27.04.2020, Ieri e l’altroieri a Ponteacco.

Due giorni di festa “sfumati” a causa dell’emergenza sanitaria. Sfumate con essi anche le occasioni di svago e di gita. La montagna, il mare, le gite in Europa sono rimandate a data da destinarsi. In paese c’è stato un po’ più di movimento, più gente a passeggio, anche sulla ciclo-pedonale Ponteacc-San Pietro, pur nell’ambito dei 500 metri da casa. Anche al Mulino c’è stata una sparuta presenza di visitatori, dove scorre in Natisone ridotto a rigagnolo a causa della prolungata siccità e della mancanza di neve in montagna. Lunedì prossimo riaprirà il nostro parco e campetto, nel rispetto della distanza di un metro tra una persona e l’altra e con l’obbligo di indossare la mascherina. Altre novità relative al nostro paese, a Tiglio e Mezzana al momento non ce ne sono. Auguriamo una bella settimana, con la pazienza di vedere rimandato al prossimo anno il ponte che sarebbe cominciato venerdì prossimo.

25.04.2020, Le Rogazioni di San Marco.

Prossimo aggiornamento: domani alle 07:00.

   Buon onomastico ai numerosi “Marco”, nome proprio di persona molto comune e con la particolarità di essere solo maschile. La giornata festiva ha doppia valenza: sia civile (75° anniversario della liberazione del nazifascismo che in Italia causò la morte di 1.800.000 persone), sia religiosa, dedicata a uno dei quattro evangelisti. Un tempo era il giorno delle Rogazioni, un appuntamento piuttosto atteso con la partecipazione di paesani e di numerose altre persone proveninienti da Biarzo e Sorzento. Consisteva nella processione delle croci, da Ponteacco a Tiglio, un percorso facile, piacevole, che partiva dalla cappella, procedeva lungo il sentiero sotto la casa di Enzo e Savina, si fermava alla cappelletta-edicola di San Gaetano e arrivava alla chiesa di Tiglio dove si celebrava la messa. Al termine della funzione, il sacerdote benediva le numerose croci spesso fatte in casa, che successivamente erano portate nei campi e si infilavano alle testate dei filari, dell’orto, del frutteto come benedizione propizia per il raccolto e difesa dello stesso dalle calamità. Si rientrava a casa, sempre a piedi, poco prima di mezzogiorno. Il 25 aprile era una bella giornata di festa, mentre quest’anno le restrizioni ci impongono di festeggiarla a casa.

24.04.2020, La polenta della Fighurina.

«Naš Perìn vija» (il nostro Perin sa). Diceva sempre così, riferendosi al marito, Milia soprannominata affettuosamente “Fighurina” per il suo fisico snello, ben proporzionato, elegante. Sono i nonni paterni di Marietto, che oggi abita proprio nella casa della nonna e utilizza quella cucina che ha fatto la storia della polenta del paese. Perin era specializzato nella costruzione dei fornelli in mattoni. Era sempre carico di lavoro, quindi nel complesso si parla di una famiglia benestante per quel il periodo. La preparazione della polenta, seppur povera di ingredienti, era un’autentica arte per la signora Milia. Per almeno nove mesi all’anno, apriva le due finestre della cucina, leggermente elevata rispetto al piano della strada e procedeva con la sua tecnica di cottura, che durava un’ora rispetto ai 40-45 minuti della norma di paese. E lo faceva con un quarto d’ora d’anticipo rispetto all’abitudine di mettersi a tavola, a mezzogiorno e alle 18:00. Aperte le finestre, in poco tempo si sprigionava in tutto il borgo della Gorìza un profumo irripetibile, indimenticabile, quello della polenta ben cotta. Spesso intorno alla sua casa, sulla piazzetta, si radunava un gruppo di bambini che attendeva con pazienza la distribuzione di un assaggio, una specie di piccolo antipasto prima del pranzo o della cena. Questa buona donna, ancora ricordata da tanti, era generosa, non ha mai detto di no. Chissà perché, ma anche le croste del suo kotù (paiolo) erano le più buone. Quelle che oggi si chiamano con termini altisonanti: “Fiocchi di mais”, che per Ponteacco corrispondevano ai “Fiocchi della Fighurina”.

23.04.2020, Donne picchiate.

