ricreativi … A tal proposito -ci scrive l’UNPLI- abbiamo contattato i referenti della Polizia Locale competente per il vostro territorio (UTI del Natisone) i quali ci hanno confermato che la vostra attività si configura indiscutibilmente come “circolo ricreativo” e che il DPCM non si presta a interpretazioni alternative”. L’inosservanza di tale norma sanziona il presidente con 400 euro di multa, l’associazione con altri 400 e nel caso si verifichi un contagio collegato con l’attività, la segnalazione all’autorità giudiziaria del presidente con l’accusa di procurata epidemia colposa. Da qui la decisione. Ci rivedremo al Centro a dicembre. Speriamo con altro spirito e con maggiore serenità. Vi invitiamo a seguirci su Facebook e sul nostro sito per essere al corrente dei fatti, per sentirci vicini.

06.04.2020, La passione tutta friulana (e non solo) per le bionde

   Ah, la birra! Quanto ci piace. «Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che fra poco mi farò una birra», questa era in sintesi la filosofia di Homer Simpson, condivisa dalla maggior parte dei friulani. La birra, possibilmente friulana come la Gjulia e la Moretti, è uno dei simboli della convivialità, dell’amicizia, dello stare insieme alla friulana. Per il 60% dei nostri corregionali, infatti, la birretta in compagnia è diventata un rito sociale. A Ponte San Quirino la fabbrica funziona benissimo e recentemente è stato aperto anche un fast-food per accompagnare la preziosa bevanda con qualcosa di saporito. Il superamento dell’emergenza sanitaria ci riporterà nuovamente a quest’abitudine e perfino nel primo “lockdown” si vedevano a UD persone che brindavano da un terrazzo all’altro con un bel bicchierone di birra. Il successo della bionda si spiega anche con l’antico legame tra la birra e i momenti di effervescenza sociale, di scambio, di feste all’aperto, della gitarella a Monaco nei fine-settimana di settembre e inizio ottobre per l’Oktoberfest, tranne quest’anno. Già, la Germania dove la birra si chiamava un tempo «Radigost», dal croato “Radi+gost” (felice ospite).