   Anche il nostro paese annovera, nel suo piccolo, vicende di donne picchiate anche selvaggiamente dai mariti. Nomi e cognomi non se ne fanno, ma nel ricordo di molti ci sono episodi ancora ben presenti. Se poi andiamo a vedere, il delitto per causa d’onore, ovvero il delitto per cui l’uomo uccideva la donna per gelosia, è stato abolito solo nel 1981. Uccidere una donna perché faceva le corna (o si sospettava le facesse) era considerato un delitto minore, una cosuccia da un paio d’anni al massimo di galera, quanto oggi si dà a un modesto spacciatore di droga. In paese per fortuna non siamo mai arrivati a tali livelli. E fino al 1956 la medievale legislazione italiana (ci sono ancora leggi … regie!!!) riconosceva addirittura lo “jus corrigendi” che permetteva al marito il potere di “correggere” la moglie prendendola a sberloni, anche in pubblico. Fino al 1975 esisteva una legge che regolava i rapporti familiari: il marito poteva decidere dove stabilire la propria dimora e la moglie aveva l’obbligo di seguirlo. Non è medioevo, è l’altro ieri!

22.04.2020, Po ben!

   Era il simpatico e inconfondibile intercalare di Guido, il fabbro del paese che ha lasciato una traccia profonda nel costume, nelle abitudini, nel modo di dire degli abitanti. Ai bambini piccoli diceva: «Masanèto, vieni che ti metto nel sacco» e faceva un curioso gesto alternando velocemente il pollice e l’indice. Ma i bambini non lo temevano, anzi, suscitava in loro simpatia. L’intercalare storico di Guido era appunto “po ben”. Lo diceva sempre, a tutti, in tutte le situazioni. Un giorno in osteria (attuale casa Santo) Guido si trovò alle spalle del colonnello Doro che aveva la passione di “gettare” una partita a carte, seduto a uno dei due tavolini in fondo alla sala, vista-piazza, con i suoi restanti tre sfidanti. Guido si mise alle spalle di Dò ed a ogni mossa del gioco inconsapevolmente pronunciava il suo “Po ben, ah-po ben, oh-po ben”. Ad un certo punto il signor Doro si alzo di scatto e con il dito indice puntato al petto di Guido lo intimorì dicendo: “Ce na ghenjaš te ubijem!” (Se non la pianti ti faccio male).  

21.04.2020, Tifo, peste e colera.

   Secondo il farmacista e storico della medicina dott. Fornasaro, l’influenza spagnola del triennio 1918 causò nel cividalese e nelle Valli la morte di poco più di 400 persone. Una cifra importante, che forse fu responsabile di uno o più decessi anche in paese. La storia delle epidemie è molto lunga e la stessa parola ha origini greche grazie alla vittoria di questi sui persiani colpiti anzi, decimati, da una tra le più grandi dissenterie globali della storia. La peste nera uccise circa 20 milioni di persone nel 1348-1349 e la colpa fu data agli ebrei, che dovettero fuggire verso est, fondando quelle comunità che 800 anni dopo furono sterminate dai nazisti. Ma i “conquistadores” spagnoli furono i migliori in fatto di propagazione di infezioni: vaiolo, influenza, peste bubbonica, morbillo, febbre gialla causarono la decimazione degli indigeni. Anche le truppe napoleoniche morirono di tifo in Russia prima ancora di vedere Mosca. Tbc, difterite, colera indiano sterminarono una gran percentuale di lavoratori. Si dava la colpa a tutti, compresi ai cattivi odori causati invece dall’assenza di fognature.

20.04.2020, Ieri a Ponteacco.

   L’autorizzazione ad effettuare piccoli spostamenti nel raggio dei 500 metri da casa, muniti di mascherina indossata, ha vivacizzato relativamente il paese. Più di qualcuno si è avventurato lungo la ciclo-pedonale fermandosi tra Ponteacco e Sorzento per poi tornare indietro. Qualcuno ha eseguito più volte, di corsa,  lo stesso tragitto e fino a Tiglio. È stata una bella giornata di primavera avanzata, fino a sera quando è subentrata la variabilità con la progressiva copertura del cielo. Le campane hanno suonato per Remigio Iussa, da anni assente dal paese, ma sempre rimasto affezionato ai suoi luoghi, ai suoi amici. Il funerale si celebrerà oggi. Con l’assenza pressoché totale di traffico sulla statale abbiamo riscoperto il canto di migliaia di uccelli che popolano il nostro territorio. Più di qualcuno ha notato l’assenza di scie lasciate dagli aeromobili. Sicuramente questa serrata generale ha contribuito a migliorare e preservare l’ambiente. Auguriamo una buona settimana ringraziando per la lettura delle nostre rubriche.  

19.04.2020, La ferratura del cavallo.

   Era un’operazione complessa, che richiedeva molta esperienza e gli attrezzi idonei. I chiodi battuti nello zoccolo del cavallo per fermare il ferro non dovevano sfiorare i terminali nervosi della zampa dell’equino, pena una sua reazione inaspettata che poteva essere un pericoloso scalcio, rischioso per chi stava eseguendo l’operazione. Guido Manig era un esperto di animali, era diventato un autentico consulente per i casi più difficili, che riguardavano tutti gli animali domestici. Conosceva le cure, i rimedi necessari per salvare la vita di una mucca dal parto difficile, di un maiale considerato a buon ragione il salvadanaio della famiglia. Molte persone raggiungevano Ponteacco per ferrare il proprio cavallo grazie all’esperienza di Guido. Un bel giorno –dice la leggenda- un facoltoso signore raggiunse l’officina di Guido per sostituire i ferri degli zoccoli, attese e pagò il servizio lasciandogli una mancia. Il signore se ne andò e Guido raggiunse in un minuto l’osteria della Diana, sulla Gorìza. Ordinò un litro di vino e sei bicchieri. Si sistemò vicino alla finestra della sala, quella che dà sulla piazza. Dopo parecchi minuti passati da solo a sorseggiare il vino dal suo bicchiere si rivolse alla Diana dicendole: «Po ben, mi hanno promesso che sarebbero venuti» e Diana: «Na stùajse bat, Guido, na prìde nobèdan» (Non ti preoccupare, Guido, non verrà nessuno). A Guido non rimase altro che finire molto volentieri il litro di vino lasciando ben puliti i restanti cinque bicchieri.

18.04.2020, Stato sociale o asociale?

   «Lo Stato non è la soluzione, è il problema», questo è quanto sosteneva negli anni Ottanta Ronald Reagan. Da quella frase sono partite le politiche neoliberiste, che hanno poi attecchito negli USA e in Occidente. Una cura dimagrante con tagli scellerati alla sanità, alla scuola, all’università, ai trasporti e ai beni comuni. E in Italia o in UE stiamo bene, a parte il pesante debito pubblico che gli italiani hanno sul groppone. Questa teoria, liberista, seguita dalla pratica, è stata un brutto errore e l’emergenza sanitaria ci ha fornito la prova. Un nostro affezionato socio lombardo ci dice che molte vite potrebbero essere state salvate in Lombardia se non fossero stati chiusi gli ospedali per favorire le cliniche private. Tutti i governi che hanno aderito alle scellerate parole di Reagan oggi investono ancora risorse immani per fronteggiare l’emergenza e per fortuna che c’è il servizio sanitario! Il cosiddetto “Welfare-State”, lo Stato sociale, ritrova la sua importanza, inventato nel Novecento per rendere effettiva l’eguaglianza, per soddisfare una domanda di giustizia. In America si sceglie chi guarire, passa il paziente con un buon conto corrente e chi ha più di 80 anni ed è privo di requisiti espressi in dollari, è escluso dalle cure. Spesso ci dimentichiamo di poter contare su uno Stato sociale. Ci dimentichiamo perché se digitiamo su Google “Stato sociale”, fra i primi 10 risultati 9 riguardano una band musicale.

17.04.2020, Severità in chiesa (3/3).

Il parroco di Antro mal tollerava la contaminazione dei suoi giovani parrocchiani con “quelli” di Ponteacco, considerati un esempio deleterio per la loro formazione educativa. Libertini, “comunisti”, secondo lui erano un insulto all’Acqua santa. Don Valter, successivamente decorato al valor militare, era riuscito a procurarsi un cannocchiale dell’Esercito. Le domeniche pomeriggio d’estate dopo i Vesperi, le trascorreva sul campanile di Antro, all’altezza delle campane, ad osservare “quell’inferno” che si svolgeva sulle spiagge del Natisone. Non c’era vegetazione e la visuale andava dal ponte di Tiglio al Mulino. La domenica successiva dal pulpito era pronunciato pubblicamente il nome e il cognome delle “sgualdrine” e dei “mascalzoni” che sguazzavano senza timor di Dio. Fece clamore in tutte le Valli quando denunciò per atti osceni in pubblico due giovani di Biacis, “colpevoli” insieme ai ponteacchesi di aver fatto il bagno con un costume che non arrivava al ginocchio. Il Procuratore della Pretura di Cividale accolse la denuncia del parroco e i due furono condannati. Uno di questi ebbe concrete difficoltà per ottenere il porto d’armi del fucile da caccia